E’ il primo pomeriggio di giovedi 21 luglio 2022, quando sul gruppo Facebook, commosso e affettuoso, intitolato a Luca Serianni, arriva la notizia che nessuno voleva arrivasse: “Si è spento alle 9.30, fa sapere la famiglia, che ringrazia “tutti coloro che in questi giorni hanno manifestato il loro affetto”. I familiari e gli amici “esprimono la loro personale gratitudine al personale sanitario dell’Ospedale San Camillo di Roma”.
È il gelo. Per giorni, dopo l’incidente di cui è stato ingiustamente vittima – il linguista è stato travolto sulle strisce da un’auto a Ostia – e durante i giorni della tentata rianimazione, non sono mancati i ricordi, le testimonianze, gli attestati di stima e gli aneddoti legati a una vita dedicata alla cultura, all’insegnamento, all’amore, abbondantemente ricambiato, per i suoi studenti. Studenti molti dei quali sono a propria volta diventati insegnanti, e che sanno di dovere al professore deceduto buona parte dell’amore per la didattica e il piacere della cultura.
Riprendiamo qui di seguito alcune testimonianze tratte da alcun post lasciati nel gruppo social, un piccolo tributo all’opera e alla persona di Luca Serianni, a cui il mondo della scuola sa di essere legato per sempre.
“Addio, maestro insostituibile”, scrive Barbara Pantani. “Addio Professore e grazie di tutto. Resterà per sempre nei miei ricordi”, le fa eco Fabiola A. Zavarella.
Manola Masoni – riferendosi all’articolo di Raffaella de Santis che su Repubblica aveva scritto: “Mal tollerava i catastrofisti, quelli che dicono “la lingua italiana morirà” o “finiremo tutti analfabeti”. Osservava invece con quel suo sorriso ironico che addolciva il bel viso ossuto, i cambiamenti del lessico senza suonare le campane a morto. Piuttosto spingeva a riflettere, come i maestri veri dovrebbero sempre fare” – commenta: “Difficile che noi non vediamo la catastrofe ora che… quale eufemismo usare? “Ha chiuso gli occhi? Non ce l’ha fatta Se n’è andato? Ha lasciato questlo mondo?”. “Una giornata tristissima un onore averlo conosciuto”, scrive Monica Scuoch.
“Che dolore e che perdita” – scrive Simonetta Righini – Non ci posso credere”.
Poco prima che l’amato insegnante morisse, la docente Sabi Princi scriveva: “Professore, mi sveglio pensando a Lei! Sto rivivendo la stessa sofferenza che ho sopportato 10 anni per zia, e le auguro di svegliarsi presto! Persino i miei alunni di 15 anni sono dispiaciuti per l’incidente, ho sempre insegnato come dice Luca Serianni”
Manola Masoni, insegnante alle medie, ammette di costringere i suoi “bimbetti” a scrivere sé stesso così, con l’accento, come voleva il professor Serianni. Ricorda quando seguiva Geografia ma poi era stata attratta dalle lezioni di Serianni: “Qualcuno aveva anche trascritto sul banco, a matita, frammenti di Dante (“S’io m’intuassi, come tu t’inmii”) con strani segni e sequenze varie. E cuoricini. Indagai. Mi venne voglia di sostenere l’esame e chiesi gli appunti a un’amica che si rifiutò di darmeli: non era possibile vivere nello stesso secolo di Luca Serianni e non seguire le sue lezioni. E così mi sono ritrovata a far parte della schiera degli adoratori. Zitti zitti, prendevamo appunti di ogni sillaba, ci beavamo di ogni aneddoto e non perdevamo un’ora. In ogni lezione c’erano sempre almeno un paio di battute (geniali) dette (ci riusciva solo lui) in modo accademico, che si trattasse di un commento tagliente o dell’esempio di un qualche fenomeno. Fu un vorticare di regole, di parole e di > su lavagne, fogli, persino sulle mani. “Davanti a [i] le vocali toniche in iato rimangono intatte”; “il dittongo discendente tende a ridursi”, leggo tra le cose scritte a matita sulla mia copia degli “Appunti di grammatica storica italiana”. Quasi non so più cosa vuol dire, ora lotto con i compiti dei miei, in cui i fenomeni sono di altra natura (“lacqua dell’ago”). Era tutto vivo e bellissimo, la lingua italiana e l’apparato di miti e leggende che fiorivano intorno alla figura di Serianni. Alla fine dell’ultima lezione applaudii con tutti, come da tradizione. Non ho mai studiato qualcosa con lo stesso entusiasmo e la stessa paura e il giorno dell’esame, in piena estate, quella della comparsa della zanzara tigre, scordai persino il mio numero di matricola, non seppi dire (né ho mai scoperto) perché a Pisa “Homo” non dittongasse e abbracciai felice il mio 28. Ora i miei bimbetti delle medie sono obbligati con malvagità a scrivere ‘sé stesso’”.
