Economia: Banca Ifis, Frederik Geertman spiega il piano industriale del gruppo e la promozione ottenuta da Moody’s

Dieci mesi dopo la nomina ad amministratore delegato di Banca Ifis, Frederik Geertman ha presentato il piano industriale che disegna il cammino che la banca controllata dalla famiglia Fürstenberg compirà da qui al 2024. Un piano che ha ottenuto l’approvazione del mercato, con il titolo che in Borsa ha sfiorato i 21 euro e degli operatori, con Moody’s che ha assegnato a Banca Ifis il rating Baa3 (investment grade).

Frederik Geertman, da aprile 2021 amministratore delegato di Banca Ifis

Geertman, avete presentato un piano molto ambizioso che poggia su due direttrici di sviluppo: commercial & corporate banking per le pmi da una parte, Npl dall’altra.

«Noi abbiamo presentato un piano orientato a questi due macro pilastri. Quello che determina la crescita che promettiamo è una focalizzazione su aspetti che sono comuni ai due business. Focus su competenze industriali legate al piccolo taglio delle posizioni e l’elevato ritorno che si può avere dalla digitalizzazione dei processi in questi business. Da qui nasce un piano che spinge su competenze industriali, le esalta con la digitalizzazione e le rende più efficienti».

Veniamo ai due singoli business. Partiamo dagli Npl. Ritiene che questo mercato sarà ancora in grado di crescere come nel recente passato?

«Noi ci aspettiamo un mercato che rimanga solido, perché c’è comunque una spinta regolamentare che induce le banche commerciali ad alleggerirsi, come confermato anche recentemente dai piani industriali di alcune grandi banche italiane. Quello che non avremo più è lo smaltimento dell’enorme mole dell’ultima crisi con il picco di 350 miliardi di euro nel 2015. Gli arretrati sono diminuiti, ma noi riteniamo che il mercato continuerà ad esistere anche se diventerà un po’ più complesso. Riteniamo che aumenteranno i prezzi di acquisto, in forza della diminuzione della base di offerta e di una aumentata concorrenza anche dei fondi esteri. Abbiamo quindi scritto un piano che tenga conto di questo, lavorando sulla nostra efficienza ed efficacia, e confermiamo il nostro focus sul segmento degli small ticket. Non abbiamo alcuna intenzione di andare verso i grandi crediti corporate o verso cose che non sappiamo fare bene e così rimaniamo molto sereni sulla redditività che potremo ottenere».

Geertman, ma se il mercato degli Npl, ovvero dei crediti non performanti, si rigenera continuamente significa che le imprese italiane andranno male: i crediti non verranno onorati. Se il mercato rimane di dimensioni importanti non è una bella prospettiva per l’economia italiana.

«È statistica. Il mercato rimane di dimensioni importanti perché l’economia italiana ha dimensioni importanti e il credito bancario per sua natura genera Npl. Noi però crediamo che la presenza del mercato degli Npl liberi capitale nelle banche tradizionali, che possono quindi continuare a supportare l’economia reale. Questo mercato non è destinato a diventare zero e la sua funzione è proprio quella di consentire alle banche di erogare finanza anche in condizioni di rischio medio».

Veniamo al «commercial & corporate banking».

«Noi siamo focalizzati sulle pmi e sfruttiamo il beneficio della specializzazione e della industrializzazione. Nel factoring abbiamo una quota di circa il 5 per cento sul turnover, ovvero delle fatture intermediate, ma il 13 per cento dei ricavi. Questo dà la misura del successo del nostro modello di business, dell’apprezzamento che hanno i nostri clienti e della enorme importanza della digitalizzazione per noi, che gestiamo crediti di piccolo taglio. Il tutto senza dimenticare il collega, che guida il cliente in tutte le varie fasi e che resta importantissimo nella nostra offerta, basata sulla omnicanalità. Per quanto riguarda il leasing, siamo ben focalizzati anche qui. In Italia il 50 per cento di questo mercato è immobiliare, un segmento che per noi vale zero. Noi ci concentriamo invece sul leasing strumentale, in particolare quello tech, e sul targato, dove siamo tra i leader nelle vetture elettriche, avendo un accordo con Tesla. Sempre con piccoli ticket, offrendo un eccellente servizio e con elevate possibilità di digitalizzazione. In questo settore vorremmo allargare il rental, che oggi facciamo per esempio con Apple e i suoi distributori per le persone giuridiche, anche alle persone fisiche. Tutte piccole operazioni: non abbiamo l’ambizione di fare il grande finanziamento per la multinazionale».

Lavorate con una clientela insolvente. Un business che prevede elevati rischi.

«Diversificazione e frammentazione del rischio sono due caratteristiche della nostra attività. Un’altra è la forte liquidità. Abbiamo strutturalmente un profilo di liquidità estremamente tutelante, perché il nostro credito è, in media, molto più breve rispetto al nostro debito. Il 75 per cento del nostro credito alle imprese ha una durata inferiore all’anno. Basti sapere che, il nostro Lcr, un indicatore della liquidità che deve essere sopra il 100%, per noi è circa al 1.000%. Questo, credo, è anche alla base del nostro rating Baa3, da investment grade, recentemente ottenuto da Moody’s».

