Le diete «rapide», molto di moda, servono davvero per perdere peso in fretta e in maniera duratura? Hanno risposto a questa domanda due esperti (Stefano Erzegovesi, psichiatra, nutrizionista e divulgatore scientifico e Andrea Ghiselli, moderatore del forum Nutrizione di Corriere.it) e una campionessa sportiva (Elisa Di Francisca) in occasione di un incontro al «Tempo della Salute», evento organizzato dal Corriere della Sera – Corriere Salute al Museo della scienza e della tecnologia di Milano, moderato dalla giornalista di Corriere Salute Silvia Turin.
Dunque, è vero che le diete rapide «funzionano»? «All’inizio danno un segnale molto concentrato e potente — ha affermato Erzegovesi —. Questo avviene perché l’alimentazione occidentale comprende una grande quantità di cereali raffinati e uno dei “nemici” nelle diete rapide è proprio il carboidrato. Eliminando questo nutriente, si ha un effetto immediato apprezzabile: ci si sente più in forma, meno stanchi e anche mentalmente più carichi. Ma, attenzione: l’organismo nel giro di tipo tempo va “in allerta” ed è molto importante cogliere i segnali che dà. Sensazione di “bocca cattiva”, attacchi di stanchezza improvvisi. Una dieta squilibrata, come quella prova di carboidrati, comporta il consumo di troppe proteine animali e grassi saturi, con il rischio di un aumento del colesterolo e del livello di glicemia».
«Viviamo in un mondo “carbofobico” — ha aggiunto Ghiselli —, le persone sono terrorizzate dal fantasma del “picco glicemico”, ma solo da morti non ne abbiamo più. L’importante è gestirli. Ormai da decenni sono comparsi nei supermercati alimenti “senza grassi”, alimenti “light”, che ci illudono di mangiare meno e meglio. In realtà consumiamo più cibo di quello che ci servirebbe e ci muoviamo troppo poco. Va detto che dieci giorni di dieta con scarso apporto di carboidrati e grassi (ovvero basata su proteine o proteine e grassi) non fa male a nessuno, se integrata con vitamine e fibra. Il problema però è che le persone usano le diete rapide come regimi “di mantenimento”, quindi per periodi prolungati e lì nascono i problemi. Siamo perennemente alla ricerca di un rimedio rapido a una situazione cronica (i chili accumulati negli anni), pensando che basti una “bacchetta magica” per ottenere velocemente ciò che vogliamo. Ma non è così».
Lo sa molto bene Elisa Di Francisca, dato che un atleta è abituato ai sacrifici, anche alimentari: «Anche adesso che ho smesso con le gare, cerco di variare gli alimenti e faccio attenzione alle quantità. Per esempio non mangio pasta a cena, ma solo a pranzo, consumo tante verdure e la frutta solo fuori pasto. Cerco di mettere in tavolo solo alimenti freschi, anche per insegnare ai miei figli a mangiare “bene”. Per quanto riguarda le diete rapide, penso che per ottenere qualcosa sia giusto e utile fare un po’ di fatica».
Quali sono i danni delle diete «veloci»? «Fanno perdere tanta acqua, ma anche muscoli — ha spiegato Ghiselli — e sappiamo quando è difficile poi recuperare la muscolatura. Facendo una dieta ipocalorica l’organismo si “riassesta”: esiste la cosiddetta “termogenesi indotta dalla dieta” (fa sì che bruciamo il 10-15% delle calorie che consumiamo), quindi mangiando poco diminuisce il fabbisogno e l’organismo cerca di risparmiare facendo meno “cicli futili”, ovvero riducendo al minimo le attività non fondamentali. Anche se non ce rendiamo conto, quando facciamo una dieta ipocalorica importante, ci muoviamo molto meno. Se poi aggiungiamo l’uso di dolcificanti e dei cosidetti prodotti “light” la questione si complica ulteriormente. I prodotti “light” hanno magari pochi zuccheri, ma sono spesso pieni di grassi o proteine. In definitiva, con le diete rapide il metabolismo soffre, a meno che non ci si faccia seguire da un medico. Si rischia di entrare nel circolo vizioso della “sindrome yo-yo”, ingrassando e dimagrendo di continuo».
È vero che il successo di una dieta dipende molto dalla forza di volontà di una persona? «Nel mio ambulatorio arrivano persone stremate fisicamente e mentalmente dalle “diete yo-yo” — ha detto Erzegovesi —. Parlare di forza di volontà piace molto ai medici, ma la verità è che rallenta il funzionamento delle, che eliminano tutto ciò che non è strettamente necessario. Nel cervello si attivano i “programmi di allerta da digiuno”, con messaggi “anti-carestia” di cui non ci rendiamo conto: per semplificare, se trovo un albero carico di frutta il cervello mi “dice” di mangiarla tutta perché non sa se domani ci sarà qualcosa nel piatto. Chi fa diete squilibrate sviluppa il “craving”, ovvero un desiderio irresistibile di carboidrati: si comincia mangiando un biscotto alla sera, poi due, con la sensazione di non riuscire a fermarsi. Nel corso delle settimane l’umore assume toni di autosvalutazione e si innesta un circolo pericoloso: non è questione di forza di volontà, ma di biologia. Vanno cambiate le nostre abitudini quotidiane: non possiamo pensare di stare seduti tutto il giorno mangiando cibi ricchi di grassi saturi e carboidrati raffinati e poi fare una dieta drastica per “risolvere il problema” in pochi giorni».
12 novembre 2022 (modifica il 12 novembre 2022 | 08:19)
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, 2022-11-12 07:21:00, Se ne è parlato al «Tempo della Salute» con Elisa Di Francisca, campionessa olimpica di fioretto, Stefano Erzegovesi, psichiatra, nutrizionista e divulgatore scientifico e Andrea Ghiselli, moderatore del forum Nutrizione di Corriere.it, Laura Cuppini