Conoscenza, nel mondo del sapere tra nozioni e illusioni

Che ne sappiamo noi del mondo? E delle persone, da quelle che abbiamo pi care ai perfetti sconosciuti? E di noi stessi che cosa sappiamo? Sempre troppo poco. Per questo uno dei motori fondamentali della vita che non ci stanchiamo mai di inseguire con le emozioni, lo studio, la curiosit, la conoscenza.

Eredit antica. La conoscenza l’abbiamo ricevuta dal tardo latino cognoscentia, derivazione del verbo cognoscĕre ossia conoscere. Ma c’ un nucleo all’interno di cognoscĕre che ci porta al greco antico gnsis, vocabolo comune il cui significato originario era proprio conoscenza. E con questo siamo solo all’inizio del viaggio.

Le sfumature del conoscere. La conoscenza va oltre il possesso di alcune nozioni o di un complesso articolato di nozioni: ha un significato pi ampio che attiene non solo alla comprensione dei fatti o delle persone, ma la consapevolezza di questa comprensione. Apparentemente conoscere e sapere sono sinonimi. Ma conoscere molto pi specifico nell’indicare le relazioni interpersonali (lo conosci Claudio? Conosco Sandro, non avrebbe mai accettato un compromessocos; se parli cos a Paolo vuol dire che non lo conosci). La differenza tra i due verbi, anche se a rapporto invertito, diventa pi chiara esaminando i sostantivi derivati: la conoscenza e la sapienza, dove quest’ultima indica una competenza ampia e profonda, addirittura il massimo che si pu raggiungere, mentre la conoscenza pu anche essere superficiale.

La conoscenza e la felicit. Aristotele chiama la felicit eudaimonia, la buona riuscita del tuo demone, della tua vocazione, ci per cui sei portato. Se tu raggiungi il tuo demone sei felice. Ma per perseguire il tuo demone, la tua vocazione prima di tutto devi conoscerlo. Quindi diventa fondamentale il primo precetto enunciato dall’oracolo di Delfi e ripreso da Platone conosci te stesso perch, se non sai chi sei non puoi conoscere il tuo demone e quindi realizzarlo.

E a proposito di felicit e di conoscere. Un tizio che dovreste assolutamente conoscere si chiama Frdric Beigbeder, ed stato uno dei pi importanti pubblicitari francesi. Poi ha deciso di cambiare vita e scrivere un libro sul suo lavoro che evidentemente conosceva molto bene: Nel mio mestiere – scrive – nessuno desidera la vostra felicit, perch la gente felice non consuma.

Digressione su una letterina fastidiosa. Conoscenza e coscienza sono due parole molto vicine, entrambe hanno a che fare con l’ambito del sapere (la conoscenza l’abbiamo visto, la coscienza per quello che riguarda la consapevolezza di s e delle proprie azioni), ma hanno una origine diversa. Che ci aiuta anche a capire perch in una delle due appare quella i (coscienza) che nell’altra non c’. La colpa del latino, in cui il verbo scio, che significa so, ha la i, mentre cognosco conosco non ce l’ha. E di conseguenza abbiamo coscienza, incoscienza, scienza con la i (perch derivano tutti da scio); invece conoscere, conoscenza, riconoscenza la i non ce l’hanno (perch derivano da cognosco che quella i non la conosce proprio).

La conoscenza biblica. Con questa locuzione si intende il rapporto sessuale. All’origine di questa interpretazione c’ il libro della Genesi che all’inizio del quarto canto, nel descrivere i primi momenti della vita di Adamo ed Eva usa l’espressione: Adamo conobbe Eva, sua moglie, la quale concep e partor Caino… (citiamo la versione riveduta dalla Conferenza Episcopale italiana nel 2008). evidente che la conoscenza in questo caso rappresenta pi di un incontro e apre il discorso alla fertilit e alle generazioni seguenti. Il suo uso non in ambito biblico fa parte delle scorciatoie colloquiai di cui ci serviamo se ci serve descrivere un fatto in modo ironico o mascherato.

Una variante proverbiale. Ce la offre Dante nel XXVI canto dell’inferno, In uno dei versi pi famosi della sua Commedia, non a caso pronunciato da Ulisse nel momento di oltrepassare i limiti allora conosciuti (le colonne d’Ercole). Rivolgendosi ai compagni li esorta a proseguire il viaggio: Considerate la vostra semenza: fatti non foste a viver come bruti, ma per seguir virtute e canoscenza. Canoscenza perch canoscere una variante arcaica di conoscere. Che non saremmo fatti per viver come bruti, cio schiavi dell’ignoranza, invece non ha cambiato neanche un briciolo di significato.

Parole nuove, vizi antichi. I migliori dizionari riportano appena possono le parole nuove, i neologismi che vanno ad arricchire il linguaggio in perenne evoluzione. Nel 2008 il dizionario Treccani introdusse la locuzione lavoratore della conoscenza definendolo cos: Chi mette a profitto conoscenze teoriche e specialistiche, spesso con contratti di collaborazione, specialmente nel mercato editoriale, dell’economia e delle tecnologie dell’informazione. E tra gli esempi cita un articolo del nostro Danilo Taino, pubblicato sul Corriere della Sera il 27 gennaio 2006: la societ dell’informazione ha cambiato la qualit dei lavoratori: oggi, in un’impresa dei servizi, i lavoratori della conoscenza sono almeno il 25%. Quelli che non sono cresciuti, nella societ dell’informazione, sono i contratti adeguati e gli stipendi per questi lavoratori. Ma questo un tema antico (da leggere e rileggere Luciano Bianciardi Il lavoro culturale, un romanzo del 1957).

Sensibilit e rapporti. Questa parola, dai confini cos straordinariamente estesi ha contribuito a formare una vasta serie di espressioni che ci aiutano nel linguaggio quotidiano. Se la conoscenza rappresenta la nostra capacit di vedere, informarci, approcciare la realt, perdere conoscenza descrive la brusca interruzione di questa interazione, lo svenimento. Quando riteniamo di dover coinvolgere un terzo soggetto, oltre a quello cui stiamo scrivendo perch sappia quello che vogliamo dire, aggiungiamo il suo indirizzo per conoscenza. Dire “ho fatto la sua conoscenza” non ha particolari sottintesi e vuol dire solo l’ho incontrato, mi stato presentato, tanto vero che con un conoscente, il rapporto molto superficiale. Il plurale di questa parola invece si preso una inflessione non proprio positiva: infatti quando parliamo di conoscenze le accostiamo a rapporti non proprio trasparenti, a favori, a raccomandazioni. A situazioni in cui prima o poi ci toccher mostrare riconoscenza. Certa gente meglio non conoscerla.

La conoscenza la pi grande rivoluzione. Lo ripete spesso, quando incontra giovani studenti il premio Nobel Giorgio Parisi. La scienza nasce dalla curiosit. Dal saper guardare la realt con occhi diversi, osserva Parisi, che insiste: Dobbiamo insegnare ai ragazzi ad assecondare la curiosit, inserendola nel metodo scientifico. In questo modo si pu realizzare la pi grande rivoluzione, che la conoscenza: il migliore ascensore sociale.

12 dicembre 2023 (modifica il 12 dicembre 2023 | 18:46)

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