di Gian Luca Bauzano
Dal primogenito del presidente Lvmh, a capo di Berluti e Loro Piana, passano tutte le strategie che hanno fatto del gruppo del lusso un riferimento per la svolta sostenibile. «La nostra è una moda che dura. Ai miei figli insegno la normalità
Sorride e si illuminano gli occhi ad Antoine Arnault. «Il rapporto con mio padre? Di reciproca fiducia e stima. Mi ha trasmesso valori molto forti: l’etica del lavoro, il senso del dovere, il significato del denaro. Con mia sorella e i miei tre fratelli siamo cresciuti con questi principi. Fieri di nostro padre. Vogliamo lo sia altrettanto di noi, del nostro lavoro». Da oltre tre lustri il primogenito di Bernard Arnault lavora in Lvmh, porta avanti con orgoglio e passione l’attività del padre. «Negli anni è riuscito a creare un impero legato al lusso. Dal settore immobiliare, dove operava, ha saputo fare scelte mirate e vincenti sino a ottenere i risultati attuali»: nel gruppo Antoine ricopre il ruolo di direttore dell’immagine e dell’ambiente, oltre a essere alla testa di due storici marchi del portfolio di famiglia, Berluti e Loro Piana. Simboli di storica tradizione artigianale e l’acquisizione dei quali corrisponde alle citate scelte vincenti. Scelte capaci di portare a eccellenti risultati economici. Anche in questo 2022 al centro di un complicato periodo storico: i primi nove mesi dell’anno corrispondono a un fatturato di 56,5 miliardi di euro, pari a un +28% rispetto allo stesso periodo del 2021; moda e pelletteria sono il settore più performante con un +31% pari a 27,8 miliardi di euro.
Risultati ottimi in un periodo complesso.
«Il nostro è un gruppo dalla gestione molto snella, benché così articolato. Oculatezza e sensibilità sono la costante delle scelte di mio padre. A queste rispondono le strutture altrettanto ben organizzate dei nostri marchi. E ciò che proponiamo sul mercato è il frutto di una ricerca creativa incessante da parte dei nostri designer. In modo tale da rispondere a ciò che i nostri clienti vogliono. Soddisfare delle richieste legate non solo alle tendenze del momento, ma anche alla volontà di sognare. Il sogno è un diritto di tutti. Facciamo in modo di soddisfarlo».
La crisi e il conflitto russo-ucraino non hanno inciso?
«La diversificazione geografica e delle acquisizioni dei marchi in portfolio è sempre stata alla base della nostra filosofia. Da sempre ci ha aiutato in momenti come questi. A mantenere equilibri. Specie in anni complessi come quelli recenti. La pandemia, il mercato legato all’Asia fermo perché bloccati i viaggi. Il conflitto? La Russia? Certo hanno inciso e si tratta di una clientela importante. Ma i 3500 dipendenti che abbiamo in Russia continuano a percepire lo stipendio. Nonostante la situazione in essere. Bilanciata economicamente da altre realtà più performanti».
Etica del lavoro e fatturati, elementi di quel “significato del denaro” di cui parlava? «Da sempre anche i più brillanti dati economici vengono da noi letti non tanto come ottimi risultati di impresa. Piuttosto per ciò che possono produrre: nuovi posti di lavoro, apertura di nuovi atelier. Uno studio che come gruppo abbiamo fatto fare in Francia ha rivelato che ognuno dei nostri dipendenti assunti e non precari genera poi all’esterno altri quattro posti di lavoro indiretti. Questa situazione e struttura interna garantisce anche la tutela di quel patrimonio di artigianalità e di “savoir-faire” grazie al quale possiamo offrire prodotti d’eccellenza e contare sulla trasmissione di un approccio artigianale da una generazione all’altra».
Un vanto da raccontare pubblicamente, far comprendere al mercato e al mondo come i prodotti d’eccellenza siano frutto di un mondo artigianale esclusivo. Proprio da questo è nato il progetto Les Journées Particulières evento internazionale che la scorsa settimana si è svolto in 15 Paesi e 95 città del mondo. «Francia e Italia sono il cuore di questo evento», sottolinea Arnault ideatore nel 2011 delle Journées, capaci di coinvolgere quasi 200mila visitatori. «Il nostro legame con l’Italia è molto forte. Siamo separati geograficamente dalle montagne, ma ci unisce la lingua dell’artigianalità e del saper fare bene». In occasione delle Journées il brillante e solare manager, sposato alla modella Natalia Vodianova e dalla quale ha avuto due figli, Maxim e Roman, ha fatto un viaggio lampo in Italia prima a Milano e poi in Toscana, proprio per rinsaldare il suo rapporto affettivo e professionale con l’anima italiana. Della quale fanno parte anche marchi come Loro Piana e Acqua di Parma.
