Difesa di Flavio Insinna  ma meno del romanesco

Caro Aldo,
in questo periodo greve ho due banali domande. La prima: perché il conduttore del gioco l’Eredità della Rai parla in continuazione in romanesco? La seconda: sempre nello stesso gioco perché tutte le domande di storia sono sull’impero romano?
Ezio Basilico

Caro Ezio,
Premessa: sono un fan dell’Eredità, trovo bravissimi gli autori che preparano le domande (anche se negli ultimi tempi le associazioni di parole della ghigliottina sono talora un po’ forzate), e Flavio Insinna mi è simpatico. È un artista che sa fare bene molte cose, ad esempio è stato un convincente don Pappagallo nella fiction «La buona battaglia» sulle Fosse Ardeatine, che alla prima proiezione fece piangere Gasparri. «Striscia», spietata trasmissione che giustamente non guarda in faccia a nessuno, svelò di Insinna un «dietro le quinte» poco edificante; però solo chi non conosce lo stress che c’è dietro la macchina della televisione può non perdonare il nervosismo del conduttore. Qualcuno l’ha attaccato per le critiche al riarmo: la penso diversamente da Insinna, ma ci mancherebbe altro che un uomo di spettacolo non possa esprimere la propria opinione. Flavio Insinna è romano, e a volte parla romanesco. Un conduttore veneto o siciliano non lo farebbe mai. Tuttavia il romanesco di Insinna, almeno a me (anche se non a lei gentile signor Basilico), non dà fastidio, anzi, fa parte del suo personaggio, del suo modo di esprimersi; se glielo toglie, gli toglie qualcosa. Come i meme (le vignette nell’era digitale si chiamano così) di Osho: se fossero in italiano anziché in romanesco, non sarebbero altrettanto efficaci. Qui però siamo arrivati a far recitare con l’accento romano il Comandante Nord di Beppe Fenoglio, e pure Fabrizio De André, che era profondamente genovese (don Pappagallo era invece pugliese di Terlizzi, ma se non altro viveva a Roma da vent’anni). L’industria della tv e dello spettacolo pensa l’Italia come un’immensa Roma, e il romanesco — non solo l’accento, proprio la lingua — come l’esperanto. Ma non è così. Quando due persone conversano nel proprio dialetto, si crea un’atmosfera informale, complice. Ma quando uno parla nel proprio dialetto a un altro che non lo parla, si crea un’atmosfera sgradevole. È così difficile capirlo? Il veneto, la lingua di Goldoni, o il piemontese, la lingua del Risorgimento, non è meno nobile del romanesco, la lingua del Belli. Ma se in un film o in una fiction c’è un veneto (o un piemontese), è sempre un razzista, o un mona.

LE ALTRE LETTERE DI OGGI

L’ingiustizia

«Io, cittadino, nel labirinto della burocrazia digitale»

I rapporti con le pubbliche amministrazioni? Ecco la mia esperienza negli ultimi 30 giorni. In Liguria un Comune ha la procedura informatica per acquisire le pratiche immobiliari bloccata da 45 giorni. Ho dovuto telefonare al Sindaco per sbloccare. Sempre in Liguria un altro Comune non riceve la Pec perché la casella è piena. In Lombardia se trasferisci la residenza da una città capoluogo ad un’altra, nessuno ti informa che perdi l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale perché le Aziende sanitarie non si parlano. Quindi devi andare a uno sportello a rifare la pratica. Sempre in Lombardia, la città capoluogo di provincia dove risiedo non utilizza il pratico sistema PagoPA per il pagamento della Tari, ma ancora l’invio del modulo cartaceo F24. A Milano in un ospedale importante nessuno ti dice quando paghi il ticket per una radiografia che puoi avere il referto online. Ma se lo chiedi al termine della visita la procedura non consente l’immissione della scelta. Così devi tornare di persona, perdere tre ore. Nessun ente pubblico di quelli citati utilizza la Pec per inviare comunicazioni al cittadino. Unica nota positiva l’Inps, che ormai consente di fare tutto online con buone prestazioni operative (registra anche la Pec del cittadino e la utilizza!). Io credo che molte inefficienze derivino da una questione semplice: non si fa analisi organizzativa di processo. L’informatica spesso cala su procedure che non vengono cambiate alla radice, ma semplicemente adattate in qualche modo. Siamo nel 2022. Quanto dovremo aspettare perché la digitalizzazione faccia un passo avanti omogeneo nei vari livelli delle Pa ?
Miro Fiordi, Sondrio

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Vi proponiamo di mettere in comune esperienze e riflessioni. Condividere uno spazio in cui discutere senza che sia necessario alzare la voce per essere ascoltati. Continuare ad approfondire le grandi questioni del nostro tempo, e contaminarle con la vita. Raccontare come la storia e la cronaca incidano sulla nostra quotidianità. Ditelo al Corriere.

MARTEDI – IL CURRICULUM

Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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MERCOLEDI – L’OFFERTA DI LAVORO

Diamo spazio a un’azienda, di qualsiasi campo, che fatica a trovare personale: interpreti, start-upper, saldatori, liutai. 

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GIOVEDI – L’INGIUSTIZIA

Chiediamo di raccontare un’ingiustizia subita: un caso di malasanità, un problema in banca; ma anche un ristorante in cui si è mangiato male, o un ufficio pubblico in cui si è stati trattati peggio. Sarà garantito ovviamente il diritto di replica

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VENERDI -L’AMORE

Chiediamo di raccontarci una storia d’amore, o di mandare attraverso il Corriere una lettera alla persona che amate. Non la posta del cuore; una finestra aperta sulla vita. 

