Chi entra e chi esce. In squadra sei donne e cinque tecnici. Il caso dei nomi cambiati in corsa

di Marco CremonesiZangrillo inizialmente era dato all’Ambiente. Poi la telefonata con Meloni dopo la lettura della lista, la correzione e lo scambio con Pichetto Fratin Il pollice all’insù di Giorgia Meloni, e il suo sorriso soddisfatto, magari non garantiscono la certezza che tutto sia filato senza scosse e secondo copione. Però, una cosa è certa: il governo è politico. I tecnici ci sono, sono cinque, ma sull’impianto generale è difficile avere dubbi. Matteo Piantedosi, Orazio Schillaci, Maria Elvira Calderone, Andrea Abodi e Gennaro Sangiuliano nascono nel mondo delle professioni, non c’è dubbio. Ma la loro vicinanza, a diverso titolo, al centrodestra sembra altrettanto confermata. Tecnico non è più, ma da poco, il neo Guardasigilli in pectore, il giurista Carlo Nordio: dopo una vita in procura, era candidato con FdI alle elezioni dello scorso 25 settembre. Mentre Sangiuliano, che pure è direttore del Tg2, del conservatorismo è considerato un ideologo. Due delle sorprese più significative riguardano le esclusioni. Maurizio Lupi, di Noi moderati, non sarà il ministro per i Rapporti con il Parlamento. Il risultato elettorale ha penalizzato i centristi e il loro leader, che probabilmente sarà vice ministro o sottosegretario. Allo stesso incarico andrà un uomo di grande fiducia di Giorgia Meloni (e apprezzato per il savoir-faire anche dalle opposizioni) come il friulano Luca Ciriani. Un nome che invece non è stato letto ieri dalla neo premier è quello di Gianbattista Fazzolari, che le previsioni indicavano stabilmente come sottosegretario alla presidenza del Consiglio. Al suo posto ci sarà il rispettatissimo Alfredo Mantovano, cattolico acceso e già viceministro dell’Interno nel governo Berlusconi quater. Altra assenza a sorpresa, quella dell’anatomopatologa Gloria Saccani Jotti, considerata vicina a Marta Fascina, la compagna di Silvio Berlusconi. Tra gli ingressi, l’altra sorpresa è quella che riguarda Paolo Zangrillo, già commissario azzurro in Piemonte dove aveva sostituito nello stesso incarico Gilberto Pichetto Fratin. Dopo che la premier ha letto il suo nome come ministro all’Ambiente, lui ringrazia e si dice pubblicamente «onorato». Poi, la chiama affannato e le dice qualcosa come: «Non è il mio mestiere». Lei non ci pensa che pochi istanti: lo sostituisce con Pichetto Fratin e lo indirizza alla Pubblica amministrazione. Dopodiché, fa partire una nota in cui si legge che «a causa di un errore di trascrizione nella stesura della lista dei ministri, sono stati erroneamente invertiti due nomi». L’avvicendamento è compiuto. Anche se non si può escludere che dietro non ci sia il perdurante scontro tra le anime («governisti» e «ronzulliani») di Forza Italia. In ogni caso, se il cambio dei ministri in extremis conta su un ricco repertorio di leggende, quello post lettura dell’elenco dei ministri forse è inedito. Altra nuova entrata tutt’altro che scontata alla vigilia, quella del presidente dell’Istituto di credito sportivo Andrea Abodi. Il suo nome era anche circolato, ma nelle ultime ore sembrava eclissato. C’è anche chi è deluso dalla presenza di donne nel governo: sono sette, inclusa Meloni. Come nel governo Draghi, che però aveva meno ministri: la percentuale, dunque, scende. Il record resta quello del governo di Matteo Renzi, in cui le ministre erano quante i ministri. E poi, c’è la questione, peraltro non ignorata, dei ministri-senatori: sono ben nove, infatti, gli uomini di governo che siedono anche a Palazzo Madama. Qui la maggioranza c’è — il centrodestra può contare su 115 senatori a fronte di una maggioranza di 101 — ma senza largheggiare, anche in considerazione del fatto che Berlusconi e Bossi non è detto che saranno sempre presenti. Il problema potrebbe arrivare a mettere in difficoltà il voto d’aula, ma la questione riguarda soprattutto le commissioni: assenze e missioni costringeranno i futuri presidenti a non distrarsi. Quella che non è una sorpresa è l’indicazione di Roberto Calderoli a ministro degli Affari regionali e delle Autonomie. Ma la coincidenza sì. Oggi giurerà a esattamente a cinque anni dai referendum di Veneto e Lombardia: «Una cosa che mi dà una carica ancora più grande». 21 ottobre 2022 (modifica il 21 ottobre 2022 | 22:37) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-10-21 20:37:00, Zangrillo inizialmente era dato all’Ambiente. Poi la telefonata con Meloni dopo la lettura della lista, la correzione e lo scambio con Pichetto Fratin, Marco Cremonesi

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