Scrive Francy Valle: “L’umiltà, la serietà, la bravura di questo docente rimarranno sempre nei nostri ricordi come esempio da seguire. Aveva piena fiducia nei suoi stupendi e li trattava da pari. Io prendevo sempre appunti e custodisco i suoi quaderni con gelosia ma c’era anche chi registrava la lezione per poi risentirla perché ascoltare le sue lezioni era sempre un piacere. Si lavorava e si studiava molto ma con metodo e passione, capendo ciò che veniva detto e con l’entusiasmo di fare l’esame”.
E c’è la testimonianza, discreta, di Marco Gasparotti, chirurgo plastico, noto ancheal pubblico televisivo. Scrive: “Liceo classico Anco Marzio di Ostia 1971. Entra nella classe 1a A per il suo primo giorno di supplenza Luca Serianni. Io c’ero. Non ho parole, Professore”.
“Severo, ma giusto”, scriveva Arianna Adipietro poco prima che il docente morisse. “Profondamente colto , ma sempre umile e gentile. Un insegnante universitario che preparava con scrupolo, rigore e chiarezza ogni sua lezione come se fosse un professore del liceo. Che non dimenticava mai di aggiungere un pizzico di ironia per alleggerire le sue spiegazioni. Che correggeva con la penna rossa, ma evidenziava con il verde le parti ben scritte dei nostri testi. Che ricordava i nomi dei suoi studenti anche a distanza di anni: per lui non eravamo numeri, ma persone.Più che un professore, un Maestro.Spero e prego che possa svegliarsi al più presto e che possa rimanere con noi ancora per molti anni!
“È stato il mio ultimo esame, giugno 1995 – ricordava Mariagabriella Di Giacomo – Avevo seguito tutte le sue lezioni e anche i seminari, avevo preso pagine e pagine di appunti e studiato con impegno. Ma, forse, il pensiero era già altrove: mi sarei laureata un anno dopo e il lavoro di tesi mi avrebbe impegnata moltissimo…E comunque la materia non era del tutto nelle mie corde, se pure le sue lezioni mi avevano appassionata. Il voto fu 27 e io scoppi a piangere davanti al professore. Non so neanche perché, non mi era mai successo. Me ne vergognai molto. Ricordo la sua voce e la sua pronuncia impeccabile, il suo impegno nel trasmettere e la ricerca della chiarezza, il suo stile sobrio e la sua timidezza. Le sue lezioni e molte altre seguite alla Sapienza in quegli anni sono state fondamentali per la costruzione di me stessa adulta. Io spero tanto che possa farcela”.
Anche Paola Miranda sperava in un miracolo. Deriva da…: “Sono le parole – ricorda lei – di Luca Serianni che mi risuonano nella testa ogni volta che analizzo una parola…i suoi appunti di grammatica storica, le sue lezioni affollatissime, i suoi seminari, le sue movenze eleganti in cattedra, il sorriso garbato, la battuta colta al momento giusto. Mai fuori luogo, sempre dentro le regole, ed era dentro le regole anche stamattina mentre veniva investito sulle strisce pedonali ad Ostia. Ora spero solo che al San Camillo facciano il miracolo. Forza Prof!”
“Nonostante una certa tendenza alla prolissità (cit.), superai l’esame”, rammenta Antonella Salerno, anche lei insegnante. “Avevo seguito il corso di storia della lingua con quella passione che solo il professor Serianni sa infondere. I suoi insegnamenti li porto con me e cerco, nel mio piccolo, di impartirli ai miei alunni. La ammiriamo immensamente, ma, ci tengo a precisare e penso di parlare a nome di molti suoi studenti, noi abbiamo amato in lei non solo lo studioso, il linguista, quanto soprattutto il professore, l’insegnante. Serio, competente, equo, disponibile e accogliente. Grazie di tutto”.
“Caro Professore, siamo con Lei! Forza!” Incitava Fabi Ingam:“Proprio venti giorni fa ho ricevuto l’attestato del corso di Italiano della Fondazione I Lincei firmato da Lei. Quest’anno non avevo molto tempo per seguire il corso, ma all‘ultimo mi sono iscritta e, nonostante gli impegni dell’anno di prova per il ruolo, ho partecipato perché sapevo che avrei trovato spunti interessanti e utili alla mia attività didattica. Sono riuscita anche a consegnare l’elaborato finale in un mese di maggio rovente per una classe terza media… Sono contenta di averlo fatto, perché, come dice Lei, bisogna dare disciplina e onore nello svolgimento di una carica pubblica e il minimo che può fare un insegnante è essere sempre aggiornato. Da ieri riguardo quel foglio e passo in rassegna le pagine dei suoi libri su cui ho studiato e che abitualmente consulto nella speranza di ascoltare il suo discorso di apertura dei corsi del prossimo anno”.
Francesca Ricci, docente, ricordava quelle lezioni che “volevo non finissero mai”. Quelle lezioni in cui non riuscivo e non volevo prendere alcun appunto perché adoravo osservarlo e ascoltarlo e temevo di perdere anche una piccolissima parola o espressione, ma che registravo e ascoltavo all’infinito. “Sé stesso” si scrive con l’accento e “attimino e momentino” sono parole che non esistono! Queste sono le prime due cose che insegno ai miei studenti appena entro in un’aula. Sempre. Porto con me ogni giorno ogni sua lezione nella mia mente e nel mio cuore. Per me non è semplicemente un professore, ma un Maestro, una Guida. E non voglio considerare nemmeno per un attimo l’ipotesi di dover parlare di lui al passato. Quindi, caro Professore, resista e torni da noi, perché senza di lei siamo in una selva oscura”.
