Donbass, al mercato dell’usato: «Si vive alla giornata, sopravviviamo vendendo i vestiti»

di Lorenzo Cremonesi, inviato a Kramatorsk

Il racconto di Helena, produttrice di miele, tra le bancarelle: «I nostri alveari distrutti dai russi» Michail: «Importavamo caffè, stiamo per chiudere»

È una tradizione che risale agli ultimi anni dell’Unione Sovietica: ogni domenica mattina lungo i marciapiedi e nelle zone alberate attorno al mercato coperto di corso Parkowa gli abitanti dei quartieri popolari di Kramatorsk vengono a vendere le loro cose. A fianco delle bancarelle regolari, chiunque può ammonticchiare vestiti usati, scarpe del nonno, bici dei figli diventati grandi o stoviglie vecchie. Ma negli ultimi tempi il mercatino dell’usato è lo specchio della crisi economica generata dall’invasione russa del 24 febbraio, che sta impoverendo fette sempre più larghe della popolazione ucraina. «Si salva soltanto chi ha in casa ancora gli anziani genitori che percepiscono le pensioni statali, ma per il resto la disoccupazione è normale e così anche la fine del reddito fisso. Viviamo alla giornata», dicono Maria, Alina e Margherita, rispettivamente di 69, 74, e 58 anni, tutte senza lavoro, prive di pensione e i cui figli sono sfollati all’estero sin dai primi giorni della guerra. «Mai avremmo pensato che saremmo state ridotte a vendere i nostri vestiti e le lenzuola di casa per cercare di sfamarci», dicono mostrando i fagotti di magliette, gonne e pantaloni stesi sull’erba di fronte a loro. Poco lontano un signore sulla cinquantina si è portato uno sgabello pieghevole e propone per poche grivne rugginosi attrezzi da lavoro, comprese pesanti chiavi inglesi che usavano i carristi russi nella Seconda guerra mondiale.

Il tracollo economico

«Siamo tutti tornati indietro a livelli di vita simili a quelli dei nostri nonni durante l’invasione nazista. Speriamo che finisca presto, perché così non si può andare avanti», esclama Helena, 54 anni, che vende miele prodotto dalle api della loro azienda famigliare. «Negli ultimi anni andavamo bene. Nel 2021 avevamo superato di gran lunga sei tonnellate di miele, che ci avevano garantito ottimi guadagni. Venivano a comprarlo anche da Kiev e Kharkiv. Ma i nostri alveari si trovano nelle zone di battaglia, i russi ne occupano una parte. Così abbiamo dovuto trasportare le api qui attorno a Kramatorsk e quest’anno saremo fortunati se riusciremo a produrre mezza tonnellata. Non copriremo neppure le spese». Anche Michail racconta il tracollo economico della Cup Coffee, la compagnia di Kramatorsk per cui lavora da tre anni: «Ci eravamo specializzati nell’import del caffè, che noi facevamo tostare, inventando nuove miscele diventate molto popolari. Nel 2021 il nostro fatturato ha superato il milione e mezzo di grivne, ma nel 2022 non arriverà a 22.000. Una catastrofe: bloccato l’import, non possiamo lavorare, smaltiamo le scorte e poi chiudiamo». Racconti che confermano le valutazioni allarmate dei maggiori enti economici internazionali e aprono inquietanti domande sulle capacità di resistenza della società ucraina impegnata in un conflitto che rischia di incancrenirsi nella lunga durata.

La soglia di povertà

La Banca mondiale valuta che entro fine anno il 70% dei quasi 40 milioni di ucraini (compresi i 5 milioni di profughi all’estero e i 7 milioni sfollati interni) potrebbero essere vicino alla soglia di povertà, che significa vivere con meno di 5,5 dollari al giorno, ma, se la guerra dovesse prolungarsi, entro il 2025 il 60% si troverà ben sotto quella soglia. Nel 2021 si stimava che appena il 18% della popolazione fosse a quel livello. Stime molto simili sono fornite dall’Onu. E l’agenzia economica Bloomberg prevede già oggi che il prodotto nazionale lordo del 2022 sarà la metà di quello del 2021. «Restano i più poveri, chi non ha risorse per viaggiare e teme di perdere anche la casa. Lo vediamo ogni giorno mentre li accogliamo nelle nostre organizzazioni caritative locali», racconta Alexander, un prete 38enne della chiesa ortodossa legata al patriarcato di Kiev in rotta con quello di Mosca. Lo incontriamo nella sua piccola parrocchia di periferia, dove lui stesso ha raccolto cibo da distribuire: «Vedo persone che lottano per sopravvivere. Da marzo non hanno entrate e i prezzi continuano a salire».

19 giugno 2022 (modifica il 19 giugno 2022 | 23:18)

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, 2022-06-19 22:03:00, Il racconto di Helena, produttrice di miele, tra le bancarelle: «I nostri alveari distrutti dai russi» Michail: «Importavamo caffè, stiamo per chiudere», Lorenzo Cremonesi, inviato a Kramatorsk

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