Da anni continuiamo a ripeterlo: gli edifici che occupano le nostre scuole non sono sicuri. E, come dimostra il recentissimo crollo dell’aula magna della Facoltà di Geologia di Cagliari, non lo sono nemmeno quelli che ospitano i corsi universitari. Inutilmente l’allarme viene lanciato, tutti gli anni dal rapporto di Legambiente Ecosistema scuola.
Il rapporto del 2021 sottolineava anche il divario esistente tra le scuole del Nord e del Centro Italia e quelle del Sud e delle isole: “Nel 2020 i comuni del Centro-Nord mediamente dichiarano di avere necessità di interventi urgenti in poco più del 36% di scuole, contro quelli del Sud e delle Isole che li richiedono per quasi il 56% degli edifici, che per di più sono in area sismica 1 e 2 nel 74% dei casi” (https://www.legambiente.it/rapporti/ecosistema-scuola/).
La Fondazione Agnelli aveva stimato nel 2019 in 200 miliardi di euro la cifra necessaria per rimettere in sesto la disastrata edilizia scolastica del nostro Paese. Così, allora, Il Sole24ore: “Una sfida nella sfida. È quella che attende la complessa, costosa e per certi versi farraginosa macchina dell’edilizia scolastica per cercare di raggiungere due obiettivi non più rinviabili: rendere più sicure e al tempo stesso più sostenibili le 40mila scuole italiane. Ma per riuscirci serve una iniezione di liquidità senza precedenti. Circa 200 miliardi di investimenti pubblici, tre volte le risorse dedicate all’intero comparto dell’istruzione, secondo le stime contenute nel Rapporto sull’edilizia scolastica, che la Fondazione Giovanni Agnelli presenta a Torino” (https://www.ilsole24ore.com/art/scuola-sistemare-40mila-edifici-servono-almento-200-miliardi-euro-ACdfxU1).
E il PNRR? Non metteva a disposizione della scuola una quantità di soldi mai vista? In realtà, la parte del PNRR che riguarda l’edilizia scolastica destina 3,9 miliardi al piano di messa in sicurezza delle scuole; poca cosa, se confrontati con i 200 miliardi di cui sopra. Aggiungiamo che il PNRR prevede la costruzione di nuove scuole per un investimento di poco più di un miliardo; a maggio 2022, erano previste 216 scuole “innovative”, che “fanno vetrina” mentre gli interventi di messa in sicurezza non si possono sbattere, come il mostro, in prima pagina. C’era anche chi aveva già denunciato (la Rete EducAzione) (https://www.micromega.net/pnrr-edilizia-scolastica-educazioni/) come molti dei progetti legati al PNRR fossero stati tirati fuori dal cassetto poiché non finanziati in precedenza e sottolineato che la “comunità educante” non fosse stata presa in considerazione nella progettazione degli spazi scolastici.
Aggiungiamo inoltre, come ha denunciato sempre Rete EducAzione, che orientarsi tra fondi vecchi e nuovi è quasi impossibile. Ma quando si tratta di trovare soldi per altre faccende, tutto diventa chiaro, immediato, fattibile. La spesa militare aumenta? E che problema c’è? Quest’anno, a conflitto Russia-Ucraina non ancora iniziato, si prevedevano spese militari per circa 26 miliardi di euro. I 200 milioni da inviare al governo ucraino per provvedere al pagamento degli insegnanti sono stati trovati in un attimo; prova lampante che, quando i soldi si vogliono trovare, si trovano.
Per la scuola il Governo italiano preferisce spendere un profluvio di parole e di cattiva retorica. Il “governo dei migliori” si è adeguato a questo stile.
Il ministro Bianchi, alla presentazione del “XX rapporto sulla qualità dell’edilizia scolastica e dei servizi” di Legambiente, svoltasi il 10 marzo 2021, un anno e mezzo fa, affermava: “Cominciamo a lavorare affinché tutte le scuole di questo Paese siano luoghi di sicurezza, di sostenibilità, luoghi di accoglienza e di socialità”. Le facciamo nostre; ma dopo l’altisonante dichiarazione del Ministro cosa è cambiato? Dobbiamo attendere il prossimo incidente, il prossimo crollo, perché si prenda sul serio la sicurezza dei locali scolastici? O vogliamo davvero che incidenti e morti a scuola divengano triste consuetudine, come le tante morti sul lavoro, vera vergogna per un Paese civile?
Un Paese che trascuri le proprie scuole, come fa l’Italia, si avvia verso il degrado sociale, culturale, economico: i segnali preoccupanti ci sono e sono tanti. Perciò non interpretiamo il crollo dell’aula magna dell’Università di Cagliari come uno sfortunato incidente ma come l’ultimo segno, in ordine di tempo, dell’insipienza deprecabile di chi è chiamato a governare la cosa pubblica.
Come sindacato, lavoriamo affinché la protesta sia presente nelle piazze e renda visibile il filo rosso che lega tutti i temi scottanti: la protesta contro lo stato delle nostre scuole si deve collegare a quelle contro la guerra contro la povertà, contro la precarietà lavorativa, contro il carovita, contro l’inaccettabile inquinamento ambientale. Vogliamo un mondo migliore, in cui le diseguaglianze vengano ridotte, in cui ognuno possa sentirsi parte attiva della società. Con questo programma ambizioso e coerente manifesteremo nelle prossime settimane.
Un appuntamento importante sarà lo sciopero generale del sindacalismo di base, il 2 dicembre prossimo: riteniamo che una pressione popolare ampia, unitaria, forte, propositiva, pacifica ma determinata sia la condizione preliminare di ogni cambiamento.
Giovanna Lo Presti
Portavoce CUB Scuola
, 2022-10-20 17:49:00, Da anni continuiamo a ripeterlo: gli edifici che occupano le nostre scuole non sono sicuri. E, come dimostra il recentissimo crollo dell’aula magna della Facoltà di Geologia di Cagliari, non lo sono nemmeno quelli che ospitano i corsi universitari. Inutilmente l’allarme viene lanciato, tutti gli anni dal rapporto di Legambiente Ecosistema scuola. Il rapporto del […]
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