Cos’è Vector, il nuovissimo drone fornito all’Ucraina che imbarazza la Germania

di Massimo Arcidiacono

Berlino afferma di non averne sentito parlare ma la società bavarese che li produce li ha già consegnati all’esercito di Kiev: non è un’arma ma fornisce tracciamenti crittografati

Questo articolo è stato pubblicato sulla newsletter “Il punto del Corriere della Sera”, inviata agli abbonati (gratis in prova per 30 giorni). Potete iscrivervi da questa pagina, dove trovate tutte le nostre newsletter, tra cui quella di LogIn.

C’è un drone che imbarazza la Germania di Olaf Scholz, il più reticente dei Paesi europei a fornire armamenti all’Ucraina. Non è un caso, d’altra parte, che gli Usa abbiano scelto la base di Ramstein nel land della Renania-Palatinato per il vertice di oggi con gli alleati, raduno che somiglia molto a una conta dei disponibili allo sforzo militare comune. È bastato, così, che tre uomini delle forze di Difesa territoriale di Dnipro postassero la loro foto con un Vector, drone prodotto dalla bavarese Quantum System, per attirare l’attenzione del Times e far deflagrare le contraddizioni che agitano il Palazzo di Berlino.

Contraddizioni

Gli ucraini avevano messo gli occhi da un po’ sul nuovo modello della start-up di Monaco utile a guidare dal cielo i colpi della loro artiglieria, ma si erano scontrati con l’indisponibilità del governo tedesco a fornire nient’altro che elmetti e armi leggere anticarro. Invece, è bastato che il console ucraino a Monaco, Dmytro Shevchenko avvicinasse il ceo di Quantum System, Florian Seibel e che Hennadiy Korban – l’oligarca conosciuto prima della guerra soprattutto per i Klimt e i de Lempicka della sua collezione di arte moderna – versasse il dovuto, per recapitare il gioiellino hi-tech a destinazione. Sono trascorsi solo cinque giorni tra il contatto iniziale e la firma del contratto, ha detto Seibel alla stampa tedesca, confermando che «i nostri primi droni sono già in Ucraina», mentre il «tweet fissato» sull’account di Quantum System adesso recita: «Siamo orgogliosi di aiutare dove possiamo #StandWithUkraine». Il problema è che, nelle stesse ore, a precisa domanda il portavoce della ministra della Difesa, la socialdemocratica Christine Lambrecht, rispondeva: «Non avevamo mai sentito parlare di droni di questo tipo».

Tecnologia avanzata

Seibel

, 42 anni, ha studiato alla Universität der Bundeswehr di Monaco, poi ha prestato servizio in aeronautica per 16 anni, infine ha fondato la sua società, senza forse prevedere simili sviluppi, anche perché la storia del suo drone è tanto più sorprendente se si considera che non è un’arma in senso stretto. Non sgancia ordigni ma piace ai militari per la sua avanzata tecnologia di volo e tracciamento laser. Un Vector costa solo 180 mila euro, non è troppo grande né troppo piccolo e nonostante i quasi tre metri di apertura alare, non ha nemmeno bisogno di una pista: decolla in verticale, s’inclina quel tanto che basta e viaggia per un massimo di due ore, sfuggendo ai radar. Fornisce video in tempo reale e ad alta risoluzione fino a 15 chilometri di distanza, ma sono due le caratteristiche che rivelano la sua attitudine militare: il drone invia le immagini in forma crittografata e, all’occorrenza, può passare «al volo planare in modalità silenziosa». L’obiettivo ucraino è quello di utilizzarli in combinazione con droni armati, come i Bayraktar TB2 turchi, relativamente lenti e vulnerabili ma micidiali. Insomma, i Vector vanno in avanscoperta e individuano l’obiettivo, poi arriva qualcun altro a sbrigare la faccenda. Le commesse fioccano. Le forze speciali americane ne hanno già ordinato per un valore di sette milioni di euro e anche le forze armate tedesche hanno richiesto otto Vector la scorsa settimana. Strano che il ministero della Difesa non ne avesse mai sentito parlare… ha chiosato con un po’ di sarcasmo Matthias Koch su Rnd.

In Ucraina per sperimentare

Nei fatti, il caso Vector conferma le conclusioni di un lungo articolo del Jerusalem Post: «L’Ucraina sta rapidamente diventando il banco di prova per nuovi tipi di droni, in modo che altri Paesi possano valutare la loro efficacia nelle guerre future». Dopo i TB2, i piccoli modelli commerciali di produzione cinese, i più grandi American Reaper, si è passati agli Switchblade e ora sono in arrivo i prototipi del kamikaze Phoenix Ghost, con un progressivo adeguamento a ciò che l’utilizzo sul campo sta selezionando, un morto dopo l’altro. Ciò che vogliono gli eserciti oggi non è una manciata di grossi droni del valore di centinaia di milioni di dollari, stracolmi di tecnologia che rischia di finire in mano al nemico (come i Global Hawk o i Sentinel americani), ma un gran numero di piccoli oggetti, facili da gestire e trasportare, azionabili da un tablet a distanza e anche di notte, sacrificabili e quindi imbottiti di esplosivo capaci di schiantarsi inesorabili sul bersaglio. I nerd paramilitari dell’unità Aerorozvidka hanno avuto il merito di capirlo in anticipo, all’indomani dell’annessione russa della Crimea. Lo Stato maggiore ucraino quello di assecondarli: il sito Censor.net già nel 2018 dava notizia della decisione di voler acquistare un minimo di 500 Uav (veicoli aerei senza equipaggio), e gli ultimi due mesi hanno confermato la bontà delle nuove regole d’ingaggio orientando il destino della contesa. «I droni sono un vero punto di svolta nella guerra corazzata» ha detto Michael Clarke, ex direttore del Royal United Services Institute, che insegna strategia militare al King’s College di Londra.

26 aprile 2022 (modifica il 26 aprile 2022 | 08:19)

© RIPRODUZIONE RISERVATA

, 2022-04-26 06:38:00, Berlino afferma di non averne sentito parlare ma la società bavarese che li produce li ha già consegnati all’esercito di Kiev: non è un’arma ma fornisce tracciamenti crittografati, Massimo Arcidiacono

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *

Questo sito usa Akismet per ridurre lo spam. Scopri come i tuoi dati vengono elaborati.

Exit mobile version