Le polemiche attorno alla figura e al ruolo di don Milani nella storia della scuola italiana non sono nuove, ma il citato articolo di Galli della Loggia, pubblicato il 1° di giugno sul più importante quotidiano italiano proprio all’acme delle manifestazioni di apprezzamento e di devozione (marce, preghiere) per il pensiero e l’azione del priore di Barbiana nel centenario della sua nascita, ha scatenato una bufera di reazioni e di indignate proteste.
Circolano in rete, nelle chat di Facebook, feroci stroncature dell’articolo di Galli della Loggia, ribattezzato “Polli del Balcone”, accusato di aver offeso la memoria di un profeta della scuola democratica. Fino a che punto sono giustificate queste reazioni? È corretto sul piano intellettuale (su quello morale le proteste si possono capire) sbarazzarsi sbrigativamente delle analisi di due importanti storici della scuola e della società italiana come Galli della Loggia e Scotto di Luzio come se fossero degli sprovveduti opinionisti, leoni da tastiera?
A mio avviso no. Faccio questa affermazione per questa volta, in via del tutto eccezionale, non in qualità di componente della redazione di Tuttoscuola (nella quale ci sono sensibilità diverse) ma in prima persona, come docente di Sistemi scolastici contemporanei e Storia della scuola nell’università di Roma Tor Vergata.
Secondo me i due autori citati non hanno torto – sempre che io abbia bene interpretato il loro pensiero – quando vedono in don Milani non un propugnatore della riforma democratica della scuola ma un radicale contestatore e disvelatore della natura classista della scuola liberal-borghese, vissuta come un insulto non tanto alla Costituzione quanto all’idea di uguaglianza annunciata dal Vangelo. Insomma, non un riformatore (nel mirino della sua Lettera, che è del 1967, sta la riforma della scuola media, avviata nel 1963, che pure aveva soppresso i corsi di avviamento al lavoro), ma un rivoluzionario testimone dello scandalo di una scuola lontana dal messaggio di Cristo.
E non ha torto chi sostiene che dopo il 1968 il messaggio ugualitario di don Milani sia stato banalizzato e strumentalizzato, soprattutto (ma non solo) dalla sinistra post-gramsciana e post-marchesiana (Concetto Marchesi avrebbe voluto che lo studio del latino fosse previsto in una scuola media unica e obbligatoria) per far posto a vaghezze buoniste e a un’idea di scuola non selettiva che poco chiede e poco dà agli studenti, coi risultati che si vedono.
Personalmente penso anche che don Milani sarebbe oggi il primo a ribellarsi alla monumentalizzazione indolore della sua figura e della sua idea di scuola.
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