di Alessandro Fulloni
La storia a lieto fine di una bimba sottratta alla famiglia. Secondo il gip si trattava
del «caso pilota». «Documenti e testimonianze false; fummo i primi a denunciare»
Dal nostro inviato
REGGIO EMILIA – Tutto cominciò con questa telefonata, l’11 aprile 2018. «Ci dissero: “Non andate più a prendere vostra nipote a scuola, non serve: la bimba è stata trasferita, penseremo noi a tutto. Ma non starà più da voi». Clic. Conversazione finita. Da una parte una voce glaciale dai servizi sociali. Dall’altra un nonno sbigottito. È il «caso pilota» dell’inchiesta su Bibbiano e se «circa un anno dopo proprio così lo definì il gip — racconta ora al Corriere il signor Giovanni, sui settant’anni, dirigente d’azienda in pensione — è perché conteneva tutto: i documenti falsificati e le testimonianze inventate».
Assistiti dagli avvocati Patrizia Pizzetti e Nicola Termanini «fummo mia moglie e io, inoltre, i primi a denunciare. C’è chi poi osservò: noi potevamo permetterci le spese, difenderci dai soprusi. Altri no. Chissà, forse è vero…». Fatto sta che l’inchiesta dei carabinieri e della Procura di Reggio scattò subito. E ieri in tribunale è cominciato il processo sui finti abusi segnalati dai servizi sociali della Val d’Enza per togliere i bimbi a famiglie deboli e assegnarli a coppie giudicate più affidabili. Pagate bene, tra l’altro: le rette erano tra i 600 e i 1.300 euro mensili per un impegno peraltro non sempre dimostrabile dato che in certi casi i piccoli sarebbero rimasti in comunità senza vedere, nei modi previsti, gli affidatari. Sono 17 gli imputati, tutti dipendenti della Ausl reggiana e dell’Unione Val d’Enza; 32 le parti civili sinora ammesse anche se ieri è stato un susseguirsi di nuove richieste di ammissione e di esclusione.
In attesa della sentenza, c’è già qualcosa di definitivo: i nove bambini (le vittime delle false violenze sessuali) sono tutti rientrati a casa dalle famiglie naturali e questo grazie al Tribunale dei Minori di Bologna che, allora diretto da Giuseppe Ferraro e dopo l’allerta della pm Valentina Salvi che ha coordinato l’inchiesta, ricontrollò i dossier scovando le irregolarità. Sette le persone con le posizioni già definite all’udienza preliminare dello scorso novembre. Si tratta dello psicoterapeuta Claudio Foti (del centro Hansel & Gretel), condannato per lesioni gravissime a quattro anni; «non luogo a procedere» per altri 5 dirigenti e impiegati dell’Unione; assolta perché «il fatto non sussiste» un’assistente sociale mentre un’ottava collega patteggiò un anno e otto mesi (con pena sospesa) nel rito abbreviato.
Il procedimento (alla sbarra per abuso d’ufficio c’è pure il sindaco di Bibbiano Andrea Carletti) è cominciato in salita dato che, ha scritto la Gazzetta di Reggio, due magistrati dei tre giudicanti saranno presto trasferiti. «Un’incertezza che, tra sentenze mediatiche e struttura da maxi-processo, potrebbe minare la serenità di giudizio», scuote la testa Oliviero Mazza, avvocato della dirigente dell’Unione Federica Anghinolfi, presunta signora del sistema-Bibbiano su cui gravano circa 100 capi d’accusa tra cui falso ideologico e abuso d’ufficio. Nel tornare a quel 2018 Giovanni ricorda «le lacrime versate e la paura di non farcela». Sulle carte giudiziarie c’era scritto che i genitori-ragazzini (17 anni lui, 14 lei) di sua nipote si lasciarono dopo la nascita. Perciò, considerati «inadeguati» quegli adolescenti dagli assistenti sociali, la piccolina fu affidata ai nonni paterni, Giovanni e sua moglie. Che furono subito denigrati dagli psicoterapeuti e accusati,in particolare, di non essersi accorti degli abusi (inesistenti) commessi sulla piccina dal nuovo compagno della madre e segnalati da un disegno — falso secondo una perizia voluta dalla Procura — in cui la stessa bimbetta ritraeva le mani dell’uomo innaturalmente protese verso di lei.
Quel disegno fasullo costituiva il pretesto per togliere la bimba ai nonni e per trovarle dunque ubna nuova collocazione. La procedura però fu «attenzionata» dagli scrupolosi avvocati di Giovanni e la piccola finì presso una coppia modenese ignara dei presunti raggiri commessi a Bibbiano. Una nuova perizia dimostrò inoltre l’affidabilità dei nonni. Dai quali la nipotina tornò «dopo un calvario di nove mesi». Poi è successa una cosa bella: i due modenesi e il nonno vengono in contatto. I primi si rendono conto che Giovanni non era affatto l’individuo «irascibile» descritto nelle relazioni. Anzi: «Lui e moglie erano una bella coppia». Conclusione: nonni, genitori naturali e affidatari spesso si ritrovano la domenica, a tavola. Giovanni conclude: «Per mia nipote la figlia della sua “seconda” mamma è una sorellina. Ma ciò che ha passato resta uno choc che l’ha sconvolta. Sarò a ogni udienza. Non deve più succedere». Prossima udienza, il 12 dicembre.
«Ma quanti altri casi Bibbiano dovranno esplodere prima che cambi qualcosa?». A chiederselo ieri, a margine fuori dall’aula, sono stati Francesco Cattani, presidente e fondatore di ASFEM, e la volontaria Tiziana Ciccone che dopo l’inchiesta «Angeli e Demoni» hanno raccolto molte altre segnalazioni simili: «Bibbiano è in tutta Italia — sostengono — come dimostrano le indagini “accoglienza” nel Lunigiano, le 9 assistenti sociali sotto inchiesta a Bologna e tanti altri casi analoghi da Nord a Sud».
8 giugno 2022 (modifica il 8 giugno 2022 | 23:42)
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, 2022-06-08 21:44:00, La storia a lieto fine di una bimba sottratta alla famiglia. Secondo il gip si trattava del «caso pilota». «Documenti e testimonianze false; fummo i primi a denunciare» , Alessandro Fulloni