La notizia è diventata virale dopo che alcune ragazze hanno messo su TikTok dei video in cui prendevano tranquillanti per placare l’ansia e gli attacchi di panico prima di un’interrogazione a scuola. A commentare l’argomento sono stati diversi utenti su Twitter, partendo da un post che ha aperto il dibattito: “Visto Tiktok di ragazze che prendono calmanti per andare a scuola. Da aspirante docente dico solo una cosa: siamo NOI ad aver fallito con loro, non loro”.
Visto Tiktok di ragazze che prendono calmanti per andare a scuola.
Da aspirante docente dico solo una cosa: siamo NOI ad aver fallito con loro, non loro.— subri Sabri(na) ??? (@delyshinoda) January 22, 2023
Questa volta non si tratta di una challenge, ma di una condivisione di un piccolo spaccato di quotidianità che vede i giovani affrontare le ore in classe con un atteggiamento di ansia e malessere tale da portarle ad assumere dei farmaci. In un video si vede una ragazza assumere “fiori di Bach”, in un altro benzodiazepine.
Qual è il motivo principale che spinge ad assumere tranquillanti sin da giovani? Ne parliamo con lo psicologo Marco Catania:
In realtà non c’è nulla di nuovo sotto il sole. “L’ansia” è il motto della Generazione Z, con usi propri e impropri, spesso facendo confusione tra ansia e angoscia, complice anche un’educazione emotiva che, a tutti i livelli, sembra essere assente in questo paese.
E così, per far fonte a questa “ansia” (o presunta tale) ragazzi e ragazze cercano soluzioni per ottundere i sensi ed affrontare le situazioni senza ascoltarsi e senza capire cosa scatena in loro queste percezioni. Le diverse generazioni hanno sempre cercato sostanze per ottundersi (alcol, cannabis, popper etc.) ed in più occasioni la cronaca ha raccontato, negli anni passati, dell’utilizzo di queste sostanze anche nel contesto scolastico.
Lo studente in cerca dell’ansiolitico non è, come letto in giro sul web, uno smidollato che non sa affrontare i problemi ed i fallimenti ma, al contrario, è una persona che a suo modo, cerca proprio di risolverlo. Ma proprio in questo tentativo di risoluzione mette in atto un comportamento che andrà probabilmente ad amplificare il problema, creando una dipendenza fisica e psicologica dalle benzodiazepine.
La faccenda in questione degli studenti su TikTok ha sicuramente scatenato una serie di reazioni che oscillano tra il moralismo e la ricerca di qualcuno da incolpare. Così i colpevoli diventano i genitori che non sanno dire “no” crescendo degli smidollati, gli insegnanti che non sanno fare il loro lavoro, il sistema scolastico che non sa prendersi cura dei giovani, la musica, i videogiochi, la pandemia, la perdita di valori ed il decadentismo di una generazione nata con lo smartphone in mano.
Le cause, sicuramente multifattoriali, possono essere cercate in tanti elementi, tuttavia resterebbe sempre un’analisi incompleta della realtà che esclude dall’equazione il punto più importante: come venirne a capo e risolvere il problema.
Cercando il colpevole in questa caccia alle streghe social ed avvicinando lo sguardo ai diversi indagati, si perde il quadro generale dell’immagine. Si perde il punto più importante: manca una seria e sistematica educazione emotiva in tutti i contesti educativi, scolastici e no.
Cosa si può fare? Premesso che ogni situazione è diversa dall’altra e non è possibile trovare una formula che vada bene per tutti, un primo passaggio è sicuramente quello di ricorrere al supporto dello psicologo scolastico o, qualora non presente nell’Istituto, ad un privato che possa fornire strumenti pragmatici e rapidi di gestione e risoluzione del problema fornendo, parallelamente, un’educazione emotiva che consenta allo studente di sentire e riconoscere i suoi stati emotivi e farvi fronte in modo funzionale.