Da Nikolajewka alla Resistenza, giusto festeggiare gli alpini

DOMENICA 8 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
Si fa polemica sulla scelta della data per la festa degli alpini. Durante la ritirata si sacrificarono per consentire ai resti dell’Armir di uscire dall’accerchiamento. Credo che, non dimenticando il grande errore della guerra mussoliniana, si possa riconoscere il loro sacrificio.
Mauro Galavotti

Qui si parla della battaglia in cui gli alpini ormai sconfitti cercarono di salvarsi la pelle ed evitare l’annientamento totale… Nikolajewka non è stata una battaglia di aggressione ma di sopravvivenza contro i russi che difendevano la loro terra e giustamente volevano cacciare gli occupanti.
Marco Viale

Caro Mauro, caro Marco,
Premesso che è giusto festeggiare tutte le forze armate in un solo giorno, il 4 novembre, condivido il vostro punto di vista. Da molti episodi si può dedurre che gli alpini non avevano alcuna voglia di combattere la seconda guerra mondiale agli ordini del Duce. Nell’ora dell’attacco alla Francia, ci fu un principio di ammutinamento del battaglione Exilles. Durante il trasferimento in Albania, ci furono scontri non solo verbali tra le camicie nere e gli alpini; anche se poi non fu certo la milizia, fu la Julia — motto: mai daur, mai indietro — a salvare la spedizione, sacrificandosi sul Pindo e al ponte di Perati per consentire ai commilitoni di ripiegare. Quando poi il Duce venne a comandare di persona l’offensiva in Albania, feudo personale di Ciano, gli alpini gli urlarono frasi in cui ricorreva il nome del genero, e non in senso amichevole. È vero che l’Italia partecipò sciaguratamente alla guerra di aggressione condotta dalla Germania contro l’Unione sovietica. Ma Nikolajewka fu una battaglia combattuta — e vinta — per tornare a casa, per uscire dalla sacca. Fu l’Anabasi dei nostri nonni. Molti dei quali scelsero allora di combattere contro i tedeschi. Spesso si cita giustamente Nuto Revelli. Ma non è l’unico caso. I primi a salire in montagna dopo l’8 settembre sono gli alpini che formano la banda della Val Grana, sopra Cuneo, guidati dagli ufficiali di complemento. Altri alpini vanno in val Pesio, agli ordini di un ufficiale cattolico, il capitano Cosa. Anche a Brescia prevalgono i cattolici delle Fiamme Verdi, organizzate dall’arciprete di Cividate don Carlo Comensoli e dal capitano degli alpini Romolo Ragnoli. In Liguria si forma una banda di prigionieri russi: la guida un tenente degli alpini, Giuseppe Merlo. Nelle Marche comanda un altro ufficiale degli alpini, Spartaco Perini. È un ufficiale degli alpini pure Giulio Bolaffi, comandante in Val Susa della IV divisione di Giustizia e Libertà, che chiama Stellina, come sua figlia. Poi certo ci furono anche gli alpini della Monterosa, che fecero — o furono obbligati a — una scelta diversa.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

Storia

«Mia madre, la sposa più bella con la sua veletta bianca»

«I capelli appena ondulati, color del sole, provavi a tenerli in ordine con una sottile veletta bianca…»: è la mia mamma nel giorno del suo matrimonio, scrissi qualche verso «La sposa più bella» dopo aver ascoltato il suo racconto. Oggi è la festa della mamma e si sa, possiamo essere tante cose, ma prima di tutto siamo figli, piccoli, di mezza età o grandi, figli. Desidero ricordare con lei, da poco scomparsa, le mamme di una volta. Nelle immagini di questi giorni vediamo bambini con le loro mamme lasciare le case per mettersi in salvo dai bombardamenti, e le persone anziane in difficoltà, che non possono, né forse vogliono allontanarsi dalla loro terra, provate dagli anni, dalla vita trascorsa, la guerra vissuta già da bambini. E poi, la fame, il freddo, le malattie, la fragilità dei corpi, intorno solo macerie, senza più nemmeno un tetto sulla loro testa, senza più nulla. Questa guerra, con il suo orrore, va a sommarsi per queste persone alle tribolazioni patite, una vita intera solo di lavoro, proprio come quella della mia mamma e ora, negli ultimi giorni della loro esistenza, sopportano questo scempio. Loro, lo so, come la mia mamma, hanno vissuto una vita di duro lavoro, hanno indossato il vestito nuovo solo nelle feste importanti, hanno cantato nelle processioni solenni e le grandi città, le montagne, il mare, lo hanno visto solamente in cartolina. Desidero ricordare così la mia mamma, con grande amore e tenerezza, lei e tutte le donne come lei, per la vita che ci hanno donato, per il bene senza misura che ci hanno regalato, e chiedere loro perdono per tutte le nostre mancanze, le assenze, per il poco e niente che abbiamo ricambiato.
Graziella Abiatico, Flero (Brescia)

