di Tommaso Labate Il leader lima il suo intervento: oggi parlerà in Senato dopo 9 anni «Una cosa però la vorrò ricordare. Questo governo è l’evoluzione del mio governo del 2008. Allora erano la Primavera, compresa Meloni. Adesso sono diventati la prima squadra». A sera, quando si tirano le somme di una giornata tutto sommato votata alla distensione con Giorgia Meloni, la bozza del discorso sulla fiducia al governo che Silvio Berlusconi pronuncerà oggi in Senato è stata stampata e pinzata. Per la biografia del Cavaliere, il momento è a suo modo storico. A meno di cambi di programma, parlerà dal microfono del suo banco di Palazzo Madama per la prima volta dopo nove anni, in una specie di nuovo esordio dopo la decadenza da parlamentare a seguito della condanna definitiva del 2013; e parlerà per tracciare la sintesi all’apparenza impossibile di un partito diviso in «falchi» e «colombe», che si è spaccato sulla scelta dei nomi della delegazione di governo e si dividerà ancora nel momento di individuare viceministri e sottosegretari. C’è un discorso ovviamente stampato. E anche qualche concessione che Berlusconi potrà concedersi «a braccio». Dal primo è stato espunto in serata il rimando alla risposta sul Cavaliere che Zelensky ha affidato all’intervista al Corriere di ieri («Berlusconi è stato votato dall’8 percento degli italiani, ha quasi novant’anni, gli auguro buona salute»), anche se non è detto che il leader di Forza Italia lasci completamente fuori il tema Ucraina; e sono stati limati tutti i passaggi che riguardano la politica estera. La traccia della bozza dell’intervento di Berlusconi è votata all’appeasement con Meloni, il cui intervento alla Camera è stato giudicato «assai pregevole», «chiaro», «definitivo e totalmente condivisibile» su diritti, libertà e necessità di abbassare le tasse. E, a meno che all’ultimo minuto non ci siano sorprese (tra le quali anche la remota possibilità che decida di rinunciare all’intervento) l’attenzione sarà puntata su quanto Berlusconi tirerà l’elastico sui temi a lui cari, a cominciare dalla pace fiscale. Ma fuori dal perimetro dell’intervento scritto, e anche da quello delle posizioni pubbliche, si gioca un’altra partita. Che rischia di trasformarsi nel turno di ritorno del match andato in scena tra Berlusconi e Meloni nei primi e tormentati giorni della legislatura. Il Cavaliere vorrebbe gestire in prima persona la trattativa sui posti di Forza Italia nel sottogoverno. «Tra dieci e dodici», ripetono i suoi; e comunque, come a voler ribadire una soglia sotto la quale è impossibile andare, «non meno di dieci». L’ala dei falchi, che nelle settimane passate ha condotto la battaglia poi persa per portare Licia Ronzulli nella squadra di governo, vuole continuare a sollevare il tema del doppio incarico di Antonio Tajani, anche se per adesso il tema è congelato. Per adesso. «Auguri, Antonio. Sarai un presidio dei nostri valori all’interno del governo», ha scandito ieri nel suo intervento alla Camera il capogruppo Alessandro Cattaneo. Che però, poco prima, aveva ricordato come «questo governo non esiste senza Forza Italia, non solo aritmeticamente». Nascosto sotto la cenere, insomma, c’è un fuoco pronto a riattizzarsi. La lista dei forzisti considerati papabili per un ruolo di sottogoverno va ben oltre anche la soglia aritmetica che Berlusconi considererebbe sufficiente. Qualcuno, tra gli uomini del Cavaliere, azzarda la possibilità di un nuovo faccia a faccia con la presidente del Consiglio, che però preferirebbe trattare il dossier con il capodelegazione, Tajani. Il discorso del Senato sarà l’antipasto di un menù pieno di portate. Di cui nessuno, però, conosce la fine. 26 ottobre 2022 (modifica il 26 ottobre 2022 | 10:22) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-26 09:22:00, Il leader lima il suo intervento: oggi parlerà in Senato dopo 9 anni, Tommaso Labate