Da Gava a De Luca, la profezia di Percy Allum

politeia Mezzogiorno, 1 maggio 2022 – 08:05 Niente ci toglie dalla testa che se invece che a Salerno De Luca fosse nato a Mosca, ce lo ritroveremmo oggi a usare il suo metaforico lanciafiamme nelle vie di Mariupol di Antonio Polito La scomparsa di Percy Allum ci riporta alla memoria quello snodo decisivo per Napoli che furono gli anni ‘70. Il sociologo inglese, quasi un hippy per stile di vita e modo eccentrico di proporsi, affascinò noi giovani della sinistra napoletana, soffocati dalla cappa di piombo del sistema di potere democristiano, che aveva qui assunto la forma particolarmente perniciosa del «gavismo». L’interpretazione che Allum dava del «sistema meridionale», basata su un’analisi sociologica che si richiamava alla classica dicotomia di Tonnies tra Gemeinschaft (comunità) e Gesellschaft (società), sembrava aprirci infatti una strada nuova e diversa per la lotta politica a sinistra. In poche parole, la sua idea era che una «modernizzazione» della società meridionale, che le consentisse sul piano economico e sociale di uscire dalla posizione subalterna in cui l’aveva messa il patto post-bellico tra l’industria privata del Nord e il potere politico al Sud, avrebbe potuto liberare forze nuove per il cambiamento. Era una tesi più gramsciana e meno «operaista» di quella sostenuta dal Pci di allora, che in sostanza si aspettava il cambiamento dalla crescita quantitativa e qualitativa della classe operaia, che in quegli anni era invece già giunta – anche se noi non lo sapevamo ancora – al massimo delle sue possibilità di espansione e cominciava a declinare verso una società postmoderna. Nel discorso di questo esponente della sinistra anglosassone, invece, una sorta di formula che mettesse insieme espansione dei ceti medi, diffusione di una borghesia moderna e produttiva, e un nuovo spirito pubblico modernizzatore, capace di esercitare un’egemonia culturale, avrebbe potuto compiere il miracolo di spezzare il sistema di potere gavianeo. Un po’, alla fine, è andata proprio così negli anni ‘70, con la svolta a sinistra del ‘74-‘75 e le giunte Valenzi. Ma il bilancio che traiamo oggi, con il senno di poi, ripresenta invece un sistema di potere, un’abitudine al clientelismo, e una facilità di consenso demagogico che ci fanno concludere che tutto è cambiato perché nulla cambiasse. Di sicuro Percy Allum aveva sottovalutato, come ha poi riconosciuto lui stesso in una serie di saggi critici e autocritici del suo principale lavoro («Potere e società a Napoli nel dopoguerra» ) alcuni elementi più di fondo della società meridionale, e per così dire costituitivi della sua Gemeinschaft. Gli anni successivi al grande tornante dei Settanta, che portarono per la prima volta la sinistra al governo di Napoli, e ai Novanta, quando il governo della sinistra si fece vero e proprio sistema, segnarono infatti con chiarezza una «sconfitta della modernizzazione» e una «rivincita del disordine». «Lo schema – diceva Allum del suo stesso lavoro – non specificava a sufficienza l’incidenza del fattore politico… e tendeva a sottovalutarlo. Per esempio, è chiaro che il cambiamento del blocco di potere dominante a Napoli… è avvenuto tramite manipolazioni politiche che avevano ben poco a che fare con i mutamenti delle relazioni economico-sociali». Insomma: non solo la modernizzazione, come la pensavamo negli anni ‘70, è fallita; ma Napoli è stata colta impreparata anche dalla post-modernizzazione dei Duemila, fatta di digitale, sharing economy, mcjobs e smart working, trasformandosi in quel coacervo complesso di antico e moderno che ci tiene costantemente in bilico tra il futuro e il disastro. Ma è davvero impressionante rileggere con quanta precisione Percy Allum, descrivendo il potere gavianeo, anticipasse in realtà la forma che quel potere ha assunto oggi sotto le mentite spoglie della sinistra di De Luca: «Gli uomini politici – scriveva – sono incapaci di ottenere l’appoggio spontaneo di vasti strati della popolazione, e sono costretti a ricorrere ad altri mezzi. In termini gramsciani, gli uomini politici sono incapaci di esercitare l’egemonia della società civile e si vedono costretti a ricorrere alla coercizione statale… In tali condizioni, la società civile è debole e disarmata di fronte allo Stato, che gode di un potere quasi assoluto in tutti i settori della vita pubblica e privata. L’uomo politico considera suo compito specifico distribuire alle masse bisognose alcune briciole delle risorse statali… In cambio l’elettore impara a dargli il voto il giorno delle elezioni, e ciò mette il politico in una posizione di forza. Egli diventa un intermediario: più grande è il suo potere, maggiore sarà il numero di clienti che potrà sperare di soddisfare e più vasta sarà la sua clientela». Si sarebbe tentati di concludere che il sistema di potere deluchiano è la forma contemporanea che ha assunto il sistema gavianeo. Io almeno sarei molto tentato. Se non fosse per l’osservazione che ha fatto ieri Domenico De Masi, intervistato su queste colonne da Gimmo Cuomo: «Il potere dei Gava – nota il sociologo, che fu amico personale di Allum – era compartecipato con altri leader di destra e di sinistra… e con gli altri democristiani. Oggi siamo di fronte a una monarchia assoluta. De Luca è un vero autocrate. Un caso unico in Europa. Gava era ‘solo’ il più potente tra i potenti». E in effetti solo così si può spiegare come sia possibile che un uomo di governo che è arrivato a firmare un contratto per acquistare con i soldi pubblici il vaccino russo Sputnik, si permetta ora, senza pudore, di fronte ai 700 spettatori del suo sermone del venerdì, di irridere alla campagna di vaccinazione del generale Figliuolo o al cognome del corrispondente della Rai dalle zone di guerra perché si chiama Piagnerelli. Niente ci toglie dalla testa che se invece che a Salerno l’uomo fosse nato a Mosca, ce lo ritroveremmo oggi a usare il suo metaforico lanciafiamme nelle vie di Mariupol. 1 maggio 2022 | 08:05 © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-05-01 06:06:00, Niente ci toglie dalla testa che se invece che a Salerno De Luca fosse nato a Mosca, ce lo ritroveremmo oggi a usare il suo metaforico lanciafiamme nelle vie di Mariupol,

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