“Compiti a casa sì e compiti no?”. Questo argomento è uno dei più dibattuti quando parliamo di istruzione. Diversi ricercatori sono scettici sui benefici dei compiti a casa. E lo sono, per la verità, ormai più diffusamente, alcuni insegnanti. Altri, invece, li ritengono utili e indispensabili. Siamo abituati, in alcuni casi, a fare i compiti a casa come parte del programma di apprendimento di una scuola, ma i compiti non sono obblighi disciplinati bensì parte delle numerose opzioni didattiche ed educative che le scuole hanno previsto e prevedono nelle loro articolazioni organizzative della didattica (non tutte le scuole, naturalmente). Ma non tutte le scuole ne fanno patrimonio e tesoro. Poche di esse ne finalizzano la loro esecuzione. Cosa sono effettivamente e come coinvolgere docenti e alunni, genitori e dirigenti scolastici nel dibattito pedagogico e metodologico?
Il pendolo educativo
Alcune scuole stanno eliminando i compiti pomeridiani, anche se la tendenza a non fare i compiti può sembrare allarmante. Altre, invece, stanno ragionando su nuove visioni pedagogiche di questo impegno e stanno rimodulando il tempo dedicato ad essi. Il dibattito non è nuovo. Genitori ed educatori hanno parlato di questo argomento per tutto il secolo scorso, facendo oscillare il pendolo educativo avanti e indietro tra la necessità dei compiti e la necessità di eliminare i compiti.
Il problema con i compiti, per alcuni studiosi, evidenzia le disuguaglianze
Uno dei grandi, ma spesso dimenticati, problemi collegato ai compiti è il modo in cui tale fattore colpisca in modo sproporzionato gli studenti provenienti da famiglie meno benestanti. L’American Psychological Association (APA) ha affermato che: “i bambini provenienti da famiglie più ricche hanno maggiori probabilità di avere risorse come computer, connessioni Internet, aree dedicate per fare i compiti e genitori che tendono ad essere più istruiti e più disponibili ad aiutarli con compiti difficili. I bambini provenienti da famiglie svantaggiate hanno maggiori probabilità di lavorare dopo la scuola o di essere a casa senza supervisione la sera mentre i loro genitori svolgono più lavori. Mentre gli studenti che crescono in aree più ricche probabilmente praticano sport, partecipano ad altre attività ricreative dopo la scuola o ricevono doposcuola, i bambini nelle aree svantaggiate hanno maggiori probabilità di andare al lavoro dopo la scuola (spesso in maniera irregolare), di avere affidati i fratelli più piccoli mentre i loro genitori lavorano. Aggiungere i compiti nel mix è un’altra cosa da affrontare – e se lo studente sta lottando nella quotidianità delle dinamiche familiari – i compiti a casa possono essere troppo da considerare alla fine di una già lunga giornata scolastica.
Un fardello da affrontare a casa: in alcuni casi sono alti i livelli di stress
Tutti gli studenti si lamentano, inevitabilmente, per i compiti a casa. Nessuno escluso. Però, per alcuni di essi può essere più di un semplice fastidio, diventando un altro fardello da portare e con cui lottare. Al di là dei problemi logistici, i compiti a casa possono avere un impatto negativo sulla salute fisica e sullo stress – e ancora una volta questo può essere un problema più significativo tra i giovani economicamente svantaggiati che in genere hanno un livello di stress più elevato rispetto ai loro coetanei che vivono condizioni socioculturali meno svantaggiate. Eppure, oggi, non sono solo le persone svantaggiate a soffrire dei fattori di stress che i compiti infliggono. Una recente ricerca dal titolo “I compiti a casa fanno ammalare tuo figlio?” ha mostrato come i risultati siano preoccupanti un po’ per tutti. “La ricerca ha dimostrato che i compiti eccessivi sono associati a livelli elevati di stress, problemi di salute fisica e mancanza di equilibrio nella vita dei bambini”. Quando si tratta di salute e stress, è chiaro che i compiti eccessivi, per i bambini di entrambi gli estremi, possono essere dannosi.
Ricerche e studi sull’utilità di assegnare compiti per casa in maniera bilanciata e equilibrata: l’esperienza dell’IC “Rettore Filippo Evola”
Da molto tempo la comunità pedagogica internazionale, dicevano sopra, dibatte ancora sull’utilità di assegnare una quantità adeguata di compiti a casa, bilanciata e non eccessiva. Per meglio dire, assegnare quei compiti a casa che siano davvero necessari e utili alla crescita educativa dei nostri alunni. Una ricerca sui compiti a casa, pubblicata a novembre del 1989 sull’autorevole rivista Educational leadership, circoscriveva in modo chiaro gli obiettivi di questa attività didattica extrascolastica, che ha lo scopo, si legge, di “aumentare la conoscenza e migliorare le capacità e le abilità degli studenti”. Oggi diremmo competenze, chiarisce nella brillante circolare (numero 56 del 31 ottobre 2022) il DS prof. Benedetto Lo Piccolo, alla guida dell’istituto Comprensivo “Rettore Filippo Evola” di Balestrate, che, quest’anno, ha avviato un importante dibattito educativo e metodologico, pedagogico e formativo, su “Compiti a casa ed efficacia degli apprendimenti”. Qualche anno dopo (2014), un rapporto dell’Ocse evidenziava come gli studenti italiani trascorrevano in media quasi 9 ore la settimana a fare i compiti contro una media Ocse di 4,9 ore. Ma quel compito, “quell’esercizio in più’”, a casa, non inciderebbe minimamente sui risultati dell’apprendimento dei nostri alunni che continuano a conseguire risultati più’ bassi dei loro “colleghi europei”.
