di Walter Vetroni
Debutto cinematografico (come attori) per il duo nel film La primavera della mia vita
ROMA Quello che unisce Colapesce e Dimartino sono i ricordi. Quando si sono incontrati, dodici anni fa, erano due ragazzi nati e cresciuti a 300 chilometri di distanza, uno a Solarino, in provincia di Siracusa e l’altro a Misilmeri, vicino Palermo. Sempre Sicilia , ma se dovessimo, ancora oggi, raggiungerci via ferrovia, ci metteremmo sei ore, come andare a New York dice Antonio Di Martino. Erano appassionati di musica e condividevano gli stessi gusti: Leonard Cohen, Neil Young, De Andr, Dalla, Battisti… bello immaginarli mentre scoprono queste consonanze, spesso la scintilla di amicizie e amori, nella piazzetta di Mazara del Vallo, dove si conobbero nel 2011. A farci sentire vicini, simili, sono stati per i ricordi del paese, anzi dei due paesi. Si assomigliavano, pur lontani, tra loro. Raccontandoceli abbiamo capito che venivamo dalle stesse radici, avevamo respirato lo stesso vento, aggiunge Lorenzo Urciullo, in arte Colapesce.
Li incontro non tanto per parlare dei loro successi discografici o di Sanremo , che anche si pu girare pagina, ma perch ho visto La primavera della mia vita, il film di cui sono protagonisti (diretto da Zavvo Nicolosi e scritto insieme con Michele Astori) che uscir nelle sale luned 20 febbraio. raro che, avendo avuto un improvviso, travolgente, successo nel rutilante mondo della musica si scelga di proseguirlo con un film. Il risultato sorprendente. Non la loro storia, troppo presto. Non una sequenza di canzoni, anche se la colonna sonora originale e divertente. Se dovessi, si parva licet, fare un paragone riguardo alle intenzioni, cercherei semmai nell’universo di Richard Lester e dei suoi film stravaganti sui Beatles.
La primavera della mia vita la storia di un viaggio. Un viaggio in Sicilia. Il viaggio di due amici musicisti che si ritrovano dopo una rottura che ha diviso il loro sodalizio. Di Martino nel film affiliato a una setta immaginaria, l’Antico Ordine Semenita, e convince il suo amico Lorenzo ad accompagnarlo, a bordo di una vecchia Taunus arancione, a zonzo per meravigliosi luoghi della loro terra d’origine. Ragione del viaggio la preparazione di un libro sulle leggende siciliane. Leggende fantastiche, situate in quella zona di confine tra realt e immaginazione, tra poesia e racconto che, lo citano i due, fa parte del film che li ha ispirati, Big Fish di Tim Burton.
Colapesce e Dimartino citano, nella nostra conversazione, Bufalino e Consolo, Sciascia e la leggerezza descritta, come valore, da Calvino in Lezioni americane. Li ha colpiti Stoner di Williams. Amano le arti, tutte, e sono curiosi. Doti rare, in questo tempo concitato. Chiedo loro come mai in Sicilia, per fare spettacolo, spesso si sia in due: Franchi e Ingrassia, Ficarra e Picone… Risponde Antonio: I siciliani si stancano con facilit e si sorreggono vicendevolmente. E poi, come diceva Bufalino, noi siamo una regione plurale, quasi un continente. Siamo Arabi, Normanni e ci piace comporre, attraverso l’incontro, queste diversit. L’individualismo non contemplato.
Dice Lorenzo: In Sicilia tutto verosimile, nulla certo. Anche le leggende che abbiamo raccontato nel film, come la teiera pi grande del mondo o la storia dei giganti e di Polifemo, sono storie sulle quali ciascuno ha costruito la sua verit. Nella nostra idea il film una favola, l’attraversamento di un mondo fantastico, composto di sentimenti e immaginazione. Anche la storia che Shakespeare in realt fosse di Messina sembra una barzelletta ma ha un fondo di verit. Roberto Vecchioni, che compare nella sua qualit di professore nel film, convinto sia davvero cos. Abbiamo cercato di stare in quella zona di confine, cos siciliana, tra verit e immaginazione.
Il film lieve, si muove in scenari siciliani aspri e poetici, ha un tono divertito e straniant e, con una recitazione sospesa e un approccio coinvolgente. Un po’ come la musica del duo. Rispondono insieme: Noi discutiamo spesso di un tema che sappiamo essere centrale, da quando la cultura diventata industria. il rapporto tra la ricerca della bellezza, o se vogliamo della propria coerenza interiore, e lo sforzo di arrivare al grande pubblico. Non vogliamo essere n avanguardisti, n cialtroni. Cerchiamo di comunicare i nostri contenuti nel modo pi accattivante, l’armonia possibile tra bellezza e consenso. Tra noi c’ un rapporto di vera, profonda amicizia. Lo abbiamo raccontato nel film. Ci piaceva descriverne le dinamiche, seguirla quando nasce, si sviluppa, si rompe, si ricompone, si stabilizza o muore. E il viaggio era la forma giusta per contenere questa dinamica. Noi siciliani dobbiamo viaggiare, nella nostra condizione e nel nostro DNA. Ci piacevano le atmosfere di “Paris Texas” o di “Easy Rider”, il ritrovarsi, muovendosi, nel nulla. Cos come ci piace il dubbio che del viaggio il motore fondamentale. Solo gli imbecilli non hanno dubbi mai.
Per finire chiedo loro di indicare una giornata che vorrebbero rivivere. Antonio, figlio di un falegname e di una professoressa di filosofia che lo ha spinto ad amare ogni forma di racconto: Il giorno in cui ho capito che avrei potuto vivere trasformando la mia pi autentica passione in un lavoro. Nessuno ci credeva, nessuno scommetteva una lira sul mio futuro.. Invece ho conquistato l’indipendenza. Lorenzo, ci pensa un po’: Un giorno d’estate, quando compii undici anni. Ero con mia nonna Peppina. Era un giorno di felicit, il bagno a mare, tutti sereni. Era una giornata normale, non successe nulla di straordinario. Forse proprio per questo mi rimasto dentro, quel ricordo, e mi trasmette gioia.
16 febbraio 2023 (modifica il 16 febbraio 2023 | 08:12)
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