Biden ha accusato i capitalisti avidi  per l’iperinflazione: ha ragione o ha torto?

Mancano solo cinque giorni alle elezioni legislative di midterm (metà mandato) e il clima in campo democratico sfiora il panico. Il partito del presidente ha pessimi presentimenti, teme di poter perdere la maggioranza sia alla Camera che al Senato. Perciò è con qualche scetticismo che si assiste all’ultimo argomento sfoderato da Joe Biden per tentare una rimonta in extremis: un attacco alle grandi aziende che alimentano l’inflazione con aumenti dei prezzi eccessivi, non giustificati dall’andamento dei costi delle materie prime o della manodopera. La spiegazione tattica è fin troppo palese: in cima alle ragioni di malcontento degli elettori c’è proprio l’inflazione, che contribuisce all’impopolarità del presidente e del suo partito. Di qui il sospetto che l’attacco di Biden sia strumentale e perfino demagogico.

Anche quando propone una sovratassa speciale sugli extraprofitti delle aziende petrolifere, Biden viene accusato di abbracciare una versione di sinistra del populismo. La contro-argomentazione dei repubblicani è questa: se siamo in una fase di scarsità energetica mondiale, è anche perché la sinistra ha abbracciato in modo acritico gli argomenti degli ultra-ambientalisti, ha demonizzato e ostacolato ogni attività di estrazione, raffinazione e trasporto di energie fossili. Anziché colpire ulteriormente le aziende energetiche, continuano i repubblicani, bisogna smettere di ostracizzare quelle energie fossili di cui abbiamo ancora bisogno, e incentivarne la produzione in modo da far calare i prezzi mondiali (anche a beneficio degli alleati europei). Tra l’altro gli extra-profitti dei petrolieri americani sono poca cosa in confronto a quelli appena annunciati da Aramco, colosso di Stato dell’Arabia saudita: a conferma che nel mondo di oggi l’energia è controllata da azionisti pubblici dei paesi emergenti più che dalle multinazionali occidentali.

La polemica contro Biden non è infondata. Però c’è un dato che dà ragione al presidente democratico. Molte grandi aziende americane, in settori diversi che vanno dai beni di largo consumo alla ristorazione al trasporto aereo, stanno registrando robusti aumenti nei profitti. La spiegazione: queste imprese riescono a imporre ai consumatori rincari che vanno ben oltre l’aumento nei costi di produzione (materie prime e salari). L’anno si chiuderà con bilanci floridi per molte di queste aziende, con l’eccezione di alcuni giganti Big Tech che invece hanno il vento contrario. Dunque, la speculazione c’è, il carovita è gonfiato da comportamenti predatori, non è tutto giustificato dai rincari «a monte».

Ma qui interviene un altro contro-argomento che viene usato per contestare Biden. Se le aziende riescono a imporre rincari esagerati, è perché finora i consumatori pagano, anziché rinunciare a comprare o ridurre le spese. Né i rialzi dei prezzi, né l’aumento dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, finora hanno veramente depresso la spesa delle famiglie americane. Questo significa che c’è ancora tanto potere d’acquisto in mano ai cittadini; altrimenti di fronte alle punte estreme del carovita sarebbero costretti a stringere la cinghia. Nota bene: per certi beni essenziali come gli alimentari, talvolta «stringere la cinghia» non è un opzione disponibile; però rimane sostenuta anche la spesa per servizi voluttuari, dai ristoranti ai viaggi aerei. E qui subentra l’altra accusa a Biden: sarebbe stato proprio lui a fornire carburante all’inflazione, con una erogazione enorme di sussidi all’inizio del suo mandato. Sommando le manovre di aiuti ai cittadini e alle imprese dell’Amministrazione Trump e dell’Amministrazione Biden si raggiunge un totale di 5.000 miliardi, molto più di quanto è stato fatto in Europa (anche in proporzione al Pil). Sarebbe questo reddito aggiuntivo, erogato attraverso la spesa pubblica, il «tesoro» che i consumatori continuano a spendere oggi, consentendo alle aziende di praticare politiche dei prezzi esose.

3 novembre 2022, 10:36 – modifica il 3 novembre 2022 | 10:36

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, 2022-11-03 11:37:00, È l’ultimo tentativo di ottenere una rimonta in extremis alle elezioni legislative di midterm. Il motivo? In cima al malcontento degli elettori c’è proprio l’inflazione, che contribuisce all’impopolarità del presidente e del partito stesso, Federico Rampini

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