Come riconosco se un alunno ha un disturbo del comportamento oppositivo e provocatorio? Partiamo dalla scuola Primaria. INTERVISTA al Professor Pietro Muratori

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Come riconoscere se un alunno ha un disturbo del comportamento, se il suo atteggiamento oppositivo e provocatorio non dipendono dalla sua volontà? Ne abbiamo parlato con il Professor Pietro Muratori, psicologo clinico presso l’IRCCS Fondazione Stella Maris, docente di Psicologia dell’Educazione e dell’Inclusione e docente di Psicologia Clinica e dello Sviluppo presso il corso di laurea in Scienze della Formazione Primaria dell’Università di Pisa.

Professor Muratori, lei è co-autore del libro “DOP – Disturbo Oppositivo Provocatorio – Scuola Primaria” una guida rapida per insegnanti edito dalla Erickson, ci ricorda innanzitutto cosa si intende quando si parla di disturbi del comportamento e qual è l’obiettivo del vostro libro?

I disturbi del comportamento in età evolutiva si manifestano attraverso delle difficoltà nel bambino essenzialmente nel rispettare le regole date dal contesto, nel modulare le proprie emozioni, in particolar modo le emozioni di rabbia, paura e ansia, e si manifestano inoltre con una difficoltà marcata nel controllo volontario del comportamento. Quindi hanno difficoltà anche nel momento in cui vogliono provare a regolare, controllare i propri impulsi, come l’alzarsi, parlare con un compagno, alzare la mano, insomma qualsiasi tipo di impulso. Anche se vogliono cercare di controllare questa tendenza di agire hanno difficoltà a farlo.

È un cluster diagnostico, quindi è una vera e propria diagnosi che si può fare in età evolutiva se queste difficoltà si presentano per più tempo, circa sei mesi e quasi tutti i giorni della vita del bambino, e si presentano soprattutto in due contesti di vita, quindi il bambino manifesta queste difficoltà sia nel contesto familiare che nel contesto scuola. Al fine di effettuare la diagnosi il bambino deve rientrare all’interno di questi criteri, ma al di là della diagnosi clinica si possono vedere come delle difficoltà che si muovono all’interno delle dimensioni che ho sopracitato. Quindi ci possono essere tanti bambini che possono rientrare tra quelli con difficoltà di comportamento anche se non aderiscono perfettamente ai criteri diagnosti che ho appena elencato.

Quali sono i principali comportamenti di un alunno con disturbo oppositivo provocatorio?

Rimanendo all’interno dell’idea della dimensione, quelle all’interno delle quali afferiscono dei comportamenti difficili sono la dimensione dell’umore collerico, dove avremo un bambino che è spesso permaloso, di cattivo umore, che se la prende per avvenimenti che dall’esterno possono sembrare di poco conto. Il problema in questo caso è che il sistema emotivo è fortemente sollecitato, le emozioni del bambino sono molto intense, quindi sente che quello che è accaduto gli ha generato un’emozione molto forte ed etichetta mentalmente l’episodio come qualcosa di effettivamente importante e grave dal suo punto di vista, che è un punto di vista che nasce dopo che ha sentito l’emozione molto forte dentro di lui.

Il secondo gruppo di sintomi ruota intorno all’idea della provocatorietà e dello scarso rispetto delle regole, quindi non solo c’è una difficoltà a capire l’importanza della regola, ma c’è una difficoltà a rispettare l’autorità. Spesso nella mente del bambino con disturbo oppositivo provocatorio questa autorità è vista come un’autorità ingiusta e poco interessata a lui e tutto questo poi si manifesta a volte attraverso un comportamento di sfida o di oppositorietà marcata, anche quando, da un punto di vista esterno, le regole adottate anche per i bambini con disturbo oppositivo provocatorio sono regole che la maggior parte dei bambini sono in grado di rispettare, che sono di normale convivenza all’interno del contesto in cui è inserito il bambino.

