“Ecco l’atto “politico” col quale ci presenteremo alle elezioni come Unione Popolare per la scuola e che abbiamo elaborato collettivamente nel tavolo di lavoro demA scuola, di cui sono il coordinatore nazionale. Cambieremo la scuola. È una promessa”.
Così, in un post su Facebook, Massimo Arcangeli, candidato per Unione Popolare con de Magistris.
IL PROGRAMMA DI UNIONE POPOLARE PER LA SCUOLA
“Sul tema scuola pubblica “Unione Popolare con de Magistris” lancia una sfida netta e radicale: bisogna tornare a credere nella scuola pubblica, ovvero nella possibilità che la più importante istituzione della Repubblica, attraverso l’articolazione di un sistema di istruzione-formazione-educazione degnamente finanziato, sia messa nella condizione di svolgere appieno il ruolo che le spetta di diritto”.
“La sfida sulla scuola pubblica che abbiamo davanti è di equilibrare la valorizzazione delle “differenze” rappresentate da ogni persona con il riconoscimento dell’importanza di una risposta compatta alle aspettative di una società sempre più complessa e frammentata al suo interno. Per questo si rende però necessaria una forte unità d’intenti fra i vari soggetti che partecipano del mondo della scuola: gli insegnanti, i dirigenti scolastici, il personale ATA, gli studenti e le loro famiglie”.
“Bisogna applicare il dettato costituzionale per invertire la rotta delle riforme privatizzanti del centrosinistra, come la “Buona scuola” di Matteo Renzi, e dei massicci tagli del centrodestra. Il nuovo Parlamento dovrà mettere mano all’attuale sistema d’istruzione pubblico (sperequato, aziendalistico, burocratizzato) per ripensarlo profondamente”.
“Bisogna investire tantissimo sulla scuola pubblica perché solo dal progresso culturale possono discendere consapevolezza e coscienza critica, di noi stessi e del mondo che ci circonda”.
“Bisogna coniugare temi più recenti (come la rivoluzione digitale, la didattica “intelligente”, l’educazione alla differenza e all’autonomia di pensiero) con il superamento di annosi e colpevoli ritardi (il pieno diritto allo studio e al lavoro, la trasparenza amministrativa, edifici vivibili e sicuri, la selezione del personale e la stabilizzazione dei docenti precari e del personale scolastico nel suo complesso)”.
“Noi rifiutiamo con forza l’introduzione di nuove gerarchie (i “docenti esperti”), divisive e offensive del lavoro e della professionalità di migliaia di docenti. L’istruzione pubblica ha oggi il preciso compito di liberarsi dai legacci di un deformante e fuorviante “utilismo” economicistico tipico del peggior liberismo, che pretende di piegare alle esigenze del mercato la sua vocazione istituzionale al libero sviluppo del pensiero e alla libertà nel campo dell’istruzione: “L’arte e la scienza sono libere e libero ne è l’insegnamento» (art. 33, comma 1, Costituzione)”.
Il nostro impegno, nello specifico, si concentrerà nel raggiungimento dei seguenti obiettivi:
- La realizzazione della scuola della Costituzione, per la quale l’istruzione è l’unico mezzo per l’emancipazione dei futuri cittadini. La cultura è un bene comune primario che la scuola pubblica è chiamata a garantire e a diffondere senza distinzioni né tantomeno discriminazioni.
- L’equiparazione agli standard europei per i finanziamenti alla scuola e le retribuzioni del personale (con aumenti da far valere anche sul rinnovo del contratto in corso). La maggiore dotazione finanziaria a favore dell’istruzione dovrà provenire dalla riduzione delle spese militari, con interventi da attuarsi fin da subito. I costi per la difesa, aumentati negli ultimi anni, sono peraltro destinati a crescere ulteriormente sulla base degli accordi siglati in area Nato (con l’aumento della dotazione dei cacciabombardieri F35, per esempio, ognuno dei quali ci costerà in media circa 80 milioni di dollari).
