«Assumo psicofarmaci da dieci anni, è lecito sperare nella guarigione?»

di Giancarlo Cerveri

Oltre agli interventi psicofarmacologici, psicoterapici e riabilitativi, è fondamentale anche ragionare sugli stili di vita

Ho 25 anni, quando ne avevo 15 sono stato preso in carico dalla neuropsichiatria infantile per delirio e scatti di rabbia verso i miei genitori. Ho avuto un’infanzia piena di trascuratezza e mancanza di attenzioni. Mi preoccupano i farmaci che prendo da 10 anni: capisco che sono necessari ma vorrei stare bene anche senza. Posso sperare di guarire?

Risponde Giancarlo Cerveri, direttore Unità operativa complessa di Psichiatria, ASST di Lodi (VAI AL FORUM)

In psichiatria si effettua una diagnosi quando il processo patologico diventa un’alterazione comportamentale. Proverò a chiarire: la persona inizia ad avere dei disturbi emotivi sempre più gravi, ma poco appare all’esterno finché riesce ad andare a scuola, fare i compiti e svolgere alcune incombenze della vita quotidiana. Il livello di sofferenza individuale a volte è elevatissimo ma, complice anche la vergogna, il soggetto non comunica e nessuno si accorge di nulla. La malattia diventa evidente magari a distanza di mesi o anni, quando la persona, esausta, esplode in crisi di rabbia oppure presenta comportamenti anomali. Creare un ambiente culturale favorevole alla comunicazione delle proprie difficoltà emotive e psichiche è un punto di partenza per intervenire precocemente.

Pubertà e prima adolescenza

Seconda questione, è sempre più chiaro che molte patologie psichiatriche cominciano nella pubertà o nella prima adolescenza: in questa fase presentano una specifica espressione fatta di sintomi più transitori, ma meno specifici di un unico disturbo. Sintomi depressivi, maniacali, psicotici o di abuso di sostanze possono alternarsi in una condizione di grande sofferenza. La letteratura scientifica è ormai concorde nel definire questa condizione «stato mentale a rischio». A distanza di tempo questa condizione può transitare in un disturbo psichiatrico grave (psicosi, disturbo di personalità, disturbo bipolare), spesso condizioni ad elevata morbilità. Per tale motivo è sempre più urgente implementare i servizi per questa fascia di età, con capacità di riconoscimento e trattamento precoce. Terza questione, il ruolo della famiglia: nel processo di evoluzione della malattia, la famiglia gioca un ruolo centrale nell’aiutare e sostenere la persona a prendersi cura di sé, ad accettare un aiuto. Curare in modo adeguato una persona in questa fase cruciale dell’esistenza ha un effetto enorme sulla sua parabola vitale.

Il concetto di «guarigione»

Trattare la condizione acuta permettendo all’individuo di concludere il suo percorso formativo, creare il tessuto relazionale che caratterizzerà la sua vita adulta e consolidare le sue capacità di relazione emotiva rappresentano un obiettivo irrinunciabile. Per venire alla sua domanda, la risposta è che, se la patologia psichica è di origine multifattoriale, anche la cura deve percorrere strade diverse. Oltre agli interventi psicofarmacologici, psicoterapici e riabilitativi, è fondamentale anche ragionare sugli stili di vita. L’attività fisica costante, l’astensione da abusi di alcol o sostanze stupefacenti sono strumenti fondamentali per parlare di guarigione. Un termine che presenta numerose possibili definizioni per psichiatri, pazienti, genitori, manuali diagnostici e organizzatori dei servizi sanitari. Forse una delle più affascinanti è quella di un collega americano che si chiedeva se il suo paziente guarito fosse riuscito a trovare un lavoro che gli piacesse abbastanza, se avesse degli amici, qualche passione e un appuntamento con una persona per il sabato sera successivo.

30 giugno 2022 (modifica il 30 giugno 2022 | 21:30)

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