di Pier Luigi Vercesi
La proposta del format di Patrizio Paoletti che con la sua Fondazione dal 2009 organizza incontri formativi. Nobel, economisti e filosofi per mandare nel tempo contingentato «il messaggio giusto»
«Il sorriso è un obbligo sociale». Patrizio Paoletti sa di non esagerare. Anzi: fa di questo imperativo una vocazione. Ai suoi seminari e nel format promosso dalla Fondazione Patrizio Paoletti intitolato 21 minuti («Perché occorre così poco tempo per acquisire consapevolezze per sé e proiettarle su chi ci sta accanto»), migliaia di persone ascoltano la testimonianza di donne e uomini (filosofi, artisti, scienziati, economisti, sportivi…) che hanno fatto buone cose, raggiunto obiettivi interessanti nella vita partendo dalla conoscenza delle proprie capacità e lavorando su se stessi. È naturale che i partecipanti ne escano stimolati a emularli.
Proprio qui starebbe il problema del caos e della conflittualità a cui il nostro mondo ci condanna ogni giorno: molte ricerche in tutto il mondo stanno rivelando che sempre più persone sono oppresse da carenze di autostima. Se così fosse, e purtroppo guardandoci intorno non c’è motivo di dubitarne, ci troveremmo di fronte a una vera e propria piaga sociale, amplificata dal fatto che chi non riesce ad amarsi finisce per proiettare la propria insoddisfazione sugli altri. «Viviamo come sulla scena di un teatro – incalza Paoletti che ad Assisi nel 2000 aveva fondato la sua onlus– dove ci è data la facoltà di rappresentare, di narrare, di produrre l’incanto per noi stessi e per il prossimo. Quest’opportunità è meravigliosa. Purtroppo può trasformarsi in una gabbia se la nostra mente comincia a ripetersi dei mantra negativi, a ricordare solo esperienze fallimentari».
Viene allora da chiedersi perché miliardi di persone non riescano ad avere stima di se stessi se basta così poco per averla. Alla richiesta, Paoletti allarga le braccia per accogliere la domanda a cui lui stesso cerca di dare una risposta: «Perché alla gente non arriva il messaggio giusto». Un problema di divulgazione, quindi. Ed è per questo che lui stesso si definisce: divulgatore. Non a caso, le prime esperienze del format 21 minuti sono iniziate del 2009, quando il mondo era oppresso dalla crisi finanziaria. Sappiamo bene, per averne fatta esperienza del 1929, che momenti di difficoltà si trasformano in Grande Depressione più per motivi psicologici che per fatti reali.
Nato in un ambiente artistico napoletano legato al bel canto e al teatro, quando Paoletti si convinse che la vita è rappresentazione e narrazione, cominciò ad occuparsi di neuroscienze per andare alla fonte e cercare di comprendere quali fossero i meccanismi del nostro cervello in grado di generare spirali positive o di condannarci a un vortice negativo. Navigando in un simile mare, si trovò subito di fronte a un ulteriore quesito: cos’è il successo? Paoletti insegna come ottenerlo, ma non intende con questo la capacità di guadagnarsi la copertina di un rotocalco o di sbancare la roulette della vita accumulando denaro. Successo, per lui, è la capacità di far accadere le cose con un approccio etico, sensibile e sostenibile. Se si impara a raggiungere gli obiettivi, si acquisisce fiducia in se stessi e resilienza di fronte alle difficoltà.
Ai suoi seminari partecipano spesso persone che il successo l’hanno avuto e si preoccupano di cosa farne. La risposta è semplice: metterlo a disposizione degli altri, della comunità, adoperarsi perché il mondo migliori, in quanto nessuno può vivere sereno e in pace in un mondo incattivito. Secondo le più recenti teorie (che probabilmente risentono di un approccio molto americano) è felice chi migliora la propria posizione sociale in un ambiente in cui tutti stanno crescendo pur in maniera men che proporzionale alla propria. Se gli altri stanno male, noi ne risentiamo indipendentemente dal nostro altruismo: semplicemente perché aumenta la nostra insicurezza. Esattamente il contrario di quanto accade nel mondo da almeno qualche decennio: a fortune immense si accompagnano povertà crescenti.
Paoletti, che ha anche un coté spirituale, tiene però distinto il concetto di felicità da quello di autostima. Il secondo porta al successo, ed è una pratica che ha molto a che fare con la socialità; il primo è uno stato interiore dell’essere, slegato da tutto, certamente dal successo. Ma una cosa è certa: in entrambi i casi il primo passo da compiere è quello imparare ad amare se stessi: se ci si ama si riesce anche ad amare il prossimo. Il resto viene da sé, come insegna Sant’Agostino quando scrive: «Ama, e fai ciò che vuoi».
11 ottobre 2022 (modifica il 11 ottobre 2022 | 13:15)
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, 2022-10-12 05:11:00, La proposta del format di Patrizio Paoletti che con la sua Fondazione dal 2009 organizza incontri formativi. Nobel, economisti e filosofi per mandare nel tempo contingentato «il messaggio giusto», Pier Luigi Vercesi