Loro Piana è stato acquisito dal gruppo circa 10 anni fa nel 2013. «Uno scambio di regali tra me e mio padre», ricorda scherzando. «Cercavo un regalo da fargli. E trovai perfetti i maglioni, le sciarpe di Loro Piana. Mio padre col tempo se ne è innamorato. Quando poi ci fu la possibilità di acquisire il marchio e dopo aver conosciuto la famiglia Loro Piana tutto è stato naturale. La mia presenza ora alla guida è proprio per conservarne il Dna. Le tradizioni. Quell’artigianalità fondata sulla manualità, valore unico da cui deriva l’esclusività dei nostri prodotti». Esclusività della quale è parte integrante anche un profondo rispetto per l’ambiente. Sottolineato, sempre durante le Journées italiane, dalla inaugurazione della Fendi Factory a Bagno a Ripoli, non lontano da Firenze. Un innovativo polo di eccellenza green dello storico marchio romano, anch’esso parte del gruppo.
Tra i suoi incarichi quello di direttore ambiente. Un impegno pressante.
«Ma parte del nostro impegno sociale. Le nostre sono anche scelte a favore della salvaguardia dell’ambiente. La realizzazione dei nuovi spazi di Fendi una delle tessere di questo mosaico. All’interno di una più complessa strategia».
Ne fanno parte?
«Un costante lavoro per sensibilizzare tutti i nostri team. Indirizzarli in scelte capaci di conciliare la massima creatività con l’utilizzo di materiali e di processi produttivi in grado di impatti minimi sull’ambiente. Ma anche nutrire la creatività dei nostri designer con materiali capaci di rispondere a queste esigenze».
Ma è davvero possibile con la moda e ancor più con i prodotti di lusso?
«Un processo lento. Certo. Fondamentale però essere determinati nel farlo. Bisogna allo stesso tempo essere realisti. Si tratta di un comparto, moda e lusso, non ancora in grado di permettersi un approccio sostenibile al 100%. Ma scelte come quelle che facciamo nel realizzare le nostre collezioni, per esempio di accessori, pensate per durare nel tempo in modo che l’impatto sia assolutamente irrisorio, sono dei segnale forti. E del nostro impegno ne sono consapevoli i nostri clienti».
In che senso?
«Nel momento dell’acquisto in boutique chiedono quale sia l’approccio di quel determinato marchio nei confronti dell’ambiente. Cosa fa e come si comporta il gruppo riguardo all’eco sostenibilità».
Il rispetto dell’ambiente, la salvaguardia del Pianeta sono fondamentali oggi. Ci sono patti in essere per rispondere a queste problematiche. Lvmh ha preferito fare scelte proprie.
«Generalizzare sulla moda e i suoi marchi non aiuta. E non è corretto. Più che la moda è l’industria tessile quella che impatta fortemente sull’ambiente. Come del resto la produzione costante di migliaia di T-shirt poi “consumate” e gettate via. Finiscono nelle discariche. La moda come la “pratichiamo” noi, invece guarda al lungo periodo. Alla durevolezza di un manufatto. I patti? Certo esistono. Ma accomunano realtà differenti. A volte troppo. Ai patti preferisco i fatti. Lasciamo liberi di creare le loro collezioni i nostri marchi. Ma diamo delle linee guida da rispettare perché ci sia una profonda coerenza di base».
Coerenza valore importante. Come padre tocca ora a lei trasmettere i valori ai suoi figli.
«Sono ancora bimbi, ma spiego loro che il mondo non è il lusso o i marchi. Ma il lavoro, l’onestà. Rapportarsi al mondo con rispetto. Senza distinzioni di sorta».
22 ottobre 2022 (modifica il 22 ottobre 2022 | 07:21)
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, 2022-10-22 05:24:00, Dal primogenito del presidente Lvmh, a capo di Berluti e Loro Piana, passano tutte le strategie che hanno fatto del gruppo del lusso un riferimento per la svolta sostenibile. «La nostra è una moda che dura. Ai miei figli insegno la normalità, Gian Luca Bauzano