I lavori edilizi e di efficientamento energetico con la cessione del credito o lo sconto in fattura potranno ripartire presto, «ma in condizioni di sicurezza», al riparo cioè dal rischio di frodi continue ai danni dello Stato. Questo il messaggio che viene dai tecnici del governo che stanno lavorando ai «correttivi» annunciati l’altro ieri in conferenza stampa dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, e dal ministro dell’Economia, Daniele Franco. La convinzione dell’esecutivo è che, tra misure già prese e misure in arrivo, il mercato ripartirà. E del resto Poste italiane e Cdp, le principali piattaforme di acquisto dei crediti, hanno già annunciato che, dopo che il governo avrà varato i nuovi correttivi, cominceranno a riaccettare la cessione dei crediti d’imposta. Scettiche invece le imprese edili, che lamentano una progressiva paralisi dei lavori, dopo il varo del decreto Sostegni ter che ha limitato a una sola le operazioni di cessione del bonus e dopo le indagini di numerose procure che hanno portato alla scoperta di truffe per 4,4 miliardi e al sequestro preventivo di 2,3 miliardi di crediti ceduti (e per 1,5 miliardi già incassati) ai quali non corrispondeva alcun cantiere.
Mix di provvedimenti
Le norme già introdotte con la legge di Bilancio 2022 e sulle quali fa affidamento l’esecutivo per rimettere in moto il settore sono sopratutto due: la possibilità per l’Agenzia delle Entrate di fare dei controlli preventivi e l’estensione del visto di conformità e dell’asseverazione di congruità dei prezzi anche ai bonus diversi dal Superbonus 110%, per i quali erano già previsti e che hanno fatto sì che proprio questa agevolazione sia quella dove si sono riscontrate meno truffe mentre ce ne sono state tantissime sul bonus facciate e sull’ecobonus.
I nuovi correttivi, che dovrebbero arrivare la settimana prossima con un emendamento al decreto Milleproroghe, si compongono invece di alcune misure sulle quali ormai la messa a punto è in fase avanzata e di altre da approfondire. Le prime, date ormai per scontate, sono tre. 1) Il ripristino della possibilità di cedere il credito più volte, ma fino a un massimo di due o tre e solo a banche o intermediari finanziari vigilati dalla Banca d’Italia. 2) L’introduzione di un codice identificativo di ogni operazione di cessione, una sorta di matricola, che consentirebbe di risalire al primo titolare del credito e alla relativa documentazione comprovante i lavori. 3) La riapertura dei termini di utilizzazione dei crediti sottoposti dalla magistratura a sequestro preventivo. La norma consentirebbe a banche e intermediari che hanno crediti sequestrati di non perderli se il dissequestro avviene dopo la scadenza dei normali termini per utilizzarli.
Il rischio confisca
Resta invece da sciogliere il nodo delle somme sequestrate che dovessero essere confiscate al termine del processo e che si trasformerebbero per Poste, Cdp e gli altri intermediari in perdite di bilancio ingenti. È proprio lo spettro di queste perdite che ha finito per bloccare le piattaforme di cessione dei crediti, più che la stretta decisa col decreto Sostegni ter. Ma è anche il punto più difficile da risolvere, spiegano i tecnici. Così come restano da fronteggiare le proteste dei costruttori, che da un lato sono preoccupati che il decreto in uscita dal ministero della Transizione ecologica con i nuovi prezziari che saranno alla base dell’asseverazione di congruità non sia adeguati rispetto all’inflazione che ha colpito il settore e dall’altro premono per la reintroduzione della cessione multipla del credito anche tra privati, magari con un rafforzamento dei controlli sull’effettiva esistenza dei cantieri. Ma qui Draghi e Franco sembrano decisi a resistere, trincerandosi dietro la posizione espressa dalla Guardia di Finanza in audizione in Parlamento: sì ai correttivi, purché avvengano «perimetrando adeguatamente il numero di cessioni e il profilo dei cessionari», così da «minimizzare il rischio di condotte di frode e di riciclaggio e rafforzare la tutela delle imprese oneste e la crescita economica del Paese».
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