Amazzonia, trovato «materiale umano», potrebbe essere un giornalista inglese scomparso

di Sara Gandolfi

Da domenica si sono perse le tracce di Dom Phillips e dell’antropologo brasiliano con cui viaggiava, un noto difensore degli indigeni più volte minacciato di morte

«Due persone in barca, in quella regione selvaggia. Un’avventura non raccomandabile. Forse hanno avuto un incidente, o sono stati giustiziati». Il presidente brasiliano Jair Bolsonaro, martedì scorso, ha commentato così la scomparsa nel cuore dell’Amazzonia del giornalista inglese Dom Philips, 57 anni, e dell’antropologo Bruno Pereira, 41 anni. Un’esplicita ammissione di impotenza: in Brasile ci sono regioni dove vige, letteralmente, la legge della giungla e lo Stato nulla vuole fare. La polizia ha ritrovato nel frattempo del «materiale organico, presumibilmente umano» nel fiume Itaquaí, vicino alla città di Atalaia do Norte, che ora saranno sottoposti alla prova del DNA. Così come saranno analizzate le tracce di sangue rinvenute sull’imbarcazione di un pescatore locale, Amarildo da Costa detto «O Pelado», che aveva più volte minacciato di morte Pereira per il suo lavoro contro la pesca illegale, il disboscamento, l’estrazione mineraria e il traffico di coca nella regione.

Sia Phillips che Pereira erano esploratori esperti. Il primo si era trasferito diversi anni fa in Brasile, collaborava con il Guardian e il Washington Post, e stava lavorando ad un libro sulla conservazione dell’Amazzonia. Il brasiliano Pereira aveva lavorato a lungo per l’agenzia governativa per gli affari indigeni Funai da cui era stato però rimosso nel 2019 su pressione delle lobby agricole, vicine a Bolsonaro. Conosceva molto bene la valle del Javari, al confine con il Perù, dove si sono perse le loro tracce: un territorio esteso quasi quanto il Portogallo (85.000 km quadrati), che ospita circa 6.300 indigeni appartenenti a 26 gruppi etnici, 19 dei quali “isolati” per scelta dalla modernità. «Nella Valle vive la più alta concentrazione di popoli incontattati al mondo, ma negli ultimi anni quest’area ha subito un notevole aumento del traffico di droga, delle attività minerarie e della deforestazione illegale», denuncia Survival International, ong attiva nella zona. Un Far West dove spesso esplodono violenti conflitti fra le comunità native e i cosiddetti “coloni” che vivono lungo il fiume, contrari alla riserva indigena istituita nel 2001.

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L’allarme è scattato domenica quando Phillips e Pereira non sono arrivati come previsto ad Atalaia do Norte. L’indomani la moglie del giornalista ha lanciato un accorato appello chiedendo alle autorità di cercarli, ma soltanto dopo le pressioni internazionali sono stati inviati sul posto oltre duecento agenti, tra cui sommozzatori ed esperti della giungla, due elicotteri e una dozzina di barche e di droni.

«Le violenze e le minacce ai popoli indigeni della Valle Javari sono in aumento, in particolare da quando il Funai e altre autorità sono ormai quasi del tutto assenti dal territorio che dovrebbero proteggere», denuncia Fiona Watson, direttrice del Dipartimento ricerca e advocacy di Survival International, che ha visitato più volte la Valle Javari negli ultimi trent’anni e conosce bene sia Pereira sia Phillips. «Il clima di illegalità che vige nella regione durante questo periodo pre-elettorale è molto preoccupante».

11 giugno 2022 (modifica il 11 giugno 2022 | 22:29)

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, 2022-06-11 20:29:00, Da domenica si sono perse le tracce di Dom Phillips e dell’antropologo brasiliano con cui viaggiava, un noto difensore degli indigeni più volte minacciato di morte , Sara Gandolfi

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