di Alessandro Sala
Intercettato un trasporto illegale di cani destinati al macello della città cinese tristemente nota per la fiera. In tutta l’Asia ogni anno sono 30 milioni quelli sacrificati per diventare pietanze
Sono stati confiscati e, in questo modo, sono stati salvati dalla macellazione. Sono 386 i cani destinati al macello di Yulin, la città che ospita ogni anno il tristemente noto «Festival del litchi e della carne di cane», che la polizia della città di Shaanxi ha recuperato da un camion che li stava trasportando verso il loro destino. Gli animali sarebbero stati uccisi, sezionati e serviti durante i giorni della kermesse che continua a richiamare migliaia di appassionati del genere.
Il consumo di carne di cane è ormai limitato a poche zone in Estremo Oriente, dove un tempo era molto diffuso ma dove sempre di più si sta diffondendo la percezione di cani e gatti come animali d’affezione e non cibo. Ma quel che resta delle antiche abitudini è comunque sufficiente per alimentare un ingente traffico con migliaia di esemplari che vengono sacrificati alla «tradizione». Secondo le stime di Humane Society International (Hsi), una delle associazioni più attive nel contrasto a questo fenomeno, sarebbero circa 30 milioni gli animali che ogni anno vengono uccisi per la loro carne. I cani macellati sono spesso di provenienza privata, ovvero vivevano in famiglie a cui sono stati poi sottratti. Bande criminali ne fanno incetta con l’avvicinarsi del 21 giugno, data in cui l’evento prende il via, prelevandoli dai giardini quando sono incustoditi o togliendoli con la forza alle persone. Solo una parte di quelli inviati al macello sono cani vaganti accalappiati o provenienti da allevamenti.
Il problema non è solo di tipo culturale: sarebbe facile per gli organizzatori di eventi di questo genere o per i ristoratori che servono carne di cane nei loro locali sostenere — e lo fanno — che non c’è differenza tra il consumo di questi animali e quello di bovini o pesci o volatili che sono regolarmente presenti nei menù occidentali. Ma al di là del sentimento popolare, che anche in Cina è sempre più orientato a non considerare i cani come pietanze (alcuni sondaggi confermano che più del 75-80 per cento delle persone che vivono in Cina o Corea del Sud sono contrarie a questa pratica alimentare), sono le condizioni igienico-sanitarie in cui l’intero processo di macellazione avviene a destare preoccupazione. Come hanno più documentato i gruppi di attivisti che si battono per porre fine a questo mercato, le soppressioni, il sezionamento e la vendita delle parti di carne si svolgono spesso direttamente all’aperto nei cosiddetti «wet market», i mercati bagnati (dal sangue lasciato colare sul terreno). E’ in questi luoghi che batteri e virus trovano terreno fertile per proliferare e possono trasmettersi anche all’uomo.
Il camion rosso con i 386 cani stipati nel cassone è stato avvistato su un’autostrada a circa 800 chilometri da Yulin. Era carico di gabbie in cui gli animali erano ristretti in condizioni precarie, nel caldo soffocante e senza acqua a disposizione. Intercettato dalla polizia, il conducente non ha saputo dimostrarne la provenienza ed è stato costretto a cambiare direzione e a seguire gli agenti. I cani, traportati temporaneamente in un rifugio, sono stati confiscati e di loro si sono poi presi cura decine di attivisti che li hanno sfamati e dissetati e che, una volta trascorsi i 21 giorni di quarantena previsti dalla procedura, chiederanno di poterli ospitare in una struttura di Humane Society per poi provare a trovare loro una nuova sistemazione, anche facendoli adottare fuori dalla Cina con l’aiuto delle associazioni animaliste internazionali.
«È stato orribile vedere così tanti cani in uno stato così spaventoso — racconta a Humane Society International l’attivista Lin Xion, che era presente sul posto — . Probabilmente si trovavano sul camion da giorni, disidratati e affamati, molti di loro visibilmente feriti e malati. Potevamo vedere i loro volti pietrificati dietro le sbarre delle gabbie e sapevamo che erano diretti ai macelli di Yulin dove sarebbero stati uccisi a bastonate». Gli attivisti cinesi chiedono che le autorità adottino una politica di «tolleranza zero» nei confronti dei trafficanti di cani, perché l’intera filiera è sostenuta dal commercio illegale, senza cui probabilmente iniziative come queste non potrebbero esistere. «Il massacro legato al consumo della carne di cane getta vergogna sul nostro Paese — dice ancora Lin Xion — e quindi continueremo a lottare finché non vedremo la fine di questa sofferenza». «Senza l’intervento della polizia — aggiunge Peter Li, specialista in politica cinese di Human Society International — questi cani avrebbero incontrato la morte in un macello di Yulin. Oltre a essere un incubo per gli animali, questa manifestazione, alimentata per la gran parte da ladri di cani, è in chiaro contrasto con le misure adottate nel Paese per prevenire la diffusione del Covid».
Si è parlato di richiamo alla tradizione, ma il festival è in realtà una iniziativa piuttosto recente. Viene organizzato dal 2010 su iniziativa dei commercianti di carne di cane che cercano così di contrastare il calo delle vendite dovuto alle mutate abitudini della popolazione. «Nel 2020 il ministero per l’Agricoltura cinese ha dichiarato ufficialmente che i cani sono da considerarsi animali da compagnia e non “bestiame” destinato al consumo — ricorda una nota di Humane Society —. Nello stesso anno, due grandi città della Cina , –Shenzhen e Zhuhai, hanno vietato il consumo di carne di cane e gatto. La carne di cane è inoltre vietata a Hong Kong, Singapore, in Taiwan, Thailandia, nelle Filippine, nella provincia di Siem Reap in Cambogia e in 17 città e reggenze dell’Indonesia».
22 giugno 2022 (modifica il 22 giugno 2022 | 19:17)
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, 2022-06-22 22:07:00, Intercettato un trasporto illegale di cani destinati al macello della città cinese tristemente nota per la fiera. In tutta l’Asia ogni anno sono 30 milioni quelli sacrificati per diventare pietanze, Alessandro Sala