Se la Provincia autonoma di Trento sia o meno un modello verso il quale il resto dello Stato italiano darà uno sguardo, lo sapremo nei prossimi anni. Sta di fatto che l’introduzione del docente Tutor e Orientatore messo in piedi dal Ministro Valditara strizza l’occhio, e non poco, a quello che può essere un trend che vedremo nei prossimi anni: l’incentivazione economica e di ruoli per quanti, tra i docenti, decidono di mettersi in gioco e prestare la propria opera ad attività non correlate alla stretta attività di docenza in classe. Ma non tutti sono d’accordo.
Cosa succede nella Provincia Autonoma
Succede che il 16 maggio si terrà l’audizione sul ddl n. 176 dell’assessore Bisesti che punta ad introdurre la carriera nella scuola regionale, introducendo nuove figure per quei docenti che adottano metodologie innovative per il successo formativo degli studenti, coordinano attività di orientamento, inclusione e lotta alla dispersione scolastica e promuovono la formazione continua in servizio per l’aggiornamento e il consolidamento delle competenze professionali.
Il disegno di legge si applicherebbe ai docenti in servizio presso le istituzioni scolastiche provinciali e prevede l’individuazione di tre nuove figure professionali: i docenti esperti, i docenti ricercatori e i docenti delegati all’organizzazione. Ai docenti esperti verrebbe affidato il coordinamento della didattica, il rafforzamento dei percorsi di orientamento e la personalizzazione della didattica. Ai docenti ricercatori, invece, verrebbe affidato il compito di sviluppare specifici progetti, anche di durata pluriennale, per migliorare e innovare l’offerta formativa. Infine, ai docenti delegati all’organizzazione verrebbe affidato l’incarico di collaborare direttamente con il dirigente scolastico per compiti organizzativi.
La riforma prevede che nelle scuole trentine siano presenti, a regime, 1320 docenti esperti, 215 docenti ricercatori e circa 215 docenti delegati all’organizzazione. Questi numeri rappresentano circa il 40% dei docenti di ruolo con almeno 5 anni di servizio nelle scuole statali o a carattere statale, anche in posizione non di ruolo. Tuttavia, la progressività nell’attuazione della riforma richiederà diverse fasi concorsuali. Il costo complessivo della riforma è stimato intorno ai 10 milioni di euro.
Una progressione che avverrà per concorso, evitando di addossare, così, la responsabilità di scelta ai dirigenti. Uno dei punti più delicati sul quale si discute da anni.
Pareri favorevoli
Una proposta acclamata positivamente, ad esempio, dal presidente dell’associazione dei dirigenti scolastici (Anp), il professor Paolo Pendenza, perché, a suo dire, riconoscerebbe l’impegno degli insegnanti nel miglioramento della scuola e favorisce la professionalità, creando anche una base per reclutare i dirigenti.
Le speranza sul DDL vanno anche oltre, invocando anche la strada alla formazione permanente e la possibilità di incentivare i migliori laureati a diventare insegnanti.
Parere positivo anche dal direttore di Iprase, Luciano Covi, perché va nella direzione della leadership distribuita, necessaria per “un’organizzazione scolastica più moderna“, concretizzando una idea di scuola “che prevede la ricerca e l’innovazione”.
Parere negativo dei genitori
Maurizio Freschi, presidente della Consulta provinciale dei genitori, ha bocciato il ddl perché sposta i migliori insegnanti dalle aule all’organizzazione, riducendo la qualità dell’insegnamento per gli studenti.
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