- Politiche d’intervento di sistema urgenti per affrontare il dramma della dispersione scolastica, particolarmente consistente nel Meridione. Ribadiamo il nostro netto NO all’autonomia regionale differenziata, che aumenta disparità e sperequazioni. Vogliamo una scuola diffusa, non una scuola falcidiata dai dimensionamenti.
- L’incremento del tempo pieno, specialmente nelle regioni del Sud, e la riduzione del numero degli alunni presenti nelle aule, per risolvere il problema delle “classi pollaio”.
- La radicale revisione degli apparati di formazione e di una “macchina” concorsuale basata sul mero nozionismo e sui test “a crocette”: devono essere prove tarate sul metodo, sull’esperienza, sulle capacità di ragionamento a decidere del futuro destino di chi abbia pensato di intraprendere la carriera dell’insegnamento; il docente non va “addestrato” in lucrose e inutili scuole di “alta formazione”, ma selezionato con rigorosi criteri rispettosi dell’esperienza acquisita sul campo e delle competenze possedute; la formazione degli insegnanti deve passare per percorsi flessibili e permanenti, segnati da uno scambio di riflessioni, di idee, di esperienze tra scuola, università e territorio finalizzato a un profondo rilancio della cultura e del suo valore civile e “politico” per il consolidamento della democrazia.
- La stabilizzazione del personale precario, con l’istituzione di un doppio canale per tutti gli abilitati con almeno 36 mesi di servizio e l’entrata in graduatoria dopo un percorso abilitante speciale dai costi contenuti.
- L’incentivazione della formazione sul territorio, con il diretto coinvolgimento delle scuole e con la dovuta attenzione da riservarsi alla rialfabetizzazone degli adulti.
- L’allestimento di luoghi scolastici salubri, vivibili, agibili, sicuri, e senza barriere. Stop al mercato degli edifici affittati da decenni dai privati.
- La sburocratizzazione del sistema d’istruzione, sommerso dai crescenti adempimenti burocratici scaricati sulle scuole per limitarne o ingabbiarne l’autonomia.
- L’abolizione dell’”alternanza scuola-lavoro”, segnata da dolorosi lutti e incidenti, così come concepita dalla riforma della “Buona scuola”.
- Una gestione della cosa pubblica in materia d’istruzione che sia all’altezza dei suoi compiti e dei suoi doveri istituzionali, in un’ottica di pubblico servizio garantito in tutta trasparenza all’intera cittadinanza.
- L’incentivazione della sperimentazione didattica, strutturata e di lungo periodo, in una visione collegiale della scuola che ridefinisca nel profondo anche le pratiche valutative (sostituendo la competizione per il voto con la valorizzazione dei processi di apprendimento).
- L’abolizione di qualunque vincolo temporale alle richieste di mobilità.
- Una scuola dell’infanzia obbligatoria e gratuita sull’intero asse dell’offerta pubblica dei nidi e dei servizi educativi, e perciò da finanziarsi con investimenti strutturali, anche per superare le drammatiche e persistenti sperequazioni territoriali. La scuola è il luogo privilegiato in cui si diventa persone fin dalla tenera o tenerissima età, perché già in questa fase si impara a riconoscere e a condividere ciò che vuol dire stare insieme.
- Il ripensamento delle modalità di erogazione di una didattica a distanza i cui fallimenti si sono ripetutamente toccati con mano, nonostante l’impegno delle scuole e delle famiglie, nei drammatici mesi della pandemia. A ciò si aggiunga la necessità di riattribuire il giusto peso alle riunioni collegiali in presenza, per una democrazia scolastica realmente partecipata, e di favorire l’attuazione di buone pratiche per l’inclusione.
- L’istituzione di relazioni strutturali col mondo dell’università, all’insegna di un rapporto paritario e biunivoco fra didattica e ricerca in cui l’esperienza scolastica non venga subordinata all’esperienza di studio nell’accesso all’insegnamento.
, 2022-08-27 14:03:00, “Ecco l’atto “politico” col quale ci presenteremo alle elezioni come Unione Popolare per la scuola e che abbiamo elaborato collettivamente nel tavolo di lavoro demA scuola, di cui sono il coordinatore nazionale. Cambieremo la scuola. È una promessa”.
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