David Miliband: «È una crisi morale,in ballo i nostri valori. L’Occidente con i rifugiati deve essere virtuoso»

di Marilisa PalumboL’ex ministro britannico a capo del Rescue Committee: l’Europa finora è stata all’altezza della sfida ma non sappiamo se stiamo facendo abbastanza

«Una crisi morale, non soltanto militare si sta svolgendo sotto gli occhi dell’Occidente», dice l’ex ministro degli Esteri britannico David Miliband, oggi presidente a New York dell’International Rescue Committee, organizzazione fondata da Albert Einstein negli anni Trenta, originariamente per gli ebrei oppressi dal nazismo, poi allargatasi in tutto il mondo a donne e uomini toccati da crisi umanitarie. Molto spesso Miliband ha denunciato la nostra epoca come l’era dell’impunità, in cui i tiranni agiscono indisturbati.

Con l’invasione russa dell’Ucraina qualcosa deve cambiare, ha scritto in un intervento sul «New York Times».
«Sì, il primo passo è che i regimi rispondano delle proprie responsabilità. L’annuncio da parte della Corte penale internazionale dell’apertura di una indagine per possibili crimini di guerra commessi dalla Russia è un passo importante, il primo. E sarà fondamentale la documentazione che già si sta raccogliendo attraverso i social: questa è una guerra in diretta. Si è parlato tanto negli ultimi anni dei pericoli anti democratici dei social media, forse in questa occasione ne vedremo di nuovo il potenziale. L’altro aspetto è che i Paesi occidentali devono fare ordine a casa propria, mostrare con un comportamento virtuoso il proprio attaccamento alla difesa dei diritti umani, e abbiamo un’opportunità per farlo con i rifugiati. In ballo ci sono i nostri valori».

La Corte penale internazionale è abbastanza? C’è chi propone un tribunale a parte per Putin e i suoi uomini perché L’Aia non può perseguire il crimine di aggressione.«Di nuovo, la chiave è documentare quello che sta avvenendo: oltre all’Icc ci sono altre possibilità, come quella di istruire processi secondo il principio della giurisdizione universale, come è accaduto per il gerarca siriano da poco condannato in Germania. Non dobbiamo limitarci a un solo metodo».

Sui migranti, crede che questa guerra, i milioni di rifugiati in arrivo, cambierà l’Europa rispetto agli egoismi della crisi migratoria del 2015?
«È ancora troppo presto per dirlo, ci sono notizie inquietanti che arrivano dal confine polacco sul trattamento dei migranti di colore, per esempio. Se episodi simili si moltiplicassero sarebbe un affronto ai valori europei. Spero che questo sia il momento in cui i nostri concittadini si rendano conto che i rifugiati sono insegnanti, sono casalinghe, contabili, imprenditori, sportivi. Sono esseri umani».

Sarà sufficiente mandare armi, inasprire le sanzioni, o crede che arriverà un momento in cui le immagini dei massacri di civili aumenteranno la pressione sui governi per un coinvolgimento militare?
«Per ora dobbiamo pensare all’oggi. I governi europei hanno già preso, in termini di invio di aiuti e armi, impegni militari significativi, in alcuni casi, come per la Germania, per la Svizzera, senza precedenti, e forse senza precedenti per l’intera Unione europea. Questa è una grande sfida ai nostri valori e ai nostri interessi. Abbiamo una enorme responsabilità perché in gioco è il nostro continente, la nostra sicurezza, il nostro futuro. Una Ucraina occupata e una Bielorussia compiacente sono una minaccia immediata ad alcuni Paesi membri che sono entrati nell’Unione europea proprio perché temevano una situazione come questa. Si discute tanto della cosiddetta “espansione della Nato”, ma la Nato ha accresciuto i suoi membri non per una sua strategia espansionistica, ma perché i Paesi dell’Europa centro-orientale hanno cercato la sicurezza della Nato e dell’Unione europea. Oggi l’Europa è stata scossa dal suo torpore e finora è stata all’altezza della sfida, ma non sappiamo ancora se stiamo facendo abbastanza, perché questa guerra è “vecchia” di pochi giorni, e le guerre si misurano spesso in anni, non settimane».

Resisterà la nostra convinzione quando cominceremo a soffrire veramente le conseguenze delle sanzioni o se arriverà la paura di essere colpiti anche militarmente?
«Io credo che l’unità faccia crescere unità così come le divisioni nutrono divisioni e l’unità mostrata nell’ultima settimana è stata notevole. Un anno fa l’Europa era più unita sulla Russia di quanto non fosse dieci anni fa, e oggi molto più di un anno fa. E anche l’azione porta unità, perché questa unità si sta misurando in fatti, non parole».

Un’ultima domanda, da ex ministro degli Esteri britannico che si è battuto contro la Brexit: quello che sta succedendo ha riavvicinato Europa e Stati Uniti, riavvicinerà anche Londra all’Unione europea?
«Ho sempre pensato che la Brexit fosse un atto autolesionistico e che anche stando fuori dall’Unione sarebbe completamente stupido, da un punto di vista di politica estera e di difesa, fare finta che la Ue non esista. Questa crisi dimostra quanto sono importanti i nostri interessi comuni».

4 marzo 2022 (modifica il 4 marzo 2022 | 07:10)
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, 2022-03-04 07:51:00, L’ex ministro britannico a capo del Rescue Committee: l’Europa finora è stata all’altezza della sfida ma non sappiamo se stiamo facendo abbastanza, Photo Credit: , Marilisa Palumbo

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