Crisanti, il debutto pirotecnico del senatore virologo: stipendio, giudizi, uscite polemiche

di Tommaso Labate

Le «mutazioni» del professore eletto con il Pd, all’attacco del neo ministro della Salute Orazio Schillaci: «Va giudicato in base ai fatti. Ma se la sua prima mossa è quella di togliere le mascherine dagli ospedali, allora mi permetto di dire che di sanità pubblica non capisce nulla»

«Mi adopererò per essere fautore e promotore di un dialogo aperto e costruttivo tra tutte le forze politiche per far strada alla pace», scriveva su Twitter il pomeriggio del 26 settembre, quando il conteggio delle quasi trentaseimila preferenze ottenute nella circoscrizione Europa era ultimato e l’elezione a Palazzo Madama divenuta ufficiale. Esattamente un mese dopo, con buona pace degli altrettanto buoni propositi, il professor Andrea Crisanti, oggi senatore del Pd, cancella gli eufemismi dal suo frasario e punta dritto sul neo-ministro della Salute, Orazio Schillaci. «Il ministro va giudicato in base ai fatti. Ma se la sua prima mossa è quella di togliere le mascherine dagli ospedali, allora mi permetto di dire che di sanità pubblica non capisce nulla». E visto che il concetto a qualcuno poteva non essere chiaro, eccolo pronto a rincarare la dose: «Togliere le mascherine dagli ospedali è una misura da analfabeti di sanità pubblica» (per la cronaca, il Consiglio dei ministri ha smentito le voci di uno stop all’obbligo, confermando che andranno ancora indossate in ospedali e Rsa).

Che il professor Crisanti sia uno che non le manda a dire è cosa nota. D’altronde, l’autorevolezza mista al parlar chiaro e diretto l’aveva reso, sin dal primo lockdown, uno degli «esperti» più ricercati dalle televisioni. La verve e l’approccio sono rimasti identici anche adesso che è un parlamentare del Pd e che in un mese scarso di legislatura all’opposizione s’è notato quasi più della presidente del Consiglio. In queste ore per gli affondi radiofonici (a Radio Capital prima e a Rai Radio Uno dopo) nei confronti del ministro Schillaci, che eliminando un pezzo dei provvedimenti anti-Covid del governo Draghi gli ha senz’altro offerto un assist non da poco («Togliere il bollettino settimanale dei contagi? Io l’avrei fatto ogni mezza giornata», Crisanti dixit. «È una decisione politica inutile, preferiscono non sapere quanto aumentano i casi perché ai cittadini fa paura»).

Qualche giorno fa invece aveva fatto discutere per la rumorosa decisione di rinunciare allo stipendio da parlamentare per conservare il salario dell’Università di Padova, con la Asl locale che gli ha risposto — anche qui senza giri di parole — che comunque se non lavora non lo pagano («Non verrà erogato alcun pagamento a fronte della mancata attività dirigenziale e assistenziale del professor Crisanti dovuta alla sua recente elezione al Senato della Repubblica»). La reazione? «Questa polemica è un’arma di distrazione di massa per non parlare, ad esempio, del tetto dei contanti a diecimila euro», ha scandito Crisanti, evidentemente trascurando che l’innalzamento del tetto dei contanti è stato voluto dalla maggioranza, per cui per evitare di parlarne potevano semplicemente non metterlo in campo. Sia come sia, la scelta di optare per il trattamento economico-pensionistico dell’Ateneo, invece che per quello da parlamentare, è una scelta legittima; addirittura, ha spiegato il professore, «un suggerimento che mi hanno dato proprio in Senato».

Dimentico (per fortuna) delle esperienze dei tecnici eletti in Parlamento che finivano all’opposizione senza praticamente lasciare traccia, ma insensibile (forse purtroppo) alla massima maoista secondo cui la rivoluzione, al pari della politica, «non è un pranzo di gala», Crisanti prosegue nella sua lunga battaglia in cui sembra volersi sistematicamente ritagliare il ruolo dell’«uno» che combatte contro «tutti». Salito agli onori della cronaca perché, da consulente di Luca Zaia, aveva scongiurato che alla piccola Vo’ Euganeo dei primi casi Covid-19 toccasse il tragico destino poi capitato al Lodigiano e alla città di Bergamo, col tempo il professore ha preso a smarcarsi da tutto e da tutti. Seguendo sempre una linea, la sua.

Teorico dell’importanza del tracciamento più che della vaccinazione di massa, sostenitore del tamponamento di massa ma poi nemico dei test rapidi, collaboratore e poi rivale di Zaia, quindi candidato del Pd ma maldigerito da un pezzo del Pd stesso, Crisanti è mutato al mutare del virus (il che è un bene) ma rischia di mutare al mutare della giornata politica (il che va meno bene). La minoranza rumorosa dei No vax, che l’aveva preso di mira insieme al resto della comunità scientifica, qualche mese fa aveva diffuso in massa il brandello di una sua intervista a In Onda, su La7, in cui sosteneva «non muoiono i No vax ma i vaccinati fragili». E giù applausi. Qualche mese prima, gli stessi odiatori l’avevano preso di mira per l’acquisto di una villa palladiana a Vicenza per la modica cifra di due milioni di euro. Domani chissà perché al centro della scena, in un modo o nell’altro, Crisanti c’è e ci sarà sempre.

1 novembre 2022 (modifica il 1 novembre 2022 | 08:09)

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, 2022-11-01 07:39:00, Le «mutazioni» del professore eletto con il Pd, all’attacco del neo ministro della Salute Orazio Schillaci: «Va giudicato in base ai fatti. Ma se la sua prima mossa è quella di togliere le mascherine dagli ospedali, allora mi permetto di dire che di sanità pubblica non capisce nulla», Tommaso Labate

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