Il trasferimento della sede legale della vostra controllate, La Scogliera, in Svizzera ha alimentato sospetti: eludete le tasse, lasciate l’Italia.

«Il trasferimento della sede legale della nostra controllante La Scogliera in Svizzera, da un punto di vista fiscale, per il nostro Gruppo, non cambia nulla. Né a Banca Ifis, né a La Scogliera. Non c’è alcun effetto fiscale. Il trasferimento della sede legale che corrisponde a un desiderio del nostro fondatore e presidente, che è nato in Svizzera, consente di far uscire dal perimetro di consolidamento prudenziale la controllante La Scogliera. Per questo motivo viene meno una penalizzazione prudenziale di cui Banca Ifis è stata protagonista per lunghi anni, che vale 450 punti base di capitale. Questo fatto credo metta in corretta luce il valore del commitment preso dall’azionista di controllo. Nel 2019, si era impegnato con il mercato a trovare altri modi per superare questa penalizzazione rispetto al prospettato reverse merger delle due entità legali, che avrebbe avuto tante altre conseguenze. Infatti, nel 2021 questo impegno si è realizzato. Mi pare un segno di assoluta attenzione al mercato e visione di lungo termine da parte dell’azionista di controllo».

Distribuirete metà dell’utile in dividendi. Non è troppo?

«Sì, distribuiremo circa la metà dell’utile cumulato. È quello che possiamo fare. Crediamo che il rendimento in termini di dividendi sia uno degli elementi più rilevanti per l’azionista di una banca italiana in questo contesto di mercato. E lo facciamo senza intaccare la nostra solidità, responsabilmente: a fronte di attivi totali in crescita, dagli attuali 13 miliardi ai 16 miliardi di euro a fine piano, il nostro Cet1 ratio passerà dal 15,4% di oggi al 15,1% a fine piano. Il buffer ottenuto dal trasferimento della sede legale in Svizzera può oggi essere considerato una tutela della politica dei dividendi e non quindi una cosa che porta a iniziative di breve termine, come ad esempio maxi dividendi o grandi buy back azionari».

Tematiche Esg. Per una banca come la vostra possono facilmente trasformarsi in slogan fine a se stessi.

«In ambito Esg abbiamo assunto impegni molto concreti con l’obiettivo di generare impatti positivi e tangibili nei nostri due core business. Aderendo alla Net Zero Banking Alliance, ci siamo impegnati a fissare target intermedi sui nostri crediti ad alta intensità di emissioni entro il 2030 e a raggiungere l’obiettivo di zero emissioni nette del nostro portafoglio di prestiti entro il 2050. Nell’area Npl, con l’obiettivo di agevolare la re-inclusione finanziaria delle famiglie, abbiamo definito un modello di recupero etico e sostenibile, con precisi Kpi per misurare l’impatto sociale generato dalla nostra attività di recupero. Le consideriamo applicazioni concrete del nostro approccio alla sostenibilità. Un approccio che ci ha permesso di ottenere da Msci il rating “A” e che rafforzeremo ulteriormente attraverso iniziative analoghe in tutte le dimensioni Esg».

Il piano evidenzia un singolare rapporto tra costi e ricavi.

«I ricavi cresceranno più dei costi. Questo è il cuore della promessa che facciamo al mercato. I ricavi crescono del 5 per cento, i costi ordinari del 2 per cento mentre spariscono alcuni costi straordinari e, pertanto, abbiamo costi totali sostanzialmente flat. Questa è la conseguenza di un approccio orientato alla crescita efficiente, che si basa sulla digitalizzazione e le partnership. Il tutto porta a un aumento della redditività della banca, supportata da un programma di efficienza molto importante, ma intelligente. Investiamo per lo sviluppo».

Crescerete per linee esterne?

«Noi vogliamo crescere organicamente e già nel 2021 abbiamo fatto ricavi record. Ugualmente rimaniamo aperti. Valutiamo acquisizioni a patto che ci sia vicinanza ai nostri core business, siano operazioni rispettose del capitale e Ifis sia il miglior owner di ciò che eventualmente compreremo in logica industriale. Ma per ora restiamo molto focalizzati sulla crescita organica e vogliamo consegnare senza distrazioni almeno la prima metà di questo piano industriale».

Nel vostro piano industriale spiccano gli investimenti in tecnologie informatiche. Perché?

«Abbiamo programmato investimenti It in forte crescita a 76 milioni dai 42 milioni del triennio precedente, l’80 per cento in più. Ho trovato una infrastruttura It proprietaria particolarmente efficace che raffineremo ulteriormente, al servizio del nostro business».

Come applicate lo slogan «Bank as a platform»?

«È l’interpretazione della banca come un attore che può produrre e distribuire da sé, ma può anche rendersi utile a terzi. Cito due casi: sul lato del credito la partnership con Banca Generali, dove noi offriamo credito alle pmi degli imprenditori loro clienti, senza invadere la sfera del wealth management. Sul lato raccolta, invece, la partnership con Fineco, sul cui sito siamo come prodotto alternativo di raccolta. Due casi di complementarità che si conferma anche sul fronte degli Npl, dove puntiamo ad accordi più di lungo termine con i venditori».

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