Altri studi affermano che i compiti sono un’occasione per favorire l’acquisizione di responsabilità, autostima e autonomia da parte del bambino
Alcuni studi e ricerche – precisa il dirigente scolastico Benedetto Lo Piccolo – sottolineano quanto i compiti siano un’occasione per favorire l’acquisizione di responsabilità, autostima e autonomia da parte del bambino (che impara a condividere e gestire le emozioni vissute nella quotidianità), per sviluppare un corretto coinvolgimento dei genitori in questo tipo di attività, oltre che essere di estrema utilità nel consolidare la partnership tra scuola e famiglia. Ma, se il carico di lavoro impegna oltre le due ore giornaliere, allora diventa “pesante” e i compiti a casa si trasformano in un’ulteriore criticità in situazioni familiari di per sé già complesse. Tale organizzazione favorisce un clima di tranquillità in famiglia con la possibilità per gli alunni di poter svolgere nel loro tempo libero le attività legate alla vita di comunità (religiose, sportive, coreutiche o semplicemente ricreative), specialmente durante i fine settimana e i periodi di sospensione delle attività didattiche (natalizie, pasquali o estive). Dunque, talvolta, posizioni distante che, però, ci impongono di avviare un dibattito serio e produttivo nelle nostre scuole.
Avviare una riflessione sull’effettivo carico di lavoro da assegnare
Inoltre, in aggiunta a quanto affermato nel precedente paragrafo dell’articolo, sarebbe opportuno avviare una riflessione sull’effettivo carico di lavoro da assegnare per casa, per evitare che, per fare contenti i loro insegnanti, imparino a memoria quanto appreso, invece di trasformare le conoscenze in competenze applicabili nella vita. Purtroppo, ad oggi, tale pratica non sempre prevale sulle scelte dei docenti.
Sono validi ed efficaci i compiti che stimolano la riflessione, l’ipotesi, che sviluppano le capacità di ragionamento matematico
Compiti validi ed efficaci, dunque. Compiti rispettosi dei tempi e degli spazi dei nostri alunni. Scrive il professore Benedetto Lo Piccolo, non semplicemente un eccellente dirigente scolastico, ma principalmente un validissimo pedagogista “ritengo più validi ed efficaci quei compiti che stimolano la riflessione, l’ipotesi, che sviluppano le capacità di ragionamento matematico, per esempio, l’espressione «se A allora B» equivale a dire «A è condizione sufficiente per B» o, in modo equivalente, «B è condizione necessaria per A», ossia abbiamo fatto uso, nel linguaggio logico degli enunciati, del connettivo detto: “implicazione o implicazione logica” che si fonda sui dati statistici acquisiti e sul calcolo delle probabilità. In questa maniera i ragazzi oltre a divertirsi, magari con i genitori, iniziano a scoprire soluzioni che sono scientificamente validate”.
Un suggerimento utile: un numero di compiti adeguati al raggiungimento dell’obiettivo e tempo pomeridiano da dedicare alla socializzazione e alla persona
Il prof. Benedetto Lo Piccolo, nella sua utilissima circolare, quella si partorisce con l’intento di costruire percorsi virtuosi nelle proprie scuole, fornisce un utilissimo suggerimento: “nel rispetto delle libertà costituzionali, a parere dello Scrivente, è opportuno che si assegnino per casa un numero di compiti adeguati che dimostrino il raggiungimento dell’obiettivo, e, nel contempo, si conceda ai giovani discenti anche il tempo pomeridiano da dedicare alla socializzazione e allo sviluppo della propria persona. È auspicabile ai fini della rendicontazione sociale, che si adottino con il team di colleghi e con le famiglie, soluzioni condivise e trasparenti, dichiarate in modo esplicito nel PTOF compresi i criteri a cui i docenti hanno deciso di attenersi per i compiti per casa e le relative verifiche e valutazioni”.
, 2022-11-29 07:15:00, “Compiti a casa sì e compiti no?”. Questo argomento è uno dei più dibattuti quando parliamo di istruzione. Diversi ricercatori sono scettici sui benefici dei compiti a casa. E lo sono, per la verità, ormai più diffusamente, alcuni insegnanti. Altri, invece, li ritengono utili e indispensabili. Siamo abituati, in alcuni casi, a fare i compiti a casa come parte del programma di apprendimento di una scuola, ma i compiti non sono obblighi disciplinati bensì parte delle numerose opzioni didattiche ed educative che le scuole hanno previsto e prevedono nelle loro articolazioni organizzative della didattica (non tutte le scuole, naturalmente). Ma non tutte le scuole ne fanno patrimonio e tesoro. Poche di esse ne finalizzano la loro esecuzione. Cosa sono effettivamente e come coinvolgere docenti e alunni, genitori e dirigenti scolastici nel dibattito pedagogico e metodologico?
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