Vi fareste salvare da un «robodog»?L’ultima frontiera del soccorso (anche sanitario) in zone pericolose

A Singapore li hanno visti «zampettare» per le strade durante il lockdown da Covid, con addosso degli altoparlanti attraverso i quali le autorità sanitarie avvisavano la popolazione di rimanere in casa, strada per strada. Al Pronto soccorso del Brigham and Women’s Hospital di Boston ne è stato sperimentato un prototipo capace di rilevare una serie di parametri vitali e di consentire una visita a distanza. Al Dibris, Università degli Studi di Genova, ne stanno «addestrando» uno da usare in missioni di salvataggio e soccorso sanitario. «Spot» questo il suo nome, è un cane «bionico». Il futuro delle operazioni «search and rescue» sarà , possiamo parafrasare, anche nelle loro…zampe. E Spot ha mostrato le sue capacità e la sua simpatia (teleguidata) esibendosi sul palco del «Tempo della Salute».

Un robot senza intelligenza

Antonio Sgorbissa, professore associato di Robotica responsabile del Rice (Robotics and Intelligent systems for Citizens and Environment) Dibris – Dipartimento di Informatica, Bioingegneria, Robotica e Ingegneria dei sistemi, Università degli Studi di Genova spiega al pubblico: «Il robot è stato progettato da un’azienda americana, la Boston Dynamics. Ha avuto un grande successo tra gli addetti ai lavori grazie alle sua capacità di movimento e alla sua robustezza. Qualcuno del pubblico potrebbe aver visto dei video su Internet in cui gli fanno i dispetti, lo spingono di qua e di là e lui resta sempre in piedi. Il problema di un robot come questo è che manca di intelligenza. Viene teleguidato da un operatore. Non è autonomo. Quello che stiamo facendo all’Università di Genova è renderlo autonomo, in grado cioè di muoversi da solo per esplorare un ambiente che non conosce».

Il progetto

In che cosa consiste il progetto? Che cosa prevede e chi partecipa? «All’Università di Genova stiamo lavorando su Spot nell’ambito di “Dioniso”, un progetto che ha come obiettivo principale lo sviluppo di sistemi innovativi per la gestione delle emergenze e dei soccorsi, tramite tecnologie di tipo diverso. Ad esempio, dispositivi indossabili, che possono aiutare i soccorritori a creare una mappa e ottenere informazioni varie sull’ambiente, o appunto sistemi robotici, come i droni o il cane robot Spot. Il progetto coinvolge molti partner, industriali e di ricerca, tra cui l’Università di Genova, l’Università di Messina, la Fondazione Eucentre centro di eccellenza nella ricerca sui terremoti, il CNR, e aziende tra le più avanzate in Italia nei sistemi intelligenti», risponde Carmine Recchiuto, ricercatore presso lo stesso Rice Lab, Dibris Università di Genova.

I campi di applicazione

Si sono mai utilizzati i robodog in questi ambiti? Con quali risultati? «Ovviamente non siamo i soli ad aver avuto questa idea — dice Sgorbissa —. Sui giornali si trova ancora la notizia del Fire Department di New York che recluta Spot per le operazioni di ricerca e soccorso. Diciamo subito che non è chiaro quante volte lo abbiano usato in contesti reali, ma sicuramente ricerche di questo tipo avranno un impatto sempre maggiore sulla società. Quello però che si nota, come ammette il New York Times, è che il robot sarà teleguidato. Noi vogliamo andare oltre: ci immaginiamo che ospedali, università, grandi edifici pubblici, centri commerciali, possano avere un robot come Spot come parte delle proprie dotazioni di emergenza. Qualora si verifichi un evento critico, il robot partirà da solo, in completa autonomia, per esplorare l’ambiente e raccogliere preziose informazioni per i soccorritori che interverranno solo in seguito e in condizioni di sicurezza. Agire rapidamente, in questi contesti, è fondamentale».

