Cos’ha detto Beppe Grillo su Putin, sull’invasione dell’Ucraina e sul massacro dei civili (spoiler: niente)

di Alessandro TrocinoBeppe Grillo non ha mai condannato Putin, né ha mai parlato pubblicamente della guerra. Ma gli archivi fanno riemergere antiche posizioni: eccole Ci sono due grandi leader italiani che non hanno mai condannato Vladimir Putin da quando è iniziata l’invasione. Anzi, hanno evitato accuratamente di pronunciare il suo nome. Uno è Silvio Berlusconi: solo una lunga riflessione ha partorito una condanna dell’invasione, ma il fondatore di Forza Italia ha omesso di pronunciare quel nome, evidentemente a debito di una vecchia amicizia che non poteva rinnegare. Perché forse per l’ex Cavaliere, come per il suo avversario storico Michele Santoro, il nemico dell’Occidente non è tanto Putin, quanto la guerra. Come se le ostilità si fossero accese per autocombustione e non ci fossero torti e ragioni, aggressioni e aggrediti. Si potrebbe opinare anche sulle evoluzioni acrobatiche di un altro vecchio amico del presidente russo, Matteo Salvini. Il leader leghista ha cercato di cancellare il passato, senza ridiscuterlo, con un viaggio in Polonia, ma è stato respinto con perdite da un sindaco che ha sventolato la sua maglietta filo Putin. Salvini ha condannato Putin, ma un po’ en passant. Come ha spiegato a «Report» il radicale Igor Boni, l’accordo di cooperazione tra Lega e Russia Unita è stato appena rinnovato automaticamente, come se niente fosse. E come se niente fosse, ieri Salvini ha esultato per la riconferma di Viktor Orbán. E pazienza se il premier ungherese ha detto di aver vinto anche «contro Zelensky» (e quindi al fianco di Putin). Scriveva Massimo Franco sul Corriere il 29 marzo: «Siamo di fronte a una miscela di resistenze, che dipendono dai legami politici tra i populisti e il Cremlino: a cominciare dalla Lega di Matteo Salvini e il Movimento 5 Stelle; ma anche dai rapporti personali con Putin di leader come Silvio Berlusconi, silente da molti giorni. D’altronde, è una zavorra difficile da dimenticare in poche settimane». Ma proviamo a concentrarci su un altro leader, se così possiamo chiamarlo, visto che il fondatore si è specializzato nel ghosting a intermittenza, sparendo per lunghi periodi dalla vita del Movimento per poi tornare a galla per salvare il salvabile. Parliamo evidentemente di Beppe Grillo. Giunti al quarantesimo giorno di guerra, cominciamo a preoccuparci. Non se ne ha più traccia da settimane. Si è eclissato, è diventato un ricordo sbiadito, un ologramma (come amava etichettare il presidente Mattarella). Non solo non ha mai nominato Putin in un intervento pubblico, da quando è cominciata l’invasione, ma non ha mai parlato neanche della guerra. Si comincia a sospettare che la notizia non l’abbia raggiunto, nel suo buen ritiro ligure. Forse Grillo non risponde più al telefono a Luigi Di Maio e a Giuseppe Conte. O forse il ministro degli Esteri e il nuovo leader non lo chiamano più. Gli archivi, maledetti, riportano in superficie alcune sue dichiarazioni vecchie (ma non troppo, del 2017): «La politica internazionale ha bisogno di uomini di Stato forti come Putin e come Trump». Ci sarebbe da fare, visti gli eventi, un mea culpa. Oppure ci sarebbe da cambiare rotta, visti gli eventi. Basterebbe un monologhino, uno di quei video surreali ai quali siamo abituati. Ma i politici nostrani (è vero, non è stato mai eletto, ma ha fatto eleggere centinaia di persone) sono abituati a non dare spiegazioni. A fingere che non sia successo niente. Figuriamoci l’Elevato, che non ha certo tempo per dare spiegazioni ai giornalisti, «cadaveri che camminano», come ama chiamarli (alcuni lo sono diventati davvero, in questa guerra). L’ultima settimana di post del blog è surreale: si registrano pezzi sulla scarsa diffusione dell’energia solare, lo stralcio da un libro del fondatore della fantomatica blue economy, Gunter Pauli. Poi dissertazioni alate sulle particelle di plastica, sulla realtà aumentata, sul reddito universale, sul metaverso, sui robot archeologici. Come se vivesse in una sua realtà (diminuita), in una dimensione altra. Grillo non sa, non vede, non parla. «Io grido» è il nome della sua rubrica sul blog, ma forse è tempo di cambiare titolo. La sua voce arriva ovattata, confusa, flebile. Proviamo un esperimento. Clicchiamo sulla lente di ingrandimento del suo sito, digitando la parola Putin. La