Una città, un museo. Gedda lancia la prima biennale di arti islamiche

di Francesca Pini

Nella citt dell’Arabia Saudita, una straordinaria esposizione con installazioni e 280 opere antiche. Comincia da qui il viaggio in otto tappe che vi proponiamo. Nei link in questo pezzo alcune delle altre proposte pubblicate su 7 in edicola il 10 febbraio

Un viaggio in otto tappe, per scoprire 8 citt e 8 musei, i loro tesori d’arte, ma anche la storia e la cultura di otto mete che il numero di 7 in edicola il 10 febbraio propone ai suoi lettori: Gedda, Parigi, Manchester, Vienna, Firenze, Napoli, Torino e Roma, per un viaggio sorprendente. Proponiamo online alcune di queste puntate per iu lettori di Corriere.it. Buona lettura

In rapida evoluzione, l’Arabia Saudita si aperta alla comunit internazionale, allentando alcune norme sull’abbigliamento femminile, ora pi sciolto, almeno nei centri pi grandi. E con una giovent in piena sintonia con il mondo che sta cambiando. Dopo 40 anni sono tornati i cinema, e Bollywood ha scelto luoghi di questo Paese come set di film. Il Centre Pompidou ha appena annunciato di voler creare un suo satellite proprio in questo Paese.Dove qui oggi operano figure di grande rilievo, come l’architetto Norman Foster che costruir nella capitale Riad il nuovo aeroporto, uno dei pi grandi del mondo, per accogliere 120 milioni di passeggeri entro il 2030 e lo Studio Fuksas che insieme ad altre importanti realt sta lavorando al progetto di The Line, megacity lunga 170 km, nella regione del Neom, per ospitare 9 milioni di persone. A Gedda intanto, lo studio di architettura OMA, fondato da Rem Koolhaas, ha disegnato la scenografia (che rimanda al deserto) del terminal adiacente all’aeroporto dove ora si sta svolgendo la prima Biennale delle Arti islamiche (fino al 23/04), intitolata Awwal Bait, “la prima casa” di Allah.

La scala lignea che porta alla Ka’bah

Per un occidentale non musulmano, a cui precluso recarsi alla Mecca, qui per la prima volta si possono vedere esposti alcuni straordinari manufatti artistici, tra cui la scala lignea che porta alla Ka’bah e la porta in rame dorato realizzata nel 1944, provenienti da quella citt santa, punto di riferimento anche geografico per tutti i fedeli di quella religione. Gedda, la cui citt vecchia patrimonio mondiale dell’umanit Unesco, da sempre la porta verso la Mecca, luogo di culto ancor prima dell’Islam e la Medina dove c’ la tomba del Profeta. Un tempo i pellegrini, ancor oggi tutti vestiti di bianco, arrivavano qui per mare dal Nordafrica, dall’Africa subsahariana scambiando anche le proprie merci, mentre ora il porto solo commerciale, e al posto della nave si prende l’aereo.

Sette padiglioni, 280 manufatti storici

La Biennale delle Arti islamiche (non dell’arte araba), realizzata dalla Diriyah Biennale Foundation con un concorso di competenze internazionali (tra cui l’italiana The Aims che ha collaborato a 40 produzioni) in pieno svolgimento con installazioni all’aperto e sette padiglioni, 280 manufatti storici, da prestiti internazionali. Essa parte da un presupposto storico radicato nell’espressione della fede musulmana, per poi inoltrarsi nel territorio dell’arte contemporanea (con una sessantina di opere) e con una libera interpretazione di quei principi fondamentali. Gedda ha assorbito le culture di tutto il mondo con le quali venuta in contatto, c’ ibridazione e universalit, dice Sumayya Vally, sudafricana, direttrice artistica di questa Biennale. Mi auguro che le persone occidentali, non musulmane, apprendano qualcosa della nostra cultura e dell’Islam. una Biennale modellata da prospettive e voci diverse da tutto il mondo, ci sono artisti musulmani, altri di origine, altri non musulmani. Selezionati secondo la loro pratica, di spiritualit e filosofia.

L’artista saudita donna Basmah Felemban

Ogni figurazione negata nell’Islam, ma la calligrafia decorativa, oro e argento abbondano, i manoscritti del Corano sono istoriati, la poesia il soffio della voce, il richiamo del muezzin alla preghiera ( adhan) suono che corrisponde a un preciso sistema melodico codificato, e cos anche lo concepisce l’artista americano Joe Namy che con una linea di altoparlanti diffonde appelli alla preghiera, provenienti da 18 diverse moschee. Quello stesso suono viene captato come un’onda anche da una costellazione di corpi in legno, sospesi, realizzati dall’artista saudita donna, Basmah Felemban. Nei secoli, gli arabi sono stati grandi astronomi e matematici, ne sono un simbolo gli antichi astrolabi del XVII secolo (di cui ammiriamo qui magnifici esemplari dorati) precisi allora come computer nell’indicare la direzione della Mecca, il luogo che i musulmani devono visitare almeno una volta nella vita seguendo un particolare rituale, girando attorno alla Ka’bah sette volte, per poi compiere un percorso in linea retta, da farsi due volte, e sempre altre sette volte.

Le preghiere su 144 cubi di acciaio blu

La Ka’bah quindi il fulcro di tutto e l’artista inglese Idris Khan ha creato di essa una “proiezione” scultorea: un’installazione con 144 cubi di acciaio blu con preghiere incise. Mentre qui Nasser Asselem ha riprodotto l’interno della Ka’bah. Abbiamo cercato di dare al visitatore l’idea delle dimensioni volumetriche di essa, ora i pellegrini non possono per entrarvi essendo milioni. Viene pulita una volta all’anno e in presenza del re, dice Omniya Abdel Barr, membro del Barakat Trust presso il Victoria&Albert Museum di Londra. Qui esponiamo una colonna molto importante, in legno, del XIV secolo che proviene dalla Ka’bah (che negli anni stata via via ridotta, anche a causa delle inondazioni) e due colonne in marmo della moschea, restaurate. Fatte in Egitto e arrivate qui sicuramente lungo il Nilo. Alla Mecca sono rimasti pochi esemplari, hanno dovuto ampliare il sito.

L’albero “sapiente”, con le fronde tinte di nero

Tanti gli artisti, uomini e donne, praticanti o agnostici, chiamati dalla Biennale a interpretare i capitoli pi salienti della religione islamica, come la pratica delle abluzioni ( wudu’ ), la preghiera collettiva ( Salat al-jama ‘ah ), di fondamentale importanza e il cui simbolo quel grande tappeto nella moschea dove ognuno trova il proprio posto, e poi i rituali funebri. Tra le tante opere commissionate, quella del saudita Muhannad Shono – che ha rappresentato l’Arabia Saudita alla Biennale di Venezia 2022, con la monumentale installazione, del suo albero “sapiente”, delle fronde tinte di nero – tutta incentrata sulla luce e sulla geometria creata da invisibili fili. Il tema religioso lascia spazio anche all’attivismo sociale e alle minoranze, l’installazione del sudafricano Haroon Gun Dalle, mette in evidenza l’apartheid e la morte a Cape Town di Abdullah Haaron, per mano della polizia, nel 1969. Il ricordo di quel fatto in quel centinaia di bianchi cappellini kufi con i quali vuole raffigurare le 40mila persone che allora protestarono. Questa installazione entra poi in dialogo con le antiche pietre tombali del cimitero di al-Ma’la.

11 febbraio 2023 (modifica il 11 febbraio 2023 | 07:58)

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