Che cosa sarà capace di fare

Spot non è un cane per tutte le tasche: l’azienda lo ha messo in vendita a 74.500 dollari. Esiste una versione con un braccio robotico, montato al posto della testa, con un costo ancora maggiore. È anche vero che numerose aziende in Asia lo stanno già imitando e a costi più contenuti. Spot dovrà camminare su terreni devastati da terremoti o altri disastri naturali (o provocati dall’uomo…) entrare nei palazzi diroccati e in fiamme, e…….? «Usare gli strumenti di cui lo abbiamo fornito e scandagliare l’ambiente in cerca di persone decedute o ferite, “aguzzare la vista” per verificare che le vie di accesso siano libere e sicure per i soccorritori, “annusare” l’aria per capire se siano presenti sostanze nocive, “drizzare le orecchie” per raccogliere il più debole segnale di una presenza umana (o di altro essere vivente)».

Laser scanner, telecamere termiche e programmi software

Quali sono questi strumenti? «Spot può essere dotato di molti sensori — sottolinea Recchiuto — . Per quanto riguarda invece la possibilità di individuare se ci sono sopravvissuti in zone a rischio, ovviamente si possono utilizzare telecamere di vario tipo, alcune sono già integrate in spot (ben cinque attorno al corpo). Chiaramente però è necessario pensare e implementare strategie particolari per poter esplorare l’ambiente in maniera efficace, così da essere sicuri di aver ispezionato tutta l’area necessaria, e scrivere programmi software per poter analizzare le immagini in maniera automatica, così da capire se ci sono persone nell’ambiente. Le telecamere possono essere di vario tipo, per esempio termiche, più facili da analizzare per riconoscere la presenza di persone nell’ambiente. Ma non ci sono solo sensori di tipo visivo: per individuare persone nell’ambiente si possono utilizzare sensori di CO2 (annusare l’aria, appunto), o utilizzare casse e microfoni per interagire in maniera vocale con i possibili sopravvissuti, eventualmente tranquillizzandoli e fornendo tutte le istruzioni necessarie».

Batteria ricaricabile

Quanta autonomia ha la batteria? Si può ricaricare e come? Non può essere un grande limite all’operatività di Spot? E se si esaurisce mentre si trova da qualche parte non raggiungibile che si fa? «La batteria, quando il robot è in movimento, dura circa un’ora e mezza, e si ricarica in un tempo paragonabile. Esiste una stazione di ricarica che Spot è in grado di raggiungere da solo per ricaricarsi, se si trova nelle vicinanze. Quanto al resto… un’ora e mezza è un tempo lungo nella fase che segue un evento catastrofico. Se abbiamo bisogno di più tempo, possiamo immaginare diverse stazioni di ricarica distribuite in diverse aree di un edificio. E magari avere due robot che si danno il cambio: mentre uno lavora, l’altro fa la “siesta” ».

Mappa tridimensionale dell’ambiente

Quali altri strumenti possono essere utilizzati? «Un computer di bordo e un laser scanner, come nel caso del progetto che stiamo portando avanti. Sono dispositivi a parte che vanno rimossi ogni volta che il robot viene messo nella sua scatola, ma quando lo utilizziamo in laboratorio o facciamo esperimenti per creare una mappa, vengono montati entrambi sulla sua schiena. In poche parole, il laser scanner, tramite impulsi emessi con angolazioni diverse, riesce a rilevare gli ostacoli circostanti. Questa informazione viene utilizzata dal computer di bordo, che ha prestazioni decisamente elevate, per creare poi una mappa dell’ambiente. Non c’è solo il laser. Come dicevo prima, il robot ha diversi sensori a bordo: telecamere classiche, e telecamere di profondità, che oltre all’immagine cui siamo abituati percepiscono la distanza di tutti gli ostacoli visualizzati. Questa informazione può essere utilizzata dal computer di bordo per creare una mappa tridimensionale dell’ambiente».

