Antony-Brasile, chi è l’attaccante: le favelas, l’uomo morto nel vicolo, i dribbling agli spacciatori

di Salvatore Riggio

L’esterno d’attacco del Brasile ha avuto un’infanzia difficile, prima di volare in Europa all’Ajax e ora al Manchester United: «Non ho paura di niente e nessuno»

Le lacrime per un sogno realizzato. È la reazione di Antony Matheus Dos Santos, esterno del Manchester United, quando ha avuto l’ufficialità della convocazione del Brasile per i Mondiali in Qatar, al via domenica 20 novembre. Pagato 95 milioni di euro, l’ex giocatore dell’Ajax ha saputo mettere da parte le avversità, tante, della vita e farsi strada su un percorso tortuoso, come quello del mondo del calcio.

Fin dalla giovane età ha dovuto fare i conti con esperienze traumatiche. È cresciuto in una favela poco distante dalla città di Osasco nello stato di San Paolo. «Una mattina, mentre andavo a scuola a piedi, quando avevo forse 8 o 9 anni, mi sono imbattuto in un uomo sdraiato nel vicolo. Non si muoveva», ha raccontato al portale The Players’ Tribune. «Quando mi sono avvicinato, ho capito che era morto — ha proseguito —. Nella favela diventi quasi insensibile a queste cose. Non c’era altra strada da percorrere e dovevo andare a scuola. Quindi ho chiuso gli occhi e ho saltato il cadavere».

Un’infanzia difficilissima con una serie di eventi che hanno costretto il brasiliano dei Red Devils a crescere in fretta. «Sono passato dai bassifondi all’Ajax e poi al Manchester United in tre anni. La gente mi chiede sempre come ho potuto “girare la chiave” così velocemente. Onestamente, è perché non sento alcuna pressione su un campo di calcio. Nessuna paura. Quando cresci dovendo saltare sui cadaveri solo per andare a scuola, non puoi aver paura di niente nel calcio. Le cose che ho visto, la maggior parte degli esperti di calcio possono solo immaginarle».

E ancora: «Ogni giorno mio fratello maggiore mi portava in piazza a giocare a calcio. Nella favela giocano tutti. Bambini, anziani, insegnanti, operai edili, autisti di autobus, spacciatori, gangster. Lì tutti sono uguali. All’inizio giocavo a piedi nudi, con i piedi sanguinanti. Non avevamo soldi per le scarpe adatte. Ero piccolo, ma palleggiavo con una cattiveria che veniva da Dio. Il dribbling è sempre stato qualcosa dentro di me. Era un istinto naturale. E mi rifiutavo di chinare la testa davanti a chiunque. Facevo l’elastico davanti a tutti: spacciatori, autisti di autobus, ladri. Poco mi importava. Con una palla ai piedi, non avevo paura». Adesso, senza timori, è pronto per il Mondiale in Qatar. Con un altro sogno da realizzare: vincere la sesta Coppa del Mondo della Seleçao.

16 novembre 2022 (modifica il 16 novembre 2022 | 07:36)

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