Archie Battersbee: «staccare la spina» entro domani a mezzogiorno

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La magistratura britannica respinge anche l’ultimo appello della famiglia che intendeva chiamare in causa l’Onu.: «Ogni giorno di trattamenti è un giorno di agonia in più»

La Corte d’Appello britannica ha fissato per domani a mezzogiorno il termine ultimo per interrompere i supporti vitali ad Archie Battersbee, il dodicenne trovato in coma nella sua casa nell’aprile scorso. Viene così data attuazione alla sentenza – ribadita anche in appello – che impone di «staccare la spina» ai medici del Royal London Hospital. Contro questa decisione i genitori di Archie – Hollie e Paul – hanno inutilmente presentato ricorso appellandosi in ultima istanza anche al comitato Onu per la difesa delle persone con disabilità.

Anche quest’ultima richiesta non è stata giudicata ammissibile dai giudici britannici. Per la famiglia di Archie, convinta che il bimbo possa risvegliarsi a dispetto delle convinzioni espressa dai medici, non resta che una strada: la Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, ma lo stop dovrebbe arrivare appunto entro domani a mezzogiorno.

«Ogni giorno in cui egli continua a ricevere trattamenti vitali» è un giorno di agonia in più, «contrario» a ciò che la Corte ha stabilito essere «il suo miglior interesse», ha scritto il presidente della Corte che ha valutato il caso. La madre di Archie sostenuta anche da gruppi pro life, aveva in precedenza denunciato invece il rifiuto di concedere un proroga sostanziale come un abuso, tornando a puntare il dito contro medici e giudici: accusati d’ignorare persino nelle forme il dolore straziante della famiglia, e di aver redatto per iscritto una sorta di «ordine di esecuzione» modello condanna a morte.

I giudici hanno invece fatto prevalere il criterio del «miglior interesse per il minore», giudicando il prolungamento della vita per Archie solo una forma di accanimento e fonte di ulteriori sofferenze per il suo fisico.

1 agosto 2022 (modifica il 1 agosto 2022 | 19:03)

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, 2022-08-01 21:11:00, La magistratura britannica respinge anche l’ultimo appello della famiglia che intendeva chiamare in causa l’Onu.: «Ogni giorno di trattamenti è un giorno di agonia in più» ,

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