Carlo Maria Martini, dieci anni dalla morte: che cosa di lui oggi ci porterebbe un po’ di luce?

di Marco Garzonio

Intuizioni, riflessioni e inquietudini del cardinale arcivescovo di Milano. A Basilea con Aleksi fu protagonista nel 1989 del primo incontro ecumenico dopo 500 anni. Durante Tangentopoli fu un salvagente morale

Per fare memoria di Carlo Maria Martini, morto il 31 agosto 2012, dobbiamo chiederci cosa di lui oggi sarebbe utile avere per prospettare qualche punto fermo nel disorientamento che offusca individui, governi, relazioni internazionali e un po’ di luce sul cammino di persone e comunità. È un modo per rispettare lui e assumere su di noi il riferimento al Salmo che il cardinale volle inciso sulla tomba in Duomo: «Lampada per i miei passi è la tua Parola». Sempre nello spirito che Martini ha disseminato negli oltre 22 anni di magistero immaginiamo sette (numero biblico per eccellenza cui infinite volte l’Arcivescovo fece riferimento) possibili nessi tra memoria viva del cardinale e attualità cocente.

Casa Europa

Non c’era evento piccolo o grande di cui Martini non cercasse consonanze nella Scrittura. Dalla liturgia del giorno o dal brano che gli balzava all’occhio aprendo la Bibbia si chiedeva «Che cosa mi dicono queste parole». Dio non ha parlato una volta per tutte e non ha abbandonato l’uomo al suo destino. La creatura è chiamata ogni giorno a continuare l’opera del Creatore con altri uomini, ambiente, cultura. Martini fu protagonista nel 1989 del primo incontro ecumenico dopo 500 anni: a Basilea guidò i cristiani d’Europa insieme ad Aleksi, Metropolita di Leningrado poi Patriarca della Russia. Niente scontri di civiltà ma la Parola (il titolo di Basilea, «Giustizia, pace, salvaguardia della Creazione», era sintesi del vangelo delle Beatitudini) rende fratelli. Il progetto d’una casa comune europea coi cristiani al lavoro fianco a fianco contribuì al crollo del Muro di Berlino.

Il senso della storia

Allo scoppio di Tangentopoli Martini fu un salvagente morale nello sfarinamento di politica, istituzioni, economia (Romiti chiese scusa in pubblico al cardinale per il coinvolgimento della Fiat nello scandalo). Ma punto di riferimento per tutti, credenti e non, divenne perché propose una visione del vescovo estraneo a beghe pratiche e logiche di potere. Riportò d’attualità il patrono Ambrogio, «defensor civitatis», capace di negare la comunione all’Imperatore per comportamenti dispotici.

Potenzialità individuali

La prima lettera pastorale di Martini «La dimensione contemplativa della vita» stupì i laici e mise in crisi i cattolici. I primi trovarono un uomo di Dio che esponeva pensieri, idee, valutazioni in modo molto laico, con una libertà invece poco praticata nelle «chiese ideologiche» dei tempi (marxiste, liberal); i secondi, affetti ancora da dosi di clericalismo e rendite di posizione d’un Paese che si credeva cattolico, vennero riportati alla coscienza individuale. «Cristiani adulti» era leit motiv della pastorale martiniana.

Il ruolo della politica

Alla morte di Lazzati (1986) Martini istituì le Scuole di formazione al sociale e al politico. Le intitolò all’ex rettore della Cattolica che, tornato dalla prigionia in Germania, aveva scritto un manifesto «I fondamenti di ogni ricostruzione» ed era stato Padre Costituente (si attende che Roma sblocchi la causa di beatificazione di Lazzati). La politica come servizio ispirata al bene comune procurò guai a Martini. La Lega ne chiese la rimozione da Milano. Ma anche molti cattolici faticarono ad accettare il senso di liberazione che lui espresse finita l’esperienza storica della Dc: la fede poteva essere lievito, granello di senape, animare un piccolo gregge nel sociale e non strumento di governo o di favori. Iniziava la traversata del deserto che dura oggi: la Chiesa di Francesco non dice per chi votare e che tratterà con chi andrà a palazzo Chigi. Resta il punto fermo del vangelo.

Le braci

Nell’intervista postuma pubblicata dal «Corriere» l’1 settembre 2012 Martini evocò l’icona delle braci. Torna il senso della storia, arricchito dal riferimento al possibile apporto ricreatore della Spirito. Il vento soffia e i tizzoni fan sprigionare il fuoco. Il cardinale non si arrese anche se la Chiesa si mostrava arretrata di 200 anni.

Preghiera, non sogni

Nel libro «Conversazioni notturne a Gerusalemme» Martini fa una confidenza a padre Spoerschil: prima aveva sogni sulla Chiesa, ma adesso (2007, l’ultimo anno a Gerusalemme) lui «prega per la Chiesa». Sembra una distonia con un Papa che da quasi dieci anni sprona a sognare. Forse è l’abbandono fiducioso alla «lampada per i miei passi» che conta più delle parole.

Pensieri e inquietudini

Quando Martini compì 80 anni Tettamanzi guidò un pellegrinaggio a Gerusalemme per portargli gli auguri della città. Ai Getsemani Martini si congedò dai fedeli così: «L’importante è che impariate a pensare, a inquietarvi». Riprendeva un’antica preghiera cristiana che lui aveva ripreso: «Dona Signore al tuo popolo Pastori che inquietino la falsa pace delle coscienze». Coscienza, idee, libertà, responsabilità: quattro virtù senza tempo né casacche, attualità per la città e per il mondo.

29 agosto 2022 (modifica il 29 agosto 2022 | 14:48)

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, 2022-08-29 13:22:00, Intuizioni, riflessioni e inquietudini del cardinale arcivescovo di Milano. A Basilea con Aleksi fu protagonista nel 1989 del primo incontro ecumenico dopo 500 anni. Durante Tangentopoli fu un salvagente morale, Marco Garzonio

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