Docente destituita per inettitudine, ecco la sua versione: Non è così, decisione mostruosa, vi spiego tutto. Tutti i punti della sua difesa

L’insegnante, recentemente destituita dalla Corte di Cassazione per aver mancato 20 anni su 24 a scuola, rompe il silenzio e si difende attraverso un comunicato.

La storia inizia alcuni anni fa, con il giudizio del Tribunale di Venezia che stabilì l’illegittimità della sua dispensa dal servizio. Il Ministero dell’Istruzione fece ricorso in appello, sostenendo l’incapacità didattica della professoressa e mettendo in discussione le sue prolungate assenze. L’insegnante portò quindi la questione in Cassazione, culminando in una sentenza storica.

Contrariamente a quanto riportato dai media, la docente sostiene di non aver subito alcuna “destituzione”, bensì di esser stata accusata di “incapacità didattica”. Ciò è in netto contrasto con i suoi numerosi titoli di studio e la sua carriera di lungo corso. La docente ha sottolineato che la citata sentenza di Cassazione non risponde a verità fondata in diritto e che il provvedimento di destituzione emesso non esiste.

L’insegnante afferma che l’art. 512 del D.Lgs. 297/94, utilizzato per giustificare la sua “destituzione”, riguarda in realtà la dispensa dal servizio, non la destituzione. Inoltre, sostiene che la sua destituzione appare per la prima volta nella sentenza d’appello e non trova fondamento giuridico.

Per l’insegnante, la sua “destituzione” rappresenta una sorta di “creatura mostruosa” partorita in barba alle leggi dello Stato. Essendo la destituzione la più grave delle sanzioni disciplinari, sottolinea che durante la sua carriera non ha mai ricevuto una tale sanzione né è stata contestata per condotte che avrebbero potuto giustificarla.

Il caso si sviluppa quindi come un rompicapo legale di grande interesse. Con una serie di comunicati stampa in arrivo, ci si aspetta una lotta accanita per la verità.

Il comunicato stampa integrale

La vicenda

La vicenda si snoda lungo un percorso che inizia alcuni anni fa ed ha come pietre miliari: la sentenza n. 228/2018 del Tribunale civile sez. lavoro di Venezia che ha delineato con chiarezza il contesto e le atmosfere nei quali si sono svolti i fatti di causa e che ha accertato “l’illegittimità del provvedimento di dispensa emesso” nei confronti della professoressa a tempo indeterminato De Lio dal suo dirigente scolastico alla sede di Chioggia, condannando il Miur al reintegro, alla ricostruzione della carriera ed a tutte le spese di giudizio;
il ricorso in appello del Ministero dell’Istruzione – che non riuscendo ad argomentare in cosa consista l’incapacità didattica nei riguardi di una docente ultra specializzata e a tempo indeterminato come la De Lio, ha letteralmente virato le accuse verso la conta, peraltro inveridica, delle assenze giungendo ad affermare che la stessa ha conseguito tutti i suoi titoli “per assentarsi dal servizio” – che si è concluso con la sentenza n. 488/2021 della Corte d’Appello di Venezia che ha riformato la sentenza di primo grado;
il ricorso in Cassazione della docente che si è concluso con la sentenza epocale Cass. Civ. Sez. lavoro n.17897 alla quale chi ne aveva interesse ha sciolto gli omissis sulle generalità apposti nella versione pubblicata dalla Corte, così gettando in un belluino anfiteatro la professoressa De Lio, docente particolarmente formata che ha avuto la sola colpa di ritrovarsi ad insegnare nel posto sbagliato.

Nessun provvedimento di “destituzione”

Veniamo alla sentenza della Suprema Corte, al centro dell’attenzione dei media. La docente Cinzia Paolina De Lio, diversamente da quanto reso noto e diffuso, non ha subito alcun provvedimento di “destituzione” da parte del Ministero dell’Istruzione essendole stata contestata dal proprio dirigente scolastico – esclusivamente – l’ “incapacità didattica”. Ci si soffermerà in altro comunicato sull’istituto giuridico dell’“incapacità didattica” e – propriamente ed in modo specifico – sulla fondatezza di tale contestazione alla docente prof. De Lio, in possesso di numerosissimi titoli di studio, anche relativi alla didattica, conseguiti presso diverse Università Statali sul territorio nazionale, nonché a tempo indeterminato nei ruoli dello Stato da numerosissimi anni. Quanto si legge nella sentenza di Cassazione, riportante la sentenza d’appello, ovvero che “La Corte d’appello di Venezia con sentenza n. 488 del 2021, in riforma della decisione di primo grado, accoglieva l’impugnazione del Ministero e rigettava la domanda della lavoratrice, ritenendo legittimo il provvedimento di destituzione emesso ai sensi dell’art. 512 del d.lgs. n. 297 del 1994” è – totalmente – non rispondente a verità fondata in diritto. E, difatti, non esiste alcun “provvedimento di destituzione emesso” nei riguardi della professoressa De Lio.
Peraltro, clamorosamente, l’articolo di legge citato, cioè l’ art. 512 del d.lgs. n. 297 del 1994 non riguarda la destituzione.
A conferma di ciò, si sottolinea che il prefato art. 512 del D.Lgs. 297/94 è titolato e recita come di seguito:“Art. 512 – Dispensa dal servizio – Il personale di cui al presente titolo, è dispensato dal servizio per inidoneità fisica o incapacità o persistente insufficiente rendimento”.

