Il premier o la premier? La polemica in Rai sull’incarico di Meloni

di Valentina Santarpia La nota del sindacato Rai: «In molte testate stiamo assistendo ad un pericoloso arretramento». L’invito ai colleghi e alle colleghe a non sentirsi obbligato a usare il maschile: «Anche i giornalisti Rai sono tenuti a declinare al femminile i nomi» Il presidente o la presidente? Non è ancora una guerra sotto traccia, ma poco ci manca. Mentre la neo premier Giorgia Meloni chiede ufficialmente ai giornalisti di utilizzare il maschile per indicare il suo nuovo incarico, il sindacato della Rai prende posizione, denunciando il rischio di «un pericoloso arretramento». La nota nasce da una constatazione: le direzioni, si legge, «stanno chiedendo alle colleghe e ai colleghi di usare il maschile per indicare il nuovo incarico di Giorgia Meloni, perché è lei a chiederlo. Ferma restando la libertà di ogni persona di denominarsi come meglio crede, altra cosa è il racconto giornalistico – sottolinea il sindacato – Ricordiamo che il contratto Rai Usigrai contiene al proprio interno il Manifesto di Venezia che fa preciso riferimento al linguaggio di genere, e che la policy di genere aziendale, recentemente approvata dal consiglio di amministrazione della Rai indica di usare il femminile lì dove esista. Nessun collega può essere dunque obbligato ad usare il maschile – conclude la nota diffusa dall’esecutivo Usigrai – anzi i giornalisti Rai sono tenuti a declinare al femminile i nomi». La presa di posizione di Usigrai si colloca sulla scia di un processo sociale e storico in corso: «L’Italia si sta faticosamente adeguando agli standard europei sull’uso del femminile negli incarichi pubblici e nelle professioni – come dimostra anche la recente scelta della Treccani, che segue le indicazioni già fornite dall’Accademia della Crusca», ricorda il sindacato. Che chiede dunque «ai colleghi e alle colleghe di segnalare eventuali violazioni» mentre sottolinea che «Ordini di servizio o indicazioni in senso contrario verranno contestati dal sindacato nelle sedi opportune». Una scelta approvata dalle associazioni femministe e dei diritti LGBTIQ: «Parlare al maschile cristallizza non solo una lingua ormai avanti venti anni luce, ma verosimilmente (e spero di avere torto) un pensiero politico che vorrebbe riportarci indietro di 70 anni», dice Luisa Rizzitelli, portavoce di One Billion Rising e Rebel Network. Ma la faccenda è forse più complicata. Perché, se alcuni giornalisti Rai possono sentirsi «condizionati» dalle indicazioni della presidente del Consiglio, non è solo Meloni a ritenere corretto l’uso del maschile: la direttrice d’orchestra Beatrice Venezi, per esempio, è finita al centro delle polemiche per aver voluto che la chiamassero direttore. E anche Incoronata Boccia, componente dell’esecutivo Usigrai, sottolinea: «Io continuerò a chiamare Giorgia Meloni il presidente del Consiglio, e infatti ho votato contro questo comunicato. In punta di diritto l’Usigrai ha le sue ragioni, vincola i giornalisti del servizio pubblico a declinare i nomi al femminile perché il manifesto di Venezia è stato recepito nel contratto di lavoro, ma trovo che questa sia una forzatura. Secondo me la scelta di Giorgia Meloni è una scelta politica, lontana dai femminismi di maniera. Il linguaggio di genere – conclude Boccia- deve essere una scelta, non un obbligo, e ci sono tanti giornalisti che come me sceglieranno di chiamarla il presidente per rispetto della sua scelta politica». E noi? Come ci regoliamo? Non esiste un documento scritto, ma il Corriere della sera segue la linea dell’Accademia della Crusca, come il Quirinale nel presentare la lista dei ministri e delle ministre. Usiamo, quindi, la declinazione al femminile delle cariche: la presidente, la ministra, la sindaca, l’avvocata, etc. Siamo tenuti a utilizzare il maschile solo se riferiamo tra virgolette le dichiarazioni delle donne con incarichi che si riferiscono a se stesse al maschile. È una battaglia che parte da lontano, e che con gli anni si sta consolidando, con l’avallo di tutta la redazione e della direzione del giornale. 24 ottobre 2022 (modifica il 24 ottobre 2022 | 11:06) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-24 09:07:00, La nota del sindacato Rai: «In molte testate stiamo assistendo ad un pericoloso arretramento». L’invito ai colleghi e alle colleghe a non sentirsi obbligato a usare il maschile: «Anche i giornalisti Rai sono tenuti a declinare al femminile i nomi», Valentina Santarpia

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