Può evitare e saltare gli ostacoli

Ma se incontra un ostacolo che fa? Ci pensa da solo a evitarlo o lo salta? «Dipende dall’altezza dell’ostacolo. Utilizzando i sensori che descrivevo prima, in particolare le telecamere di profondità, Spot sa perfettamente a che distanza si trova l’ostacolo che ha di fronte, e quanto è alto. Quindi sa bene se il suo passo successivo potrebbe andare in collisione con l’ostacolo. Se l’ostacolo è più basso di una certa soglia decide di scavalcarlo, eventualmente calpestandolo. Attenzione, sarò sincero. Questa capacità non l’abbiamo sviluppata noi all’Università di Genova, ma è qualcosa già parte del “pacchetto base” di funzionalità sviluppato da Boston Dynamics. Il problema si ha quando l’ostacolo è troppo grande: un mobile, una parete, una porta chiusa. In questo caso, il robot semplicemente si ferma e non va avanti. Per questo stiamo lavorando sull’autonomia: il robot dovrà essere in grado di scegliere in maniera autonoma il percorso da seguire in qualunque situazione. Potenzialmente, anche se si trovasse in un “labirinto”. Un edificio può essere labirintico, soprattutto dopo un evento catastrofico».

Scendere e salire dalle scale

Ma può anche scendere, giusto? E se si ribalta? Se si apre una voragine e precipita, va in mille pezzi? Che tipo di resistenza ha? La garanzia vale? «Può scendere e salire le scale, purché i gradini abbiano certe caratteristiche, siano “gradini standard”. Quando scende, però, a me fa una paura terrificante, quindi chiedo ai miei studenti di farlo scendere le scale il meno possibile, dato che ne abbiamo uno solo. Credo che sia solo una questione psicologica: anche in montagna scendere da un pendio ripido fa più impressione che salire. Se si apre una voragine, mi aspetto di avere danni che dipendono dal volo che fa, e non sono coperti dalla garanzia», ammette Sgorbissa.

In esplorazione autonoma

Come viene preparato e addestrato Spot? «Al progetto lavorano due tesiste di Ingegneria Robotica all’Università di Genova. Si chiamano Zoe Betta e Serena Paneri», racconta Sgorbissa. Continua Recchiuto:«Supponiamo appunto che ci sia un evento catastrofico, un terremoto. Inviare Spot in ispezione permetterà di raccogliere in breve tempo molte informazioni e limitare i rischi per i soccorritori che interverranno in seguito. Il robot va in esplorazione dell’edificio in maniera autonoma in cerca di informazioni utili. Questo vuol dire che deve decidere quali sono le aree più promettenti per velocizzare l’esplorazione dell’ambiente, e visitarle uno dopo l’altro, eventualmente modificando le priorità delle aree da visitare in base a quello che ha trovato. Nel frattempo Spot crea una mappa completa dell’edificio: questo è chiaramente utile per i soccorritori, per localizzare le informazioni che raccoglie, ma anche per il robot stesso, che ha bisogno di conoscere la propria posizione nell’ambiente per non “perdersi”».

Che cosa succede in caso di cattiva comunicazione

Spot deve essere teleguidato: possono nascere problemi, ad esempio in caso di cattiva trasmissione dei dati? Avete anche pensato a come risolverli? «Il robot è in grado di muoversi senza essere pilotato: quindi, nel caso in cui non fosse possibile controllarlo, stiamo lavorando per poter far sì che possa essere anche completamente autonomo. Ovviamente il comportamento del robot dipende da come lo programmiamo: nel caso di una situazione rischiosa come il terremoto sarà programmato per ispezionare ambiente e creare mappe in maniera autonoma; in altri contesti può essere programmato per fare cose diverse. Considerate che in principio è possibile montare anche un braccio robotico sulla sua schiena: quindi potrebbe anche individuare oggetti nell’ambiente, e afferrarli, sempre in maniera automatica».

12 novembre 2022 (modifica il 12 novembre 2022 | 15:27)

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, 2022-11-12 18:05:00, Al Rice Lab Dibris, Università degli Studi di Genova, ne stanno «addestrando» un modello che possa agire in modo autonomo in missioni di salvataggio , Ruggiero Corcella

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