Dimissioni, Draghi: i partiti non si rendono conto dello sconquasso creato

di Monica GuerzoniDraghi oggi si sposterà per un fine settimana di tregua e lavoro nel buen retiro umbro di Città della Pieve: limerà il discorso delle dimissioni di mercoledì ROMA Sfogliare la rassegna stampa estera lo ha confortato e certo gli hanno fatto piacere le parole di stima arrivate dalla Casa Bianca e da Bruxelles, le telefonate delle cancellerie internazionali e i tantissimi messaggini di solidarietà: chi gli faceva i complimenti per aver rotto l’assedio dei partiti e chi gli chiedeva di ripensarci, per il bene del Paese. Eppure Mario Draghi è più risoluto e determinato che mai a confermare le sue dimissioni mercoledì, dopo il discorso al Senato. Il giudizio è più severo ancora di quanto non sia stato nel breve Consiglio dei ministri dell’addio, dove la sua squadra, ammutolita dall’annuncio del passo indietro perché «si è rotto il patto di fiducia» che reggeva la maggioranza, ha incrinato il silenzio solo per litigare. «Se c’era uno spiraglio, si sta chiudendo» è il timore dei collaboratori più stretti di Draghi, che hanno passato la giornata a seguire le contorsioni dei 5 Stelle e le tentazioni elettorali delle segreterie di Lega, Forza Italia e anche del Pd. Lui invece, il premier «congelato» come le dimissioni respinte dal presidente Sergio Mattarella, si è chiuso nella sua casa di Roma, idealmente e plasticamente lontano da Palazzo Chigi. Immobile, se possibile ancora più rigido e sfiduciato rispetto alle prime ore della crisi. Quando sente che le cose sono finite, anche quelle tremendamente importanti come il governo del suo Paese, la sua reazione è «astrarsi», ha confidato a quanti lo hanno chiamato per sondare, condividere, convincere. Ridotti al minimo, se non a zero, i contatti con i ministri e con i leader delle forze politiche, Draghi ha iniziato a concentrare le residue energie sul discorso che scandirà il 20 luglio a Palazzo Madama, tra i busti e gli stucchi, dove giovedì l’Italia si è affacciata sul burrone per lo strappo dei senatori del Movimento. «Mi pare che il caos stia aumentando, anziché diminuire», è la percezione del presidente, preoccupato perché vede nel Parlamento e nei partiti «molta tattica e un livello di concretezza lontanissimo da quello che servirebbe per ripartire». Una presa d’atto che potrebbe convincerlo fra quattro giorni a rendere le sue comunicazioni al Senato, come Mattarella gli ha chiesto per parlamentarizzare la crisi, per poi spostarsi a Montecitorio. Alla Camera però il premier preferirebbe non parlare, per limitarsi a consegnare il discorso al presidente Roberto Fico. Rapido passaggio al Senato per la replica al termine della discussione generale e infine salita al Quirinale per le dimissioni. A meno che le forze politiche, che già preparano la campagna elettorale, non frenino in corsa e non comincino a parlarsi. Draghi non sembra crederci e forse nemmeno sperarci. Le prese di posizione di queste ore gli appaiono come la conferma di aver fatto la scelta giusta, perché l’Italia in un momento di emergenza che non ha precedenti ha bisogno di un esecutivo «compatto e solido» e non di una compagine litigiosa, intenta ad alzare il prezzo e i toni su ogni dossier fra pretesti, recriminazioni, ultimatum e bandierine. A forza di piccoli e grandi strappi «l’agibilità politica» è venuta meno e ieri il presidente confidava il suo sgomento perché i 5 Stelle e il suo leader «non sembrano aver preso coscienza dello sconquasso che hanno provocato». Se Draghi insomma non ci ha ripensato è perché non ha visto alcun ripensamento in chi il terremoto lo ha provocato. «Forse è bene che si prenda atto della durezza della situazione – ragiona in queste ore -. Non vedo nessun tentativo concreto e serio perché le cose cambino». Il più serio e concreto lo ha fatto il presidente Mattarella, che forse, conoscendo le dinamiche dei partiti molto più del non-politico Draghi, ha puntato tutto su di lui. La moral suasion per ora è fallita, ma come dice Enrico Letta «la crisi è solo all’inizio» e tempo per mediare ce n’è ancora. Draghi oggi si sposterà per un fine settimana di tregua e lavoro nel buen retiro umbro di Città della Pieve. Limerà il discorso e com’è nel suo stile starà al sodo, parlerà delle «buone cose fatte» e delle emergenze da affrontare, tra crisi energetica e corsa dell’inflazione, cercando di ridurre al minimo rimproveri e recriminazioni. Ieri è salito in Campidoglio per rendere l’ultimo omaggio al fondatore di Repubblica Eugenio Scalfari «che lascia un vuoto incolmabile nella vita pubblica del nostro Paese» e lunedì volerà ad Algeri. La missione è strategica per le forniture di gas alternative a quelle di Mosca ma la presenza dei ministri Di Maio, Lamorgese, Cartabia, Cingolani, Giovannini e Bonetti dice l’importanza di questo IV vertice intergovernativo. A leggere l’agenda di Palazzo Chigi il premier doveva restare anche martedì, ma ha deciso di rientrare con un giorno di anticipo per preparare l’uscita di scena. In assenza di sorprese, Mario Draghi resterà in carica fino alle elezioni per il disbrigo degli affari correnti. «Le scelte sono condivise con il presidente Mattarella», risponde il premier a chi gli chiede quanto pesi il «gran rifiuto» sui rapporti con il capo dello Stato. 16 luglio 2022 (modifica il 16 luglio 2022 | 11:20) © RIPRODUZIONE RISERVATA , 2022-07-16 09:20:00, Draghi oggi si sposterà per un fine settimana di tregua e lavoro nel buen retiro umbro di Città della Pieve: limerà il discorso delle dimissioni di mercoledì, Monica Guerzoni

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