“Forza Prof!”, scriveva appena ieri l’altro Reni Reny, docente albanese. “Correva l’anno 1989: un giorno speciale per me – prosegue – Stavo coronando un sogno, desiderato e sofferto. La mia laurea in una Università straniera e per di più in Storia della Lingua con prof Serianni. Arrivai piccola, nemmeno 20 anni a Roma, dall’allora sperduta e poco conosciuta Albania. Mi innamorai di quel professore che da poco aveva avuto la cattedra, ma il genio lo si riconosce subito. Lo rividi a quasi 15 anni dalla laurea: insegnavo storia della lingua all’università di Tirana e andai in facoltà e chiesi appuntamento nella sua giornata di ricevimento: si è ricordato di me, persino dell’argomento della mia tesi. In tutti questi anni, per me, il nome di Luca Serianni ha significato tutto. E per questo che prego che gli possa arrivare tutto questo amore e questa riconoscenza che ciascuno di noi, impossibilitato di far altro, sta facendo in questo gruppo e in tanti altri”
E’ così che lo ricordo io – scrive Giuliana Fabbrini – “Iniziai l’Università tardi a 35 anni, proprio nel 1989 avevo già due figli. E con Luca Serianni mi si aprì un mondo nuovo, venivo dalla Scuola Interpreti. Lui e Tullio De Mauro hanno cambiato completamente la mia testa. Lo ringrazierò sempre per questo”.
E ancora, Macri Pot: “Le storie che riguardano questo sublime Docente sono infinite e belle. Ha educato allo studio rigoroso, appassionato e attento alcune generazioni di universitari. Chi lo ha seguito è stato fortunato, ha vissuto uno dei momenti più alti della formazione in discipline letterarie. Il ricordo di tanti di noi sia sostegno alla personale e più importante impresa del Professore”.
“Quando entrammo in università era il 2010”, ricorda il docente Manuel Caglioti. “Tutti i professori scioperavano a causa della riforma Gelmini” – ricorda – ma il professor Serianni fu uno dei pochi che volle comunque iniziare le sue splendide lezioni. Lo ammirai molto per questo. Durante le sue lezioni non volava una mosca, nonostante l’aula fosse stipata: tutti pendevamo dalle sua labbra. Credo di aver imparato più cose in quelle poche ore durante il suo corso (che avrei voluto non finisse mai) che in tutta la mia vita: ogni cosa era interessante e dimostrava una sapienza e un amore per la lingua italiana senza limiti. Ho avuto poi la grande fortuna di averlo come relatore di tesi e anche i suoi rimproveri sono serviti a farmi diventare l’uomo e l’insegnante che sono oggi. L’esempio a cui farò riferimento sarà sempre Lui. È il faro a cui tutti noi facciamo e faremo riferimento. E forse non glielo ho mai dimostrato e detto abbastanza, a malincuore. Ma il pensiero andava, va e andrà sempre a Lui: i miei allievi lo sanno bene, dato che lo cito ogniqualvolta posso.
Ha avuto sempre parole di incoraggiamento per i giovani. Non ho mai sentito parole in cui denigrava le nuove generazioni come spesso si fa; al contrario, ha sempre valorizzato e apprezzato i giovani di oggi. Come nella sua ultima lectio magistralis alla Sapienza. L’ultima volta l’ho visto al Salone del libro in cui ho portato i miei allievi. Ero emozionato come sempre – come non si può essere emozionati di fronte a così grande sapienza e bontà?- e mi sono fatto autografare il suo ultimo libro su Dante. Avrei voluto abbracciarlo e dirgli che per me è stato importante, ma la reverenza che provo per lui mi ha impedito dal farlo. Ora giunga al Professore il mio abbraccio e l’abbraccio di tutti noi, convinto che tutto questo affetto non andrà perso. Rimarrà per sempre nel mio cuore e Lo ricorderò sempre ai miei studenti, insegnando loro che ‘sé stesso’ si scrive con l’accento perché così ci aveva insegnato”
Anna Luisa lancia un ultimo appello, inascoltato, alla speranza: “Ieri – ha scritto la docente, poco prima che il professor Luca Serianni morisse – ho preso l’attestato per vedere la sua firma e ho messo sul mio comodino tutti i suoi libri. Prof, noi l’aspettiamo”. Ma è stata subito sera.
, 2022-07-21 15:37:00, E’ il primo pomeriggio di giovedi 21 luglio 2022, quando sul gruppo Facebook, commosso e affettuoso, intitolato a Luca Serianni, arriva la notizia che nessuno voleva arrivasse: “Si è spento alle 9.30, fa sapere la famiglia, che ringrazia “tutti coloro che in questi giorni hanno manifestato il loro affetto”. I familiari e gli amici “esprimono la loro personale gratitudine al personale sanitario dell’Ospedale San Camillo di Roma”.
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