La vittoria giudiziaria della Amministrazione scolastica nei confronti del “maestro di Bimbisvegli” rischia di trasformarsi in una sconfitta per la burocrazia ministeriale.
La vicenda è lunga e complessa e risale a diversi anni fa quando il maestro Giampiero Monaca avvia nella scuola di Serravalle d’Asti una interessante sperimentazione che fa riferimento alla miglior pedagogia del Novecento: si sta seduti nei banchi per lo stretto necessario, ma si lavora molto a contatto con l’ambiente, in ogni stagione dell’anno si esplorano gli spazi esterni alla scuola, i prati, i boschi. Le equivalenze si imparano misurando il cortile della scuola, le scienze si studiano imparando i nomi delle piante che si incontrano nel percorso casa-scuola; senza però trascurare l’uso delle tecnologie: computer, lim e tablet sono di casa nella scuola di Serravalle.
Insomma, un metodo attivo rivisto alla luce dei cambiamenti intervenuti negli ultimi decenni.
Gli alunni vanno matti per il maestro Giampiero che mette in piedi anche un associazione denominata “Bimbi svegli”.
Le famiglie sono entusiaste e la scuola di Serravalle, una piccola frazione alla periferia di Asti, si popola sempre di più: in poco tempo gli alunni aumentano e incominciano ad arrivare anche da località vicine.
A questo punto, però, per il maestro Monaco iniziano i primi guai: la sua richiesta di inserire il progetto “Bimbi svegli” nel PTOF della scuola non viene accolta, il maestro va avanti lo stesso.
Si crea un clima molto teso con la dirigente scolastica.
Due anni fa un team di ispettori inviati dall’USR Piemonte accerta che il maestro avrebbe commesso alcune mancanze che non hanno però a che vedere con il progetto; per questo Giampiero Monaca viene sanzionato con 2 giorni di sospensione.
A quanto sostiene il maestro, anzi, gli ispettori mostrano di apprezzare il metodo di lavoro e l’attività didattica.
A settembre ricominciano i guai: al maestro non piace affatto la nuova assegnazioni delle classi decisa dal dirigente perché di fatto gli impedirebbe di continuare con il suo progetto; dopo un tentativo di trovare un accordo, decide di chiedere un anno di aspettativa non retribuita.
Il 2021/22 trascorre senza troppo clamore, ma a settembre 2022, al momento di riprendere servizio Giampiero Monaca scopre di non essere più a Serravalle e di essere stato spostato nella scuola di Asti.
A questo punto inizia una nuova protesta e decide di non entrare in classe ma di stare seduto nell’atrio della scuola.
Di fatto non accade nulla; a fine ottobre parte per Roma e, munito di un seggiolino, trascorre tre settimane davanti all’ingresso del Ministero sperando di essere ricevuto dal Ministro in persona.
Intanto prende avvio un nuovo, difficile, procedimento disciplinare che si conclude con il licenziamento per “insubordinazione” nei confronti dell’Amministrazione.
Nei mesi successivi la vicenda ha una coda pesante perché nel comportamento del maestro viene ravvisata anche una ipotesi di reato. Gli atti passano al tribunale di Asti che nell’aprile scorso chiude la questione condannando il maestro a 1.500 euro di ammenda.
Giampiero Monaca non si perde d’animo e, a questo punto, si appella anche alla libertà di coscienza e sostiene che ci sono situazioni in cui “l’obbedienza non è più una virtù”.
Come si vede la questione è davvero complessa, sul piano procedurale non c’è moltissimo da dire o da aggiungere.
Gli stessi ispettori che a suo tempo avevano gestito l’ultimo procedimento disciplinare avevano fatto intendere al maestro che era lui stesso a mettere l’Amministrazione nella condizione di non poter fare altro che licenziarlo.
Ma la vicenda può essere letta anche in altro modo: l’Amministrazione scolastica è in grado oggi di gestire casi come quello del maestro Monaca a vantaggio della comunità?
Perché un docente che “obietta” e che non è disponibile ad eseguire ordini che considera ingiusti deve essere licenziato senza appello anche se nel concreto la sua proposta pedagogica e didattica appare di indubbio interesse?
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