Corsi e ricorsi costosi

l’editoriale Mezzogiorno, 1 luglio 2022 – 09:46 L’incubo inflazione di Sergio Talamo Oddio, l’inflazione. Dolci ricordi d’infanzia, come quel primo di luglio che sanciva per molti l’inizio delle vacanze. Papà guardava il tg in un tal silenzio che si sentiva il rumore del cucchiaio. A noi piccoli e alla mamma faceva impressione quando, con aria seriosa, concludeva: «Questa maledetta crisi petrolifera!». Lui, orgoglio dei mercati ortofrutticoli salentini, portava di botto un’intera famiglia nel lontano Medio Oriente, nelle preghiere della festa ebraica dello Yom Kippur. Fu allora, ottobre 1973, che Egitto e Siria lanciarono l’attacco da cui nacque l’impennata dei costi per l’energia. Papà Ronzino l’inflazione se la masticò a pranzo e colazione per anni e anni. Prezzi che schizzavano di botto e pensieri da non dormirci la notte. Come faccio a tenere basse le zucchine se ai mercati generali vanno alle stelle? Certo, posso comprarmi dei bot, perché lo Stato ha bisogno di liquidi e anche a me, che gli strozzini mi fanno schifo, darà il 20% di interessi all’anno. Ma quando il carovita in pochi anni passa dal 5 al 18%, e i tassi di interesse sono al 25, e quando la lira fa su e giù come al luna park, i problemi diventano abissali. Come fare la spesa. Come cambiare il salotto. Come mandare all’università i tuoi figli. Eppure papà Ronzino ce la fece. Negli anni ’80 il governo l’inflazione la prese per le corna e la riportò all’ovile. Usò la svalutazione della lira in modo oculato per favorire la ripresa e l’export. I soldi ripresero a girare e i consumi pure, ma senza più generare perdita del potere d’acquisto dei salari. Papà Ronzino si mangiava con gli occhi il negozio di frutta che aveva sostituito il vecchio banco di assi di legno. E i suoi figli entravano all’università proprio mentre l’Italia cambiava pelle e cominciava a pensare in europeo. Vi furono momenti durissimi, è vero. Ma l’euro, per anni accudito nell’incubatrice dell’Unione, fu una ventata di entusiasmo pazzesco. Nel 2002, trecento milioni di europei avevano la stessa moneta, e poi libertà di circolazione e senso di appartenenza ad un destino comune. Ma l’economia italiana non andava bene, da anni la produttività scendeva mentre il debito pubblico saliva. Così, pochi anni dopo arrivò la Grande Speculazione sul debito. Quindi, i governi tecnici e una stretta sulla spesa e sui tassi che paralizzò lo sviluppo e la ricerca, l’impresa e la pubblica amministrazione. Ci siamo risvegliati nel 2020 con lo spread fra i bundt tedeschi e i nostri btp. Più è alto lo spread, più costa farsi prestare i soldi. Papà Ronzino ora è anziano, ormai, ma non ha perso l’abitudine di ascoltare i programmi di economia e commentarli: «Sentite a ‘mmia, la prossima asta, deserta finisce». Faceva il serio, ma dentro di sé era tranquillo. Lui che aveva visto galoppare l’inflazione, sapeva istintivamente che l’epoca-euro restava comunque una garanzia. Specie da quando alla Banca Centrale Europea c’era un italiano che aveva sentenziato che serviva fare “whatever it takes”, tutto ciò che occorre per sostenere l’economia dell’Unione. Una politica espansiva per soccorrere i titoli di Stato dei Paesi più esposti. Prestare a tassi bassissimi. Stoppare le speculazioni. Con l’inflazione all’1,7% vigilata da Draghi, pensava papà Ronzino, cosa ci può accadere di così tragico? E poi c’è il Recovery Plan.Poi c’è stata la guerra in Ucraina. L’aumento forsennato dell’energia, dei prezzi delle materie prime e del grano. L’inflazione viaggia verso il 9%. Noi, con tanto di studi universitari, ci troviamo a maneggiare un capitolo nuovo. Papà Ronzino, dal canto suo, guarda la tv e si limita a scuotere la testa. 1 luglio 2022 | 09:46 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-01 07:47:00, L’incubo inflazione,

Pietro Guerra

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