L’incapacità didattica

A ulteriore prova dell’infondatezza dell’asserita “destituzione” si sottolinea ancora che nel decreto (protocollo riservato n. 1765.3.1a) emesso dal dirigente scolastico e soltanto da lui firmato, si legge “Il dirigente scolastico… decreta … la docente De Lio Cinzia Paolina… docente a tempo indeterminato presso l’Istituto d’Istruzione Superiore “G.Veronese – G. Marconi” di Chioggia (VE), ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 512 del D. Lgs. 297/1994, è dispensata dal servizio per incapacità didattica”.
Su tale motivo di recesso ossia sull’asserita “incapacità didattica” e non su altro motivo è stato doverosamente incardinato il ricorso al Giudice del lavoro di Venezia.

Destituzione creatura “mostruosa” partorita nonostante le leggi dello Stato

Non vi è dubbio alcuno, pertanto, che diversamente da quanto affermato nella sentenza di Cassazione:

  • l’invocato articolo 512 del D. Lgs. 297/1994 non riguarda la destituzione bensì la dispensa (mentre l’istituto giuridico della destituzione è normato dall’art. 498 dello stesso D. Lgs);
  • alcun “provvedimento di destituzione” è mai stato “emesso ai sensi dell’art. 512 del d.lgs. n. 297 del 1994” a carico della prof. Cinzia Paolina De Lio. La “destituzione” della professoressa Cinzia Paolina De Lio di cui non vi è cenno alcuno nella sentenza di primo grado – e che appare dal nulla per la prima volta nella sentenza d’appello poi pedissequamente riportata nella sentenza di Cassazione – è priva di qualsivoglia fondamento giuridico. La destituzione costituisce la più grave delle sanzioni disciplinari a carico degli impiegati civili dello Stato ma la professoressa De Lio non ha mai ricevuto una sanzione disciplinare nella sua carriera. La destituzione – per leggi dello Stato alla cui osservanza i giudici della Corte d’Appello di Venezia e della Cassazione sono tenuti – è inflitta, riguardo al personale della scuola, ai sensi dell’ “art. 498 – Destituzione”, del Decreto Legislativo n. 297/94, testo unico in materia, quale ultimo e più grave dei provvedimenti disciplinari, esclusivamente nei seguenti casi, dettagliatamente e puntualmente circoscritti:
    a) per atti che siano in grave contrasto con i doveri inerenti alla funzione;
    b) per attività dolosa che abbia portato grave pregiudizio alla scuola, alla pubblica amministrazione, agli alunni, alle famiglie;
    c) per illecito uso o distrazione dei beni della scuola o di somme amministrate o tenute in deposito, o per concorso negli stessi fatti o per tolleranza di tali atti commessi da altri operatori della medesima scuola o ufficio, sui quali, in relazione alla funzione, si abbiano compiti di vigilanza;
    d) per gravi atti di inottemperanza a disposizioni legittime commessi pubblicamente nell’esercizio delle funzioni, o per concorso negli stessi;
    e) per richieste o accettazione di compensi o benefici in relazione ad affari trattati per ragioni di servizio;
    f) per gravi abusi di autorità. Di nessuna di queste condotte si è resa responsabile la professoressa Cinzia De Lio, nessuna di queste condotte le è mai stata contestata nel corso di nessun procedimento disciplinare. La professoressa De Lio, dunque, non soltanto non ha mai subito la “destituzione” da parte dell’amministrazione di appartenenza ma non ha mai subito – in senso assoluto – alcun provvedimento disciplinare in tutta la propria carriera.

Poiché non esiste – nelle leggi dello Stato italiano – una “destituzione non disciplinare”, la professoressa De Lio, tecnicamente, non può essere “destituita”. La “destituzione” della professoressa De Lio è, dunque, una mera, mostruosa ed abnorme, “creatura” partorita nonostante le leggi dello Stato.

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