Il dossier di Tuttoscuola “Maturità: boom di diplomi facili“, costruito in alcuni anni di ricerca sui dati ufficiali del Ministero dell’Istruzione, ha esaminato soprattutto per diversi istituti paritari le cause dello strano fenomeno di incremento esponenziale di studenti interni nel passaggio dal quarto al quinto anno.
Passaggio abnorme di cui la Buona Scuola (legge 107/15) aveva investito il Parlamento per indagini che, dopo un primo intervento, non hanno avuto seguito, contribuendo a dare il via libera al fenomeno che è andato aumentando di anno in anno.
Il dossier, oltre a individuare alcune disposizioni normative (esame di idoneità, classi collaterali) che facilitano il passaggio dal quarto al quinto anno, ha messo in evidenza, tra l’altro, la mancanza di uno strumento per controllare le presenze (e le assenze) degli studenti.
È bene ricordare che, anche gli studenti degli istituti paritari, come quelli degli statali, hanno l’obbligo di presenza a scuola per almeno tre quarti del monte ore annuo delle lezioni; obbligo che, se non rispettato, comporta la non ammissione all’esame.
Per chi abita a centinaia o migliaia di chilometri dall’istituto paritario scelto per il diploma facilitato, la frequenza obbligatoria comporterebbe trasferimenti o ricerca di domicilio in loco, con conseguenti costi aggiuntivi insostenibili. La maggior parte degli istituti, per invogliare i clienti, garantisce il non obbligo di frequenza, limitandosi a richiedere durante tutto l’anno poche presenze di due o tre giorni ogni tanto (a fine quadrimestre, alle prove Invalsi).
È questa la carta vincente degli istituti paritari in odore di diplomificio.
Uno strumento per controllare le presenze senza possibilità di alterazione ci sarebbe, ma gli istituti paritari si guardano bene dall’impiegarlo, visto che per il momento non è ancora obbligatorio
Parliamo del registro elettronico, previsto oltre dieci anni fa dal decreto-legge 95/2012 e convertito dalla legge 135/2012, che aveva disposto: A decorrere dall’anno scolastico 2012-2013 le istituzioni scolastiche e i docenti adottano registri on line e inviano le comunicazioni agli alunni e alle famiglie in formato elettronico.
La norma prevedeva, dunque, l’obbligo per tutte le istituzioni scolastiche del sistema d’istruzione (statali e paritarie) di adottare lo strumento, ma, a seguito di ricorsi e varie opposizioni, diverse sentenze hanno convenuto che non sussisteva l’obbligo, in quanto non era (e tuttora non è) mai stato definito il piano di dematerializzazione previsto dalla legge: “Il Ministero dell’istruzione, dell’università e della ricerca predispone entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della legge di conversione del presente decreto un Piano per la dematerializzazione delle procedure amministrative in materia di istruzione, università e ricerca e dei rapporti con le comunità dei docenti, del personale, studenti e famiglie”.
Le stesse sentenze, che momentaneamente hanno sospeso l’obbligo del registro elettronico, hanno aggiunto che, in presenza di apposita delibera del collegio docenti, lo strumento può essere adottato.
Attualmente sono molte le istituzioni statali che vi hanno provveduto, spesso sollecitate e convinte all’acquisto da parte delle agenzie produttrici. È improbabile che vi abbiano provveduto gli istituti paritari che vivono sulle assenze dei loro studenti.
Ma nel momento in cui, varato finalmente il Piano di dematerializzazione, anche gli istituti paritari saranno costretti alla compilazione in tempo reale con registrazione dei presenti e degli assenti all’inizio delle lezioni, la situazione per loro potrebbe radicalmente cambiare.
È pur vero che serve sempre una visita ispettiva per verificare l’impiego corretto del registro, ma se scoperti, vi sarebbe il rischio di accusa di falso in atto pubblico (sono diverse le sentenze relative all’impiego scorretto del registro cartaceo) che porterebbe anche alla perdita del riconoscimento della parità.
Attendiamo ora, con auspicabile urgenza, il Piano di dematerializzazione.
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