Centrale di Zaporizhzhia, il sindaco: «Manca l’elettricità, un terzo della città è prossimo alla catastrofe»

di Viviana Mazza

Il sindaco in esilio di Enerhodar: «I russi stanno bloccando gli aiuti. Due settimane fa abbiamo consegnato altre 25 mila pastiglie di iodio»

DALLA NOSTRA INVIATA
KIEV
Dopo il rapporto dell’Aiea i bombardamenti continuavano ieri a Enerhodar, la città vicina alla centrale nucleare di Zaporizhzhia. «Gli intervalli tra queste provocazioni si sono fatti più brevi, è la seconda volta oggi che l’intera città è senza luce», diceva ieri alle 3:12 del pomeriggio il sindaco Dmitry Orlov.

La vicepremier ucraina Iryna Vereshchuk ha invitato su Telegram i civili a evacuare da soli la zona occupata, affermando che i russi hanno risposto con «cinico silenzio» alla richiesta di corridoi umanitari. Invece Orlov, costretto a lasciare la sua città dopo l’occupazione, dava consigli a chi non può andarsene: stare dietro a un doppio muro (se il primo viene colpito, il secondo protegge dall’onda d’urto), avere riserve d’acqua e quando cessa l’artiglieria procurarsi cibo che non ha bisogno d’essere cucinato. «L’elettricità manca ancora in due distretti. Un terzo della città è sull’orlo di una catastrofe umanitaria. Due delle pompe idrauliche sono state danneggiate», ci dice il sindaco al telefono. Di sottofondo, il pianto di un bambino piccolo. «I russi stanno ricattando il mondo con il loro terrorismo nucleare».

Come fate ad essere certi che siano i russi a sparare intorno alla centrale?

«Sono soprattutto colpi di mortaio, non bisogna essere esperti militari per capire che un mortaio non può sparare da più di 3-5 chilometri di distanza. Potete vedere i video che i russi trasmettono in tv: sentite gli spari e il colpo arriva due secondi dopo. Ci sono anche testimoni che vivono nelle dacie intorno alla città: hanno visto gruppi di russi che sparano mortai in direzione di Enerhodar. Non ci sono forze ucraine nell’area».

Quanti abitanti restano?

«Metà, 25mila circa. La maggioranza se ne sta andando, restano solo coloro che non possono farlo fisicamente, molti dei quali anziani — per questo parlo di crisi umanitaria —, oppure i dipendenti della centrale nucleare che portano le famiglie in territori sotto controllo ucraino per poi tornare, perché capiscono la loro responsabilità e le conseguenze se vanno via. Cerchiamo di portare aiuti umanitari, ma la scorsa settimana i russi non hanno fatto passare nulla, nemmeno medicine, alimenti, cibo per bambini, prodotti di igiene. Ci sono ancora bambini nella città».

Crede sia possibile la demilitarizzazione della centrale, come chiede l’Aiea?

«Non posso parlare delle probabilità, ma ci sono convenzioni che dicono che non dovrebbe esserci attività militare in luoghi come quello, la Russia è tra i firmatari. La speranza è che le organizzazioni internazionali facciano rispettare questi documenti che gli Stati membri hanno firmato. C’è stata una situazione di emergenza alla centrale e può avere conseguenze per il nostro Paese e per il mondo. Non dovrebbero esserci soldati di nessuna delle due parti, ma una forza di peacekeeping internazionale».

La popolazione sta prendendo compresse di iodio?

«Dato che c’è una centrale nucleare ricevono queste pillole ogni 4 anni, l’ultima nel 2019. Ma viste le crescenti probabilità di una catastrofe nucleare con i russi, due settimane fa abbiamo consegnato altre 25mila pillole».

Ospedali e scuole funzionano a Enerhodar?

«L’ospedale è uno dei pochi che funzionano nelle zone occupate, i medici vengono pagati da Kiev, ma le farmacie sono chiuse, le medicine arrivano solo con canali umanitari. La gente riceve gli stipendi regolarmente, in anticipo a volte. Le scuole apriranno il 12 settembre, solo online. I russi hanno tagliato la rete internet ucraina, ma registriamo le lezioni in modo che gli studenti possano scaricarle».

Mantenere stipendi e servizi può aiutare ad evitare di perdere Enerhodar?

«Se viene meno l’appoggio finanziario, poiché l’informazione è controllata dai russi, chi è neutrale potrebbe passare dalla loro parte. Una cosa interessante è che la popolazione rimasta continua a pagare le tasse, anche più che a Zaporizhzhia che non è occupata: segno che la gente crede che l’occupazione finirà e crede nell’esercito ucraino».

Enerhodar vuol dire «dono dell’energia». Il dono si è trasformato in incubo?

«Sì la gente ha paura, perciò molti se ne vanno: paura non della centrale ma che i militari russi facciano qualcosa per provocare il disastro. Il rischio cresce di giorno in giorno, di ora in ora. Deve finire. Sono grato ai Paesi che stanno al fianco dell’Ucraina, che non sono neutrali: è bene prendere posizione, oltre ad appoggiarci con armi, sanzioni e informazione».

7 settembre 2022 (modifica il 7 settembre 2022 | 22:49)

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, 2022-09-07 20:59:00, Il sindaco in esilio di Enerhodar: «I russi stanno bloccando gli aiuti. Due settimane fa abbiamo consegnato altre 25 mila pastiglie di iodio» , Viviana Mazza

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