Purtroppo da una parte la difficoltà a regolare l’impulso, che spesso questi bambini hanno, gli rende veramente difficile rispettare la regola, quindi per alcuni bambini non è che non comprendano l’importanza della regola, la capiscono, vorrebbero rispettarla perché hanno chiaro che rispettando le regole si può andare più d’accordo con gli altri, sia con gli inseganti che con gli altri bambini. Per fare tutto ciò nel corso dello sviluppo bisogna imparare a rispettare delle regole, però se il tuo impulso ad agire è molto forte e non riesci a controllare volontariamente questo comportamento, il rispettare le regole e stare dentro ai binari delle regole è molto più difficile.

Non solo, consideriamo che questi bambini tendono a combinarne tante e quindi, a volte, nel momento in cui il bambino rispetta una regola, questo comportamento passa come se fosse invisibile, nel senso che siccome ne combina dieci al giorno, la volta che invece riesce a rispettare la regola nessuno glielo riconosce, o comunque glielo riconoscono di meno. Questo piano piano, giorno dopo giorno, capite bene che rende ancora più difficile per il bambino comprendere l’importanza del rispetto della regola. Cioè se nessuno me lo riconosce, perché magari ne combino tante, per me sarà ancora più difficile rispettare questa regola, senza colpevolizzare il contesto perché è naturale che spesso si formi in questo modo.

Tra i bambini con difficoltà del comportamento, a volte un numero più ristretto di loro possono emettere comportamenti anche più vendicativi-dispettosi, qui c’è proprio la volontà di fare del danno all’altro. Inoltre una piccola percentuale di bambini con difficoltà di comportamento hanno una primaria difficoltà nello sviluppo della cosiddetta empatia, ovvero dell’interesse e dell’affettività con l’altro, questo a volte li rende marcatamente dispettosi, potremmo definirlo così da un punto di vista esterno.

Perché partire dalla scuola primaria? Quali sono i benefici di un intervento precoce?

I benefici di un intervento precoce sono infiniti. Se noi fossimo in grado anche attraverso un coinvolgimento della scuola, attraverso un maggior investimento di risorse per fare questi interventi e questi tipi di formazione agli insegnanti a scuola, penso che riusciremmo veramente a fermare quella che noi clinici chiamiamo una cascata dei fattori di rischio. Il bambino con disturbo del comportamento manifesta tutte le difficoltà che ho detto, anche se in maniera più sfumata, fin dall’età prescolare, quindi fin dall’età della scuola dell’infanzia.

Queste difficoltà poi si manifestano all’interno di specifici contesti relazionali e, se nessuno interviene, poi creano quelli che chiamiamo effetti a cascata dei fattori di rischio, ovvero che il bambino con difficoltà di comportamento ad esempio inizia ad avere difficoltà di relazione con i pari, viene a volte un po’ emarginato oppure può avere delle difficoltà di relazione all’interno della classe, iniziano ad avere difficoltà in famiglia e via dicendo. Se nessuno spiega che il bambino con difficoltà di comportamento non lo sta facendo a posta, se non si prendono le giuste misure con le difficoltà di questo bambino, si creano tutta una serie di ulteriori problematiche al bambino stesso e al suo contesto. Quindi l’intervento precoce, anche solo formativo o informativo, sarebbe veramente molto importante.

Noi abbiamo voluto scrivere questo libro pensando agli insegnanti della scuola primaria, perché di fatto la massima espressione di difficoltà di comportamento si ha nei primi anni della scuola primaria e poi, purtroppo, spesso si trascinano o peggiorano questi comportamenti durante gli altri anni della scuola. Questo probabilmente avviene perché all’interno della scuola primaria le capacità di regolazione del comportamento sono maggiormente stressate, il contesto classe diventa un contesto più complesso da gestire per il bambino, le richieste prestazionali, dal punto di vista scolastico, aumentano.