INVIATECI LE VOSTRE LETTERE

Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

Segnala il caso

VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

Racconta la storia

SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

Inviateci le vostre foto su Instagram all’account @corriere

, 2022-05-07 22:16:00,

DOMENICA 8 MAGGIO 2022

risponde Aldo Cazzullo

Caro Aldo,
Si fa polemica sulla scelta della data per la festa degli alpini. Durante la ritirata si sacrificarono per consentire ai resti dell’Armir di uscire dall’accerchiamento. Credo che, non dimenticando il grande errore della guerra mussoliniana, si possa riconoscere il loro sacrificio.
Mauro Galavotti

Qui si parla della battaglia in cui gli alpini ormai sconfitti cercarono di salvarsi la pelle ed evitare l’annientamento totale… Nikolajewka non è stata una battaglia di aggressione ma di sopravvivenza contro i russi che difendevano la loro terra e giustamente volevano cacciare gli occupanti.
Marco Viale

Caro Mauro, caro Marco,
Premesso che è giusto festeggiare tutte le forze armate in un solo giorno, il 4 novembre, condivido il vostro punto di vista. Da molti episodi si può dedurre che gli alpini non avevano alcuna voglia di combattere la seconda guerra mondiale agli ordini del Duce. Nell’ora dell’attacco alla Francia, ci fu un principio di ammutinamento del battaglione Exilles. Durante il trasferimento in Albania, ci furono scontri non solo verbali tra le camicie nere e gli alpini; anche se poi non fu certo la milizia, fu la Julia — motto: mai daur, mai indietro — a salvare la spedizione, sacrificandosi sul Pindo e al ponte di Perati per consentire ai commilitoni di ripiegare. Quando poi il Duce venne a comandare di persona l’offensiva in Albania, feudo personale di Ciano, gli alpini gli urlarono frasi in cui ricorreva il nome del genero, e non in senso amichevole. È vero che l’Italia partecipò sciaguratamente alla guerra di aggressione condotta dalla Germania contro l’Unione sovietica. Ma Nikolajewka fu una battaglia combattuta — e vinta — per tornare a casa, per uscire dalla sacca. Fu l’Anabasi dei nostri nonni. Molti dei quali scelsero allora di combattere contro i tedeschi. Spesso si cita giustamente Nuto Revelli. Ma non è l’unico caso. I primi a salire in montagna dopo l’8 settembre sono gli alpini che formano la banda della Val Grana, sopra Cuneo, guidati dagli ufficiali di complemento. Altri alpini vanno in val Pesio, agli ordini di un ufficiale cattolico, il capitano Cosa. Anche a Brescia prevalgono i cattolici delle Fiamme Verdi, organizzate dall’arciprete di Cividate don Carlo Comensoli e dal capitano degli alpini Romolo Ragnoli. In Liguria si forma una banda di prigionieri russi: la guida un tenente degli alpini, Giuseppe Merlo. Nelle Marche comanda un altro ufficiale degli alpini, Spartaco Perini. È un ufficiale degli alpini pure Giulio Bolaffi, comandante in Val Susa della IV divisione di Giustizia e Libertà, che chiama Stellina, come sua figlia. Poi certo ci furono anche gli alpini della Monterosa, che fecero — o furono obbligati a — una scelta diversa.

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«Mia madre, la sposa più bella con la sua veletta bianca»

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Graziella Abiatico, Flero (Brescia)

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MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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