di Redazione Salute
Il virus cinese, chiamato Langya virus, provoca sintomi come febbre, affaticamento, tosse e può compromettere la funzionalità epatica e renale
Un virus finora sconosciuto ha infettato almeno 35 persone in Cina, a partire dal 2018. Si chiama Langya virus (LayV), del genere henipavirus, ed è stato identificato nei tamponi faringei. Descritta in uno studio condotto da scienziati di Cina e Singapore e pubblicato sul New England Journal of Medicine, questa infezione – una zoonosi – provoca sintomi come febbre, affaticamento, tosse e può compromettere la funzionalità epatica e renale. Non esiste un vaccino o un trattamento per gli henipavirus; l’unica terapia è la gestione delle complicanze.
Zoonosi emergente
Il genere henipavirus è una delle zoonosi emergenti nella regione Asia-Pacifico. Sono stati osservati infatti altri virus di questa famiglia, come Hendra (HeV) e Nipah (NiV), che possono infettare gli essere umani e che trovano nei pipistrelli il loro ospite naturale. Secondo l’Organizzazione mondiale della sanità, gli henipavirus possono causare gravi malattie negli animali e nell’uomo e sono classificati con un livello di biosicurezza 4, ovvero con tassi di mortalità compresi tra il 40 e il 75%. I primi dati suggeriscono tuttavia che il virus Langya non abbia la capacità di diffondersi efficacemente nell’uomo e che sia meno aggressivo di Hendra e Nipah, entrambi con elevata letalità.
I sintomi dell’infezione
L’indagine che ha portato all’identificazione del virus è partita da una paziente 53enne ricoverata a fine 2018 per febbre e altri sintomi simil-influenzali in un ospedale cinese in cui era attiva la sorveglianza per infezioni di origine animale. Da allora sono stati identificati 35 pazienti infettati da Langya nelle province di Shandong e Henan. Di 26 pazienti infettati dal solo virus Langya i ricercatori riportano le condizioni cliniche: tutti avevano febbre, circa la metà soffriva di stanchezza, tosse, anoressia, dolori muscolari, carenza di globuli bianchi; circa un terzo aveva nausea, mal di testa, vomito, carenza di piastrine, alterazioni della funzionalità epatica; meno di uno su dieci problemi ai reni. Non sono stati riportati decessi tra i 26 pazienti.
I contagi potrebbero essere sporadici
Il virus non sembra capace di passare facilmente da uomo a uomo: «Non c’era uno stretto contatto o una storia di esposizione comune tra i pazienti, il che suggerisce che l’infezione nella popolazione umana potrebbe essere sporadica», scrivono i ricercatori. Anche il tracciamento dei contatti dei pazienti non ha documentato alcun contagio. L’indagine tra gli animali entrati in contatto con i pazienti ha mostrato un’alta presenza del virus nei topi ragno, che potrebbero essere quindi un serbatoio naturale di LayV.
Promiscuità con gli animali
Secondo Maria Caramelli, veterinaria del Laboratorio sorveglianza malattie emergenti dell’Istituto zooprofilattico del Piemonte, Langya «è una zoonosi che va sorvegliata molto bene». È un patogeno «del genere degli henipavirus, che si trovano nei pipistrelli o nei topi ragno dove hanno il loro serbatoio. Per esempio il virus Nipah è di questo genere e può colpire i cavalli, ma questi agenti hanno un grande spettro di animali da infettare, compreso l’uomo. Quindi c’è una certa preoccupazione per questo focolaio cinese. Ora però questo cluster è legato a condizioni di promiscuità con gli animali. Sappiamo che per questo genere di virus un passaggio uomo-uomo è sporadico e ha una scarsa efficacia, ma non può essere escluso, come ci insegnano altri casi. Oltre il 70% delle malattie che colpiscono l’uomo arrivano dagli animali e questo ci deve far ragionare sull’importanza della prevenzione e della sorveglianza, che in Europa è alta ma in altri Paesi è più bassa».
9 agosto 2022 (modifica il 9 agosto 2022 | 18:43)
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, 2022-08-09 19:48:00, Il virus cinese, chiamato Langya virus, provoca sintomi come febbre, affaticamento, tosse e può compromettere la funzionalità epatica e renale, Redazione Salute