di Giusi Fasano
La bimba sparita nel ’96, il caso non chiuso. stato interrogato l’uomo sbagliato
Pap, non mi fanno salire sull’amaca…. La bambina guarda il babbo con l’espressione imbronciata. Non ti preoccupare risponde lui, Adesso ti ci porto io. L’uomo si volta verso sua moglie. Ride. Lei: Le bambine hanno mangiato? Chiedi se vogliono altro…. Lui allunga la mano dietro di s senza guardare. Cerca il contatto con i ricciolini di sua figlia: Angela, a pap, vuoi…. Non riesce a toccarla. Si volta, lei non c’. Plana con lo sguardo fra le piante, sulla radura, fra gli altri bambini che giocano. Niente. Angela non si vede. Allora si alza e va verso l’amaca. Non nemmeno l. Incrocia di nuovo gli occhi della moglie. Catello, che cosa vuoi nel panino?, chiede lei. Ma il cuore di lui batte gi fortissimo: Ma quale panino! Io non vedo pi Angela….
Il giallo
Comincia cos, in un giorno di sole sul Monte Faito, uno dei misteri italiani pi fitti degli ultimi decenni. La bambina Angela Celentano. Quel 10 agosto 1996 aveva 3 anni e con suo padre Catello, sua madre Maria e le sue sorelle Rossana e Naomi, partecipava a una gita organizzata dalla Comunit frequentata dai suoi genitori: quella della Chiesa evangelica pentacostale di Vico Equense, vicino a Napoli. Da un momento all’altro pi niente, la piccola svanisce nel nulla. E in questa storia infinita di finte piste, Dna, appelli, indagini e segnalazioni senza risultato, ora c’ un nuovo colpo di scena. La giudice delle indagini preliminari di Napoli, Federica Colucci, si rifiutata di chiudere l’ultimo filone d’inchiesta ancora aperto per il quale la Procura aveva chiesto l’archiviazione. Erano scampoli di un’indagine sulla cosiddetta pista turca avviata dalla Direzione distrettuale antimafia partenopea nel 2009 a seguito dell’iniziativa privata di una signora che si chiama Vincenza Trentinella.
Le confidenze
Lei (nessun legame di parentela o di amicizia con la famiglia Celentano) ha sempre detto di aver raccolto le confidenze di un prelato (don Augusto) che a sua volta le aveva raccolte da una donna nel confessionale. Mi disse: non posso tenermi questo peso sulla coscienza. E cos dopo la sua morte decisi di andare in Turchia a verificare il suo racconto. Aveva detto la verit, giura Vincenza. E cio : Angela sarebbe stata rapita e vivrebbe su un piccolissimo isolotto turco che si chiama Buyukada, con un uomo che crede sia suo padre, che io ho incontrato in uno studio veterinario e che ha una cicatrice sul collo. Tutto questo messo a verbale, assieme alla fotografia della presunta Angela e a molto altro.
La Gip
Torniamo alla decisione della giudice Colucci di non archiviare il caso. vero scrive in sostanza la gip, che Trentinella non ha titolo per opporsi all’archiviazione, ma posso farlo io. E cos fa: perch, spiega, permangono elementi di dubbio e in sede di rogatoria emerge una discrasia che resta priva di logica spiegazione. Insomma: ci sono cose che non tornano. Quindi: che il pubblico ministero indaghi altri sei mesi e sciolga i nodi. I dubbi e la discrasia priva di logica spiegazione riguardano sopratutto l’uomo sospettato di essere il finto padre di Angela. Fra le tante indicazioni date, Vincenza Trentinella aveva fatto anche il suo nome, Fahfi Bey, e aveva dato agli inquirenti un numero di telefono che proprio Fafhi Bey le aveva scritto a mano su un biglietto da visita. Lei lo aveva scovato in uno studio veterinario dove si era presentata fingendosi una turista che voleva portare a casa un gattino dell’isola. Quindi: Fahfi Bey le scrive il numero di telefono sul bigliettino e quando la magistratura italiana chiede ai colleghi turchi di interrogarlo, e manda i suoi investigatori per la rogatoria, succede che viene interrogato l’uomo che usa quell’utenza. Che per non Fahfi Bey ma Fahri Dal, il veterinario che evidentemente conosce Bey e gli lascia utilizzare lo studio. Fahri Dal non ha nessuna cicatrice, ovviamente, e non ha mai conosciuto la signora di quel gattino… Ma nell’annotazione di fine rogatoria c’ scritto che quell’uomo Fahfi Bey. E c’ anche un nuovo numero telefonico che secondo il Servizio di Cooperazione internazionale di polizia un’utenza aperta a nome Fahfi Bey. Vuol dire che un soggetto con questo nome esiste, deduce la giudice. E questa circostanza dev’essere approfondita perch non spiegabile con un “refuso” (di refuso si parla nella richiesta di archiviazione). In sostanza: stato interrogato l’uomo sbagliato. O per dirla con la giudice: A Fafhi Bey viene attribuito l’interrogatorio di Fahri Dal. Ecco. C’ abbastanza per ricominciare daccapo. Dopo 26 anni e mezzo.
16 gennaio 2023 (modifica il 16 gennaio 2023 | 07:32)
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