Quali sono i criteri per distinguere il Parkinson dai «parkinsonismi»?

di Daniela Calandrella

La diagnosi è principalmente clinica, cioè basata sulla visita neurologica, e può essere supportata da esami strumentali

Ho saputo che oltre alla malattia di Parkinson esistono i cosiddetti «parkinsonismi». Come si può distinguere l’uno dagli altri?

Risponde Daniela Calandrella, neurologo, Fondazione Grigioni per il Morbo di Parkinson (VAI AL FORUM)

La malattia di Parkinson è la seconda malattia neurodegenerativa più comune nel mondo, dopo la demenza di Alzheimer, con una prevalenza (oltre 6 milioni di pazienti) che negli ultimi trent’anni è più che raddoppiata. L’età rappresenta il fattore di rischio più importante per lo sviluppo del Parkinson e gli uomini sono più suscettibili delle donne. La comprensione della patogenesi e dell’epidemiologia di questa malattia ha fatto grandi passi avanti, ma le cause rimangono ancora sconosciute e non esistono cura o terapia preventiva. La malattia di Parkinson è primariamente una sindrome motoria caratterizzata da lentezza (bradicinesia), tremore a riposo e rigidità, oltre a cambiamenti della postura e della deambulazione ed è associata ad alcuni sintomi non motori come per esempio la riduzione dell’olfatto (iposmia), la stipsi, l’urgenza urinaria, l’ipotensione ortostatica (eccessivo abbassamento della pressione arteriosa quando si assume la posizione eretta), la deflessione del tono dell’umore e i disturbi del sonno. La diagnosi è principalmente clinica, cioè basata sulla visita neurologica, e può essere supportata da esami strumentali.

La sfida più grande, anche per gli specialisti dei disturbi del movimento, è la diagnosi differenziale con i parkinsonismi atipici. Questo termine raggruppa alcune malattie neurodegenerative nelle quali la sindrome parkinsoniana è la caratteristica clinica principale, ma che differiscono dal Parkinson per la presenza di altri sintomi, per esempio cognitivi (come la demenza o le allucinazioni), disautonomici (come l’incontinenza urinaria), oppure sintomi come la paralisi di sguardo e la distonia, cioè una contrazione muscolare sostenuta che causa posture anomale. Si differenziano però dalla malattia di Parkinson idiopatica soprattutto per la progressione più rapida e per la risposta alla terapia dopaminergica (levodopa e dopanimoagonisti), che è assente o parziale. Dunque i parkinsonismi atipici sono in genere più gravi della malattia di Parkinson e includono principalmente l’atrofia multisistemica, la demenza con corpi di Lewy, la paralisi sopranucleare progressiva e la degenerazione corticobasale. Sono caratterizzate dalla deposizione intracellulare di proteine: l’atrofia multisistemica, come la malattia di Parkinson, dalla deposizione anomala della proteina alfa-sinucleina (ed è per questo chiamata sinucleinopatia); la paralisi sopranucleare progressiva e la degenerazione corticobasale dalla deposizione della proteina tau (tauopatie).

I parkinsonismi secondari invece non sono correlati a malattie neurodegenerative e comprendono, per esempio, il parkinsonismo indotto da farmaci e il parkinsonismo da idrocefalo normoteso (patologia neurologica caratterizzata dall’accumulo di un’eccessiva quantità di liquido nei ventricoli cerebrali), che sono considerati curabili attraverso l’eliminazione della causa scatenante. Gli esami di neuroimmagine, tra cui la risonanza magnetica cerebrale, la scintigrafia con lo studio del trasportatore della dopamina e la tomografia a emissione di positroni (PET) con fluorodeossiglucosio (FDG) hanno migliorato l’accuratezza diagnostica nella differenziazione tra malattia di Parkinson e parkinsonismi. Oggi la ricerca scientifica sui biomarcatori, compresi i tessuti nervosi, gli esami di neuroimmagine e la genetica, hanno l’obiettivo di rendere possibile in futuro una diagnosi e un trattamento precoce sia della malattia di Parkinson che dei parkinsonismi atipici.

30 ottobre 2022 (modifica il 30 ottobre 2022 | 14:52)

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