Quella del 5 ottobre è la giornata in cui si celebra l’insegnante in tutto il mondo. Ma le questioni aperte sono tante. Questioni che tendono a svilire questa figura indispensabile per la società, specialmente in Italia.
Quest’anno la giornata mondiale dell’insegnante è stata dedicata alla crescente mancanza di docenti: ne mancano 44 milioni nel mondo per raggiungere l’obiettivo dell’istruzione primaria e secondaria per tutti entro il 2030, come oggi ha spiegato la direttrice generale dell’Unesco, Audrey Azoulay.
Sul punto più volte il Ministro dell’Istruzione e del Merito Giuseppe Valditara ha raccontato come il problema di trovare sempre un numero adeguato di insegnanti giovani è un problema che più o meno hanno tutti i Paesi non solo in Europa, ma nel mondo: “In tutti i Paesi OCSE è sempre meno attrattiva la professione docente. E ovviamente anche in Italia. C’è una sproporzione a livello economico ma non solo”.
Ha detto il Ministro dell’Istruzione e del Merito nel corso della presentazione del suo intervento alla presentazione del Rapporto OCSE “Education at a glance 2023”.
“C’è anche la sfida di ridare autorevolezza sociale a chi fa il mestiere più bello del mondo – ha proseguito il Ministro – e rendere sempre più attraente la professione“.
“Se noi vogliamo una scuola capace di formare adeguatamente i nostri ragazzi dobbiamo incoraggiare i giovani ad intraprendere questa carriera, che spesso ti porta a lavorare lontano da casa“, aggiunge Valditara.
Il tasto dolente è senza dubbio quello delle retribuzioni: non c’è rapporto italiano o europeo che non confermi lo stato di disagio degli stipendi degli insegnanti italiani, in fondo alle classifiche rispetto ai colleghi europei. Ma non solo: ” Gli stipendi dei docenti italiani – ha sottolineato Gianna Fracassi, segretaria generale Flc Cgil– restano fra i più bassi non solo rispetto ai colleghi europei, ma anche rispetto ai lavoratori del pubblico impiego italiano a parità di titolo di studio. Rinnovare il contratto 2022/2024 velocemente stanziando risorse adeguate – ha evidenziato – sarebbe un modo per rispondere alle attese di queste lavoratrici e di questi lavoratori che dobbiamo “celebrare” nei fatti e non solo a parole“.
Il rapporto Eurydice evidenzia significative differenze negli stipendi di base iniziali degli insegnanti tra i vari Paesi europei, con una forchetta che va da circa 11.000 a 59mila euro all’anno. Questo parametro, che neutralizza le differenze di livello dei prezzi tra i paesi, facilita una comparazione internazionale più equa.
In Italia, insieme ad altri paesi, gli insegnanti hanno bisogno di una significativa anzianità di servizio per raggiungere aumenti di stipendio piuttosto modesti. Nel nostro paese, infatti, gli stipendi iniziali degli insegnanti possono aumentare di poco meno del 50% solo dopo 35 anni di servizio.
Senza contare della notevole differenza fra docenti e dirigenti scolastici nel nostro Paese: lo stipendio minimo di base per i capi di istituto è, per esempio, il doppio dello stipendio di un insegnante con 15 anni di servizio.
Un sondaggio Ipsoss, pubblicato proprio nella giornata del 5 ottobre, mostra come gli italiani siano consapevoli della situazione, riconoscendo le fatiche dei docenti e ritenendo che gli stipendi attuali siano inadeguati, anche perché il lavoro dell’insegnante sta cambiando, adottando approcci e metodi innovativi, diversi da quelli tradizionali.
Eppure, lo stesso sondaggio, mostra allo stesso tempo come emerge fra la popolazione un’altissima considerazione per la figura dei docenti.
In particolare, una netta maggioranza, oltre i due terzi, ritiene questa professione più prestigiosa di molte altre.
Ipsos rileva anche che addirittura, quello dell’insegnante, risulta essere per gli italiani il primo “mestiere dei sogni”, davanti al medico, lo sportivo o l’artista.
Ma se è vero che questa professione gode di un’altissima considerazione, com’è possibile che gli stipendi siano così bassi? E soprattutto: com’è possibile che gli studenti non riconoscano in molti casi la loro autorevolezza, il prestigio sociale di cui ha sempre goduto nei tempi passati?
Assenza di autorevolezza e scarso prestigio sociale che purtroppo si riflettono nelle sempre più frequenti aggressioni verbali e fisiche ai danni dei docenti, sia da parte dei giovani studenti che da parte dei loro genitori.
E qui, l’attuale governo, si sta muovendo: è approdata in Aula alla Camera la proposta di legge contro le violenze ai docenti, un’iniziativa che ha come primo firmatario il parlamentare della Lega, Rossano Sasso.
Nel testo si prevede l’istituzione di un Osservatorio nazionale sulla sicurezza del personale scolastico presso il Ministero dell’istruzione. Un organo che si occuperebbe di monitorare il fenomeno della violenza, relazionarne al Parlamento e indicare al ministero le iniziative da prendere per migliorare i rapporti tra studenti, professori e genitori, come i corsi di formazione per gli insegnanti e i progetti di prevenzione del disagio giovanile.
La proposta di legge punta, infine, a modificare alcune norme del codice penale introducendo un’aggravante. Si tratta degli articoli 336 e 341-bis che puniscono chi esercita violenza, offende o minaccia pubblici ufficiali, di cui fanno parte docenti, dirigenti e incaricati di pubblico servizio, come, tra gli altri, gli operatori scolastici. Nello specifico, si tratta di un inasprimento della pena fino a un terzo in più per chi esercita violenza, minaccia o offende l’intero personale della scuola. Se a commettere il reato, poi, è un genitore, la pena può invece aumentare fino alla metà.
Inoltre, il Ministero dell’Istruzione e del Merito, di fronte a casi di questo tipo, ha richiesto all’Avvocatura generale dello Stato di rappresentare nei giudizi civili e penali i docenti e i lavoratori della scuola, uno dei risultati più volte ricordati dal Ministro Valditara.
Secondo Giuseppe D’Aprile, segretario generale Uil Scuola, “va recuperato il rispetto, lo diciamo da tempo, facendo molta attenzione a parlare di scuola con superficialità, trattandola bene anche attraverso una maggiore considerazione del personale che vi lavora”.
“È un processo giornaliero che parte dalle parole – conclude D’Aprile – serve l’aiuto di tutti, anche e soprattutto dei genitori delle studentesse e degli studenti”.
Poche settimane fa, in occasione dell’inaugurazione dell’anno scolastico, è intervenuto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella: “Dobbiamo incoraggiare il lavoro di tanti insegnanti, entusiasti e volenterosi, aiutare la loro strada per camminare insieme agli studenti, evitando che cambino ogni anno, con la necessità di ricostruire ogni volta il rapporto con loro”, ha detto, evidenziando come bisogna assicurare loro “condizioni economiche adeguate, e restituendo pienamente alla loro funzione il prestigio che le compete nella società e che talvolta è messo in discussione da genitori che non si rendono conto di recar danno ai propri figli“.
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