In merito alle procedure di autorizzazione, sempre nell’alveo della materia delle incompatibilità del personale del comparto scuola, il comma 7 dell’art. 53 prevede che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Il successivo comma 7-bis, introdotto dall’art. 1, comma 42 della legge n. 190 del 2012, prevede che l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.
I compensi esclusi
Gli incarichi retribuiti sono tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e doveri di ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. Sono esclusi, ribadiamo, i compensi derivanti:
- dalla collaborazione a giornali, riviste, enciclopedie e simili;
- dalla utilizzazione economica da parte dell’autore o inventore di opere dell’ingegno e di invenzioni industriali;
- dalla partecipazione a convegni e seminari;
- da incarichi per i quali è corrisposto solo il rimborso delle spese documentate;
- da incarichi per lo svolgimento dei quali il dipendente è posto in posizione di aspettativa, di comando o di fuori ruolo;
- da incarichi conferiti dalle organizzazioni sindacali a dipendenti presso le stesse distaccati o in aspettativa non retribuita.
- da attività di formazione diretta ai dipendenti della pubblica amministrazione nonché’ di docenza e di ricerca scientifica.
La preventiva autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza
Quindi, le pubbliche amministrazioni non possono conferire incarichi retribuiti a dipendenti di altre amministrazioni pubbliche senza la previa autorizzazione dell’amministrazione di appartenenza dei dipendenti stessi. Il conferimento dei già menzionati incarichi, senza la previa autorizzazione, costituisce in ogni caso infrazione disciplinare per il funzionario responsabile del procedimento; il relativo provvedimento è nullo di diritto. In tal caso – come con competenza afferma il dott. Bruno Lorenzo Castrovinci, alla guida dell’Istituto Comprensivo di Brolo (ME) – l’importo previsto come corrispettivo dell’incarico, ove gravi su fondi in disponibilità dell’amministrazione conferente, è trasferito all’amministrazione di appartenenza del dipendente ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti.
L’autorizzazione va chiesta, in primis, dall’Amministrazione che deve conferire l’incarico
Il comma 10 del famoso e più volte citato art. 53 prevede che “L’autorizzazione, di cui ai commi precedenti, deve essere richiesta all’amministrazione di appartenenza del dipendente dai soggetti pubblici o privati, che intendono conferire l’incarico; può, altresì, essere richiesta dal dipendente interessato. Il può non esonera, in alcun modo e per nessuna ragione, l’amministrazione che conferisce l’incarico a richiedere l’autorizzazione quando, dal curriculum presentato dal docente sia chiaro e si evinca che il soggetto a cui conferire l’incarico sia un dipendente dello Stato. Farebbe bene, la magistratura, a far prevalere, cosa che ad oggi accade davvero molto raramente, la responsabilità dell’amministrazione conferente che, di fatto, scarica, sovente, ogni responsabilità sul dipendente pubblico. “L’amministrazione di appartenenza – continua il citato comma 10 – deve pronunciarsi sulla richiesta di autorizzazione entro trenta giorni dalla ricezione della richiesta stessa. Per il personale che presta comunque servizio presso amministrazioni pubbliche diverse da quelle di appartenenza, l’autorizzazione è subordinata all’intesa tra le due amministrazioni. In tal caso il termine per provvedere è per l’amministrazione di appartenenza di 45 giorni e sì prescinde
dall’intesa se l’amministrazione presso la quale il dipendente presta servizio non si pronunzia entro 10 giorni dalla ricezione della richiesta di intesa da parte dell’amministrazione di appartenenza. Decorso il termine per provvedere, l’autorizzazione, se richiesta per incarichi da conferirsi da amministrazioni pubbliche, si intende accordata; in ogni altro caso, si intende definitivamente negata”.
Il potere di autorizzazione delle amministrazioni deve essere esercitato secondo criteri oggettivi
La Circolare n. 3 del 19 febbraio 1997 del Dipartimento della Funzione Pubblica aveva chiarito che le attività consentite sono un’eccezione rispetto al prevalente e generale principio di incompatibilità, con la conseguenza che il potere di autorizzazione delle amministrazioni deve essere esercitato secondo criteri oggettivi e idonei a verificare la compatibilità dell’attività extra istituzionale in base alla natura della stessa, alle modalità di svolgimento e all’impegno richiesto.
Pertanto, le condizioni ed i criteri in base ai quali il dipendente a tempo pieno può essere autorizzato a svolgere un’altra attività (ad eccezione di quelli per i quali è esclusa ogni forma di autorizzazione) possono così sintetizzarsi:
- la temporaneità e l’occasionalità dell’incarico;
- la necessità che l’attività svolta non sia in conflitto con gli interessi dell’Amministrazione e con il principio del buon andamento della Pubblica Amministrazione;
- la compatibilità dell’impegno lavorativo derivante dall’incarico con l’attività lavorativa di servizio cui il dipendente è addetto tale da non pregiudicarne il regolare svolgimento, con la ulteriore precisazione che l’attività deve essere svolta necessariamente al di fuori dell’orario di servizio.
