Da Polistena a Roma, l’odissea di una bimba di 10 mesi positiva al Covid

«Solo vergogna». Lo sfogo di Manuel Amaro su come funziona la sanità calabrese è fatto di due parole emblematiche. Lui è il papà di Elisabetta Anna, una bambina di appena 10 mesi che da quando è nata ha problemi respiratori gravi che non sono tutti stati accertati compiutamente. A pochi giorni dalla nascita avvenuta all’ospedale di Polistena, infatti, venne subito trasferita nel reparto di neonatologia del Gom di Reggio Calabria e ricoverata in terapia intensiva per un mese, poi dimessa e dopo quasi una settimana ancora ricoverata sempre al Gom per un altro mese e mezzo. Infine, trasferita in elisoccorso al Bambin Gesù a Roma. Tornata a casa una diagnosi di “interstiziopatia polmonare” conseguenza del danneggiamento delle cellule che circondano gli alveoli (sacche d’aria presenti nei polmoni), portando a infiammazione diffusa e fibrosi (danneggiamento) del tessuto polmonare e sottoposta quotidianamente a terapie urgenti. Il dramma di Elisabetta Anna non finisce qui, mentre fa terapia, i suoi genitori scoprono di aver contratto il Covid e trasferiscono la bambina dalla nonna che dopo poche ore vede la bambina ancor più sofferente. Chiama il papà che lavora come operatorio socio-sanitario all’ospedale di Polistena che intuisce che sua figlia può aver anch’essa contratto il virus. La porta all’ospedale di Polistena e viene sottoposta a tampone che risulta positivo. La piccola sta male i medici consigliano il ricovero a Gom con urgenza. Il papà allora, avvisa il Commissariato di Polistena e il dirigente il Vice Questore Carlo Casaburi dispone subito la staffetta di una volante per il trasferimento a Reggio Calabria. «La malattia di mia figlia permette funzionalità polmonare al 40% e viene curata presso l’ospedale pediatrico Bambin Gesù di Roma». Ma è a Reggio Calabria che comincia questa assurda storia: «Giunti lì, fatto il tampone e visitata la bambina, la dottoressa ci comunica che non avevano posti per il ricovero, così chiedo di programmare un trasferimento d’urgenza con ambulanza attrezzata presso l’ospedale dove mia figlia è in cura per le sue problematiche di salute note e la dottoressa mi risponde dicendo che loro non fanno da taxi e che avremmo dovuto aspettare l’esito del tampone ma che in ogni caso non poteva trasferirla perché la bambina per lei non era in pericolo di vita. Continuavo a chiedere ché mia figlia venisse trasferita a Roma perché a Reggio non volevano ricoverarla. Non restava altro che assumermi la responsabilità di metterla in auto e affrontare da solo il viaggio a Roma insieme a mia moglie». Manuel ricontatta la Polizia e chiede aiuto. Dalla Questura attivano le staffette della Polizia Stradale che lo scortano fino al Bambin Gesù dove i sanitari ricoverano immediatamente la bimba che ritengono in pericolo di vita. Elisabetta Anna adesso sta meglio grazie al gesto disperato dei suoi genitori. «Questo è ciò che la nostra sanità calabrese ad oggi ci garantisce», dice Manuel Amaro. «Ringrazio il Commissariato di Polizia di Polistena, la Questura di Reggio Calabria e tutte le volanti della Stradale per quanto fatto per noi, il Pronto Soccorso di Polistena che mi ha fornito i presidi essenziali (la bombola di ossigeno) per poter permettere gli spostamenti di mia figlia». Un racconto struggente e disperato che fa emergere ancora una volta come la nostra sanità a volte è disumana e disorganizzata e mette a rischio anche la vita dei bambini. Michele Albanese ilquotidianodelsud.it , 2022-06-06 12:21:00, «Solo vergogna». Lo sfogo di Manuel Amaro su come funziona la sanità calabrese è fatto di due parole emblematiche. Lui è il papà di Elisabetta Anna, una bambina di appena 10 mesi che da quando è nata ha problemi respiratori gravi che non sono tutti stati accertati compiutamente. A pochi giorni dalla nascita avvenuta all’ospedale […]
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