prima voce che spunta risale al 26 dicembre del 2014. Titolo: Dalla Russia con amore. Hashtag: Putin. All’epoca il Movimento era per l’uscita dall’euro. Era l’anno delle proteste di Maidan. Gli ucraini volevano entrare in Europa, e venivano massacrati per questo, i grillini volevano uscire dall’euro. Grillo ma anche Luigi Di Maio (lo ripeteva ancora nel 2017). Il sommario del pezzo non firmato, che lancia la raccolta di firme per una legge popolare, è questo: «Faremo la fine del rublo se usciremo dall’Euro? Magari!». Ma andiamo avanti. Il 16 febbraio del 2022 Danilo Della Valle, munito di prestigioso master del ministero degli Esteri ecuadoriano, ridicolizza la propaganda Usa contro «il mito dell’orso russo», che farnetica di un’imminente invasione russa, sulla scia di una «narrazione classica russofoba». Il 2 agosto 2021, il blog pubblica un’intervista di Newsweek. A domanda su cosa pensi di Putin, Grillo risponde: «È certamente una persona che ha le idee chiare. Non temo affatto Putin. La Russia vuole fare commercio, non la guerra. L’antiputinismo ci costa miliardi in sanzioni». Il 10 marzo del 2014 Marcello Foa, che si presenta come «giornalista di scuola montanelliana» ed esperto di «tecniche di manipolazione dei media», racconta «la verità sull’Ucraina». Spiegando, naturalmente, che i «buoni» non sono affatto gli ucraini, ma i russi. Del resto il futuro presidente della Rai sarà ospitato spesso dal blog, sempre tessendo le lodi di Putin e del suo straordinario «sangue freddo» (14 aprile 2021). Il 25 marzo del 2016, il blog pubblica un intervento della Cgia di Mestre, ultimo di una lunga serie contro le sanzioni alla Russia, con un video dal titolo eloquente: «Io sto coi cattivi. Io sto con la Russia di Putin». Il 2 luglio del 2015, il sacro blog intervista lo scrittore Nicolai Lilin, che ci esorta a uscire dalla Nato e critica gli oligarchi ucraini per non aver scelto «uno come Putin che ama davvero il suo popolo e il suo Paese». E dire che, in un lontano passato, il blog nominava «woman of the year» Anna Politkovskaja, uccisa l’anno precedente, pubblicando stralci contro Putin. Ma era il 2006. Un’era geologica è passata, generazioni di rettiliani e di terrapiattisti sono stati soppiantati e Putin è passato dalla parte dei perseguitati dall’Occidente. Nel frattempo, nonostante gli auspici di Grillo, non siamo usciti dalla Nato, non siamo usciti dall’euro e non siamo più tanto amici di Putin. Eppure, Beppe Grillo non ha fatto un plissé. Non ha rivisto le sue idee, né ha giustificato i suoi cambi di rotta sotterranei. Ha taciuto. Anche quando Putin ha decretato la fine delle democrazie liberali. L’entusiasmo per le autocrazie non è mai scemato, semmai è andato in sonno per questioni di opportunità. È anche per questo che un Conte ondivago, con pochette o scamiciato, non è molto credibile quando parla di Russia. Perché ha una storia personale (vedi l’invito diretto a Putin per l’equivoca missione Covid) e un partito alle spalle (dal fondatore fino allo stesso Di Maio, per non parlare di Di Stefano e Petrocelli) che ha flirtato con i nemici della democrazia liberale. E perché c’è l’ombra di Grillo che incombe. Un fondatore che con le sue ambiguità del passato e con i suoi silenzi attuali, intorbida le acque della politica del Movimento. Pensare di far finta di niente, proprio ora che l’Europa è minacciata e anche l’Italia rischia di finire sotto tiro, è una tattica di piccolo cabotaggio. Ma non è mai troppo tardi. Ps. Ah, se vi state chiedendo come la pensa Grillo su Orbán, c’è questo pezzo del 2015 firmato da «comedonchisciotte.com», dove si elencano dieci risultati straordinari del premier ungherese, si depreca la «diffamazione» della stampa internazionale ai suoi danni e si spiega: «Qui da noi hanno perfino organizzato un girotondo per la democrazia contro l’antidemocratico Orbán. Che però è stato eletto da un’ampissima maggioranza, mentre qui i “girotondi democratici” non si sono accorti che non si vota ormai da 4 anni e Monti è andato su con una congiura di Palazzo. Quisquilie». 5 aprile 2022 (modifica il 5 aprile 2022 | 13:46) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-04-05 08:32:00, Beppe Grillo non ha mai condannato Putin, né ha mai parlato pubblicamente della guerra. Ma gli archivi fanno riemergere antiche posizioni: eccole, Alessandro Trocino

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