Apro una parentesi, molti di questi bambini che hanno difficoltà di comportamento spesso hanno anche difficoltà o disturbi specifici dell’apprendimento, quindi queste due difficoltà si potenziano a vicenda nel determinare le loro difficoltà di inserimento all’interno del contesto scuola, soprattutto nella scuola primaria dove si hanno i primi rapporti con l’apprendimento più strutturato. Oltre a questi motivi abbiamo pensato di scrivere questo libro per gli insegnanti della scuola primaria perché è proprio all’interno della scuola primaria che questi bambini con difficoltà di comportamento creano anche delle difficoltà agli altri bambini della classe, perché comunque, fermo restando tutta la comprensione o l’empatia che ho nei confronti dei bambini con difficoltà di comportamento, capisco perfettamente il fatto che in classe gli altri bambini possano avere delle conseguenze negative o comunque soffrire anche emotivamente per i comportamenti e gli atteggiamenti del bambino con difficoltà di comportamento.

Non solo, credo anche che avere in classe uno o a volte anche due bambini con difficoltà di comportamento possa provocare anche un livello di stress emotivo nelle figure degli insegnanti stessi, quindi abbiamo provato a scrivere questo libro cercando di indicare alcune vie all’insegnante per comprendere meglio le emozioni e i comportamenti dei bambini con difficoltà di comportamento, ma forse l’aspetto più originale del nostro scritto è il fatto che abbiamo cercato di aiutare l’insegnante, pagina dopo pagina, anche a leggere meglio le loro emozioni, le loro reazioni di fronte a un bambino che ha delle difficoltà di comportamento durante la giornata di scuola.

Chiudiamo con un’ultima domanda. Quali sono i suggerimenti che si sente di dare ad un insegnante quando si trova a dover gestire questa tipologia di alunni?

Riprendo l’ultimo punto della domanda precedente dicendo che il primo passaggio fondamentale, che è la base per costruire tutto ciò che può venire dopo, è la lettura delle proprie emozione e della propria tendenza a reagire. I comportamenti che i bambini con disturbo del comportamento posso emettere in classe mettono a dura prova l’insegante perché il bambino spesso sfida l’insegnante stesso.

Sono comportamenti che generano paura e preoccupazione, perché potrebbero farsi male o far male a qualcuno. Quindi è importante innanzitutto soffermarsi con un atteggiamento di attenzione e non di giudizio sulle proprie emozioni.

È normale trovarsi in difficoltà di fronte a un bambino che ha questi comportamenti, accogliere, accettare le proprie emozioni e le proprie difficoltà. Il secondo passaggio, che abbiamo cercato di delineare comportamento dopo comportamento, è quello di cercare di comprendere e mettersi nei panni del bambino che hanno di fronte, e quindi cercare di comprendere qual è l’emozione o il pensiero che in quel momento sta guidando quel comportamento e cercare di sintonizzarsi con quella emozione o con quel pensiero, cercando di non giudicarlo, di avere un atteggiamento curioso verso l’emozione e il pensiero del bambino stesso.

Tutto ciò, ribadisco, è possibile solo se prima abbiamo fatto un lavoro sulle nostre emozioni, gli abbiamo dato un’occhiata, proprio con la consapevolezza che è normale di fronte a questi bambini sentirsi in difficoltà. Successivamente, come terzo punto, abbiamo cercato di indicare effettivamente cosa fare, che tipo di linguaggio usare, che tipo di intervento poter effettuare e sulla linea dell’intervento abbiamo sempre cercato di suggerire delle azioni su due livelli.

Il primo livello è l’intervento sul momento sul bambino in difficoltà, il secondo livello è un intervento più su tutta la classe, perché non dobbiamo dimenticare che il bambino con difficoltà di comportamento è sempre inserito all’interno di una classe e quindi abbiamo cercato di dare delle indicazioni su come intervenire con il bambino e allo stesso tempo come cercare di intervenire su tutta la classe, in modo tale che comprenda la difficoltà del bambino, per quanto poi dipenda dall’età dei bambini il come farlo, e abbiamo cercato di delinearlo pagina dopo pagina, comportamento dopo comportamento nel libro che abbiamo scritto.

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