Dipendenti in regime di part-time
Il comma 6 dell’art. 53 del D.lgs. n. 165 del 2001 prevede che la normativa in materia di incompatibilità disciplinata dal medesimo articolo si applica ai dipendenti delle amministrazioni pubbliche con esclusione dei dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al 50% di quella a tempo pieno, oltre che dei docenti universitari a tempo definito e delle altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero professionali. Va, tuttavia, precisato – come scrive il dott. Bruno Lorenzo Castrovinci in una dotta circolare dell’Istituto Comprensivo di Brolo (ME) – che ai sensi dell’art. 1, comma 58, della legge n. 662/96, l’attività lavorativa subordinata, prestata in aggiunta a quella intercorrente con l’amministrazione scolastica, non può, in alcun caso, essere costituita con altra amministrazione pubblica.
La diffida
Il personale che contravvenga ai divieti già indicati viene diffidato a cessare dalla situazione di incompatibilità. L’ottemperanza alla diffida non preclude l’azione disciplinare. Decorsi quindici giorni dalla diffida senza che l’incompatibilità sia cessata, viene disposta la decadenza con provvedimento del direttore generale o capo del servizio centrale competente, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale appartenente ai ruoli nazionali; con provvedimento del provveditore agli studi, sentito il consiglio scolastico provinciale, per il personale docente della scuola materna, elementare e media e, sentito il Consiglio nazionale della pubblica istruzione, per il personale docente degli istituti e scuole di istruzione secondaria superiore.
L’autorizzazione per i docenti all’esercizio della libera professione
I presupposti richiesti dalla norma di cui all’art. 508 comma 15 citato sono quindi:
- Esercizio di una libera professione;
- L’autorizzazione del dirigente.
L’autorizzazione del dirigente
Per quanto concerne l’autorizzazione del dirigente in giurisprudenza è stato precisato che il suddetto dirigente è chiamato a verificare che l’esercizio di tale attività non pregiudichi l’attività di docente e la compatibilità con l’orario di insegnamento e di servizio. (cfr. T.A.R. Lombardia – Brescia – Sent. 07 ottobre 1996 n. 963). In altra occasione il Consiglio Stato con sentenza 05 febbraio 1994 n. 102 ha ritenuto legittimo il provvedimento di diniego di autorizzazione all’esercizio di libera attività professionale motivato dal dirigente scolastico con riguardo al minor rendimento del docente in conseguenza della condizione di affaticamento del docente stesso nell’espletamento del servizio e dell’esercizio professionale.
La verifica che deve compiere il dirigente scolastico
Pertanto, afferma il dott. Bruno Lorenzo Castrovinci – la verifica che il dirigente scolastico dovrà compiere al fine di autorizzare o meno l’esercizio della libera professione dovrà tener conto:
- Del carattere di autonomia o di subordinazione del rapporto di lavoro;
- Dell’eventuale pregiudizio dell’attività all’ordinato e completo assolvimento delle attività inerenti alla funzione docente.
Compatibilità con l’esercizio della professione forense
Il Regio decreto-legge 27 novembre 1933, n. 1578 che disciplina l’Ordinamento delle professioni di avvocato e procuratore prevede all’art. 3 che l’esercizio della professione di avvocato è incompatibile con l’esercizio della professione di notaio, con l’esercizio del commercio in nome proprio o in nome altrui, con la qualità di ministro di qualunque culto avente giurisdizione o cura di anime, di giornalista professionista, di direttore di banca, di mediatore, di agente di cambio, di sensale, di ricevitore del lotto, di appaltatore di un pubblico servizio o di una pubblica fornitura, di esattore di pubblici tributi o di incaricato di gestioni esattoriali. Il secondo comma dell’art. 3 citato prevede che è anche incompatibile con qualunque impiego od ufficio retribuito con stipendio sul bilancio dello Stato, delle Province, dei Comuni, delle istituzioni pubbliche di beneficenza, della Banca d’Italia, della lista civile, del gran magistero degli ordini Cavallereschi, del Senato, della Camera dei deputati ed in generale di qualsiasi altra Amministrazione o istituzione pubblica soggetta a tutela o vigilanza dello Stato, delle Province e dei Comuni. È infine incompatibile con ogni altro impiego retribuito, anche se consistente nella prestazione di opera di assistenza o consulenza legale, che non abbia carattere scientifico o letterario. Sono eccettuati dalla disposizione del secondo comma: i professori e gli assistenti delle università e degli altri istituti superiori ed i professori degli istituti secondari dello Stato.
Richiesta autorizzazione Incarico
, 2022-09-02 05:40:00, In merito alle procedure di autorizzazione, sempre nell’alveo della materia delle incompatibilità del personale del comparto scuola, il comma 7 dell’art. 53 prevede che i dipendenti pubblici non possono svolgere incarichi retribuiti che non siano stati conferiti o previamente autorizzati dall’amministrazione di appartenenza. In caso di inosservanza del divieto, salve le più gravi sanzioni e ferma restando la responsabilità disciplinare, il compenso dovuto per le prestazioni eventualmente svolte deve essere versato, a cura dell’erogante o, in difetto, del percettore, nel conto dell’entrata del bilancio dell’amministrazione di appartenenza del dipendente per essere destinato ad incremento del fondo di produttività o di fondi equivalenti. Il successivo comma 7-bis, introdotto dall’art. 1, comma 42 della legge n. 190 del 2012, prevede che l’omissione del versamento del compenso da parte del dipendente pubblico indebito percettore costituisce ipotesi di responsabilità erariale soggetta alla giurisdizione della Corte dei conti.
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