Nel caso in commento la Procura regionale conveniva in giudizio un collaboratore scolastico chiedendone la condanna titolo di danno patrimoniale, imputabile a titolo di dolo, da indebita percezione di risorse pubbliche sulla base di titoli falsamente dichiarati. Si pronuncia la Corte dei Conti con sentenza 388/22 della Toscana.
La questione
La notizia del danno era conseguente alla nota con la quale Guardia di Finanza, informava la Procura regionale delle indagini in corso in materia di false attestazioni presentate da taluni candidati per la partecipazione al bando triennale per l’ottenimento delle supplenze del personale A.T.A. di III fascia (collaboratori scolastici, assistenti amministrativi e assistenti tecnici), di cui al D.M. n. 640 del 30 agosto 2017 (valido per il triennio 2018-2021). Nel corso dell’istruttoria veniva accertato che il dipendente in questione presentava la “domanda di inserimento” presso l’Istituto considerato: 1) non essere già inserito nelle graduatorie di circolo e d’istituto di 3^ fascia vigenti nel triennio scolastico 2014/2017 della provincia di riferimento, quale Collaboratore Scolastico; 2) aver conseguito la qualifica professionale di “operatore dei servizi di ristorazione” presso un dato Istituto con votazione 100/100; 3) aver maturato alcuni servizi. In ragione dei titoli dichiarati il lavoratore convenuto otteneva il punteggio che gli consentiva di collocarsi nella citata graduatoria in una buona posizione per il profilo di collaboratore scolastico e, conseguentemente, veniva assunto. All’esito dell’attività istruttoria la Procura contabile notificava al dipendente l’invito a dedurre, contestando in relazione ai fatti sopra descritti il danno patrimoniale. Il lavoratore in questione presentava controdeduzioni, in cui pur riconoscendo la mancanza dei titoli di servizio dichiarati per l’accesso alla graduatoria, contestava la sussistenza di un danno erariale, avendo lo stesso regolarmente svolto l’attività lavorativa, come sarebbe comprovato anche dalla mancata sospensione o licenziamento dopo la scoperta della carenza dei titoli.
Non c’è alcun vantaggio per la PA nell’attività lavorativa svolta da un dipendente privo del titolo richiesto
La giurisprudenza pare essere consolidata nel ritenere legittima l’interruzione del sinallagma contrattuale in caso di prestazione lavorativa resa in assenza di prescritti requisiti professionali.
Inoltre, sul presupposto che la responsabilità non deve essere commisurata all’utile conseguito dal lavoratore, ma al danno da lui arrecato al Ministero, per la Procura contabile si doveva considerare come danno non solo la retribuzione percepita dal dipendente ma anche l’indebito pagamento dei contributi previdenziali ed assistenziali da parte dello stesso ente per un rapporto che è stato illecitamente conferito. In conclusione, la Procura contabile riteneva di scorporare il danno per un importo del 50% di quello contestato.
Se il risarcimento del danno viene pagato prima dello svolgimento dell’udienza il giudizio si estingue
Nel caso in questione prima della celebrazione dell’udienza di discussione del giudizio, il convenuto depositava la quietanza di pagamento sul conto di tesoreria indicatogli a tal fine dalla Procura Regionale. La domanda risarcitoria azionata dalla Procura era stata, quindi, stata pienamente soddisfatta e, conseguentemente, tale versamento determinava la cessazione della materia del contendere (Sez. Toscana, sent. 13.1.2020 n. 14 e sent. 01.04.2021, n. 140). Pertanto, conclude la Corte, in accoglimento della domanda del convenuto, condivisa dalla Procura, il giudizio deve essere dichiarato estinto per cessazione della materia del contendere.