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SABATO -L’ADDIO

Vi proponiamo di fissare la memoria di una persona che per voi è stata fondamentale. Una figlia potrà raccontare un padre, un marito la moglie, un allievo il maestro. Ogni sabato scegliamo così il profilo di un italiano che ci ha lasciati. Ma li leggiamo tutti, e tutti ci arricchiranno. 

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DOMENICA – LA STORIA

Ospitiamo il racconto di un lettore. Una storia vera o di fantasia. 

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Ogni giorno scegliamo un’immagine che vi ha fatto arrabbiare o vi ha emozionati. La testimonianza del degrado delle nostre città, o della loro bellezza.

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, 2022-04-20 22:34:00,

Caro Aldo,
in questo periodo greve ho due banali domande. La prima: perché il conduttore del gioco l’Eredità della Rai parla in continuazione in romanesco? La seconda: sempre nello stesso gioco perché tutte le domande di storia sono sull’impero romano?
Ezio Basilico

Caro Ezio,
Premessa: sono un fan dell’Eredità, trovo bravissimi gli autori che preparano le domande (anche se negli ultimi tempi le associazioni di parole della ghigliottina sono talora un po’ forzate), e Flavio Insinna mi è simpatico. È un artista che sa fare bene molte cose, ad esempio è stato un convincente don Pappagallo nella fiction «La buona battaglia» sulle Fosse Ardeatine, che alla prima proiezione fece piangere Gasparri. «Striscia», spietata trasmissione che giustamente non guarda in faccia a nessuno, svelò di Insinna un «dietro le quinte» poco edificante; però solo chi non conosce lo stress che c’è dietro la macchina della televisione può non perdonare il nervosismo del conduttore. Qualcuno l’ha attaccato per le critiche al riarmo: la penso diversamente da Insinna, ma ci mancherebbe altro che un uomo di spettacolo non possa esprimere la propria opinione. Flavio Insinna è romano, e a volte parla romanesco. Un conduttore veneto o siciliano non lo farebbe mai. Tuttavia il romanesco di Insinna, almeno a me (anche se non a lei gentile signor Basilico), non dà fastidio, anzi, fa parte del suo personaggio, del suo modo di esprimersi; se glielo toglie, gli toglie qualcosa. Come i meme (le vignette nell’era digitale si chiamano così) di Osho: se fossero in italiano anziché in romanesco, non sarebbero altrettanto efficaci. Qui però siamo arrivati a far recitare con l’accento romano il Comandante Nord di Beppe Fenoglio, e pure Fabrizio De André, che era profondamente genovese (don Pappagallo era invece pugliese di Terlizzi, ma se non altro viveva a Roma da vent’anni). L’industria della tv e dello spettacolo pensa l’Italia come un’immensa Roma, e il romanesco — non solo l’accento, proprio la lingua — come l’esperanto. Ma non è così. Quando due persone conversano nel proprio dialetto, si crea un’atmosfera informale, complice. Ma quando uno parla nel proprio dialetto a un altro che non lo parla, si crea un’atmosfera sgradevole. È così difficile capirlo? Il veneto, la lingua di Goldoni, o il piemontese, la lingua del Risorgimento, non è meno nobile del romanesco, la lingua del Belli. Ma se in un film o in una fiction c’è un veneto (o un piemontese), è sempre un razzista, o un mona.

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I rapporti con le pubbliche amministrazioni? Ecco la mia esperienza negli ultimi 30 giorni. In Liguria un Comune ha la procedura informatica per acquisire le pratiche immobiliari bloccata da 45 giorni. Ho dovuto telefonare al Sindaco per sbloccare. Sempre in Liguria un altro Comune non riceve la Pec perché la casella è piena. In Lombardia se trasferisci la residenza da una città capoluogo ad un’altra, nessuno ti informa che perdi l’iscrizione al Servizio Sanitario Nazionale perché le Aziende sanitarie non si parlano. Quindi devi andare a uno sportello a rifare la pratica. Sempre in Lombardia, la città capoluogo di provincia dove risiedo non utilizza il pratico sistema PagoPA per il pagamento della Tari, ma ancora l’invio del modulo cartaceo F24. A Milano in un ospedale importante nessuno ti dice quando paghi il ticket per una radiografia che puoi avere il referto online. Ma se lo chiedi al termine della visita la procedura non consente l’immissione della scelta. Così devi tornare di persona, perdere tre ore. Nessun ente pubblico di quelli citati utilizza la Pec per inviare comunicazioni al cittadino. Unica nota positiva l’Inps, che ormai consente di fare tutto online con buone prestazioni operative (registra anche la Pec del cittadino e la utilizza!). Io credo che molte inefficienze derivino da una questione semplice: non si fa analisi organizzativa di processo. L’informatica spesso cala su procedure che non vengono cambiate alla radice, ma semplicemente adattate in qualche modo. Siamo nel 2022. Quanto dovremo aspettare perché la digitalizzazione faccia un passo avanti omogeneo nei vari livelli delle Pa ?
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Pubblichiamo la lettera con cui un giovane o un lavoratore già formato presenta le proprie competenze: le lingue straniere, l’innovazione tecnologica, il gusto del lavoro ben fatto, i mestieri d’arte; parlare cinese, inventare un’app, possedere una tecnica, suonare o aggiustare il violino

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, Aldo Cazzullo

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