Economia: Visco: «Economia in ripresa. L’inflazione? È di fatto una tassa che calerà nel 2023»

Il convegno

di Fabrizio Massaro, inviato a Parma12 feb 2022

Non sprecare la ripresa, non sprecare il miglioramento del debito, non sprecare l’occasione del Pnrr. E l’inflazione dovrebbe terminare nel 2023.La pandemia sembra ormai lasciata alle spalle, tanto che non servono più interventi generalizzati di sostegno. E’ il quadro dell’economia italiana descritto dal governatore della Banca d’Italia, Ignazio visco intervenendo sabato 13 a Parma al 28esimo congresso Assiom Forex, ospitato quest’anno dal Crédit Agricole. «Dall’avvio della crisi pandemica la nostra economia ha mostrato una forte capacità di recupero, fornendo segnali incoraggianti sulle sue condizioni di fondo «ha ricordato il governatore della Banca d’Italia, Ignazio Visco. «La produzione industriale si è riportata già dalla scorsa primavera sui livelli precedenti la pandemia; il PIL vi ritornerebbe alla metà di quest’anno, l’occupazione verso la fine». L’effetto della crescita del Pil, +6,5% nel 2021, si è visto sul corso del debito pubblico.

Le previsioni: Pil +4%

Per l’anno in corso Bankitalia stima un pil che si “avvicinerebbe nella media di quest’anno al 4 per cento, per poi attenuarsi nei prossimi due”, inferiore alle stime di +4,4% del Fondo Monetario internazionale. “I rischi di breve termine sono prevalentemente al ribasso; oltre che dall’evoluzione della pandemia, essi derivano soprattutto dal persistere di tensioni geopolitiche e dagli effetti che ne possono conseguire sui costi delle materie prime, in special modo dell’energia, e sugli scambi di prodotti intermedi lungo le catene globali del valore”.

Il debito pubblico

«La marcata ripresa dell’economia è stata decisiva per interrompere l’aumento del rapporto tra debito pubblico e prodotto», ha detto Visco, «che alla fine del 2021 potrebbe essere sceso su valori prossimi al 150 per cento (da circa il 156 per cento raggiunto nel 2020), un livello nettamente inferiore a quanto previsto all’inizio dello scorso anno e anche alle valutazioni ufficiali pubblicate in autunno». Sono le cifre anticipate venerdì dal presidente del Consiglio, Mario Draghi, in conferenza stampa. Le stime iniziali erano di arrivare fino a quasi il 160%. Questo risparmio nel debito non va sprecato, avvisa Visco: «La tendenza alla riduzione dovrà proseguire nei prossimi anni. Un contenuto rialzo dei tassi di mercato non avrà effetti rilevanti sul costo del debito, la cui vita media è di poco inferiore agli otto anni. Se la politica di bilancio saprà garantire il graduale riequilibrio dei conti e il PNRR troverà attuazione tempestiva, piena ed efficace, l’eventuale aumento dei tassi di interesse sarà compensato dal ritorno dell’economia su sentieri di crescita più elevati in modo duraturo».

Non sprecare il Pnrr

«Gli investimenti previsti dal PNRR potrebbero portare a un aumento del livello del PIL superiore a 3 punti percentuali entro il 2026. Effetti ulteriori, fino a 6 punti in un decennio, potrebbero derivare dalle riforme e dagli incentivi alla ricerca e all’innovazione».Ma non è un pasto gratis, ha ricordato Visco. «L’effettiva realizzazione dei previsti interventi richiederà uno sforzo eccezionale per centrare i 527 obiettivi intermedi e finali (100 solo quest’anno) a cui è condizionata l’erogazione dei finanziamenti europei». Eppure «il Paese non può permettersi di dissipare la grande opportunità che il programma NGEU offre all’Italia, e all’insieme delle economie europee, per uscire dalla crisi con la prospettiva di uno sviluppo più rapido, sostenibile e inclusivo».

Le spinte dell’inflazione

Per il momento c’è da affrontare l’inflazione. Nell’area dell’euro, sui dodici mesi, ha toccato in gennaio il 5,1 per cento, il valore più elevato dall’avvio dell’unione monetaria e «il rincaro dell’energia vi ha contribuito direttamente per oltre la metà « per «uno shock di offerta». Le ragioni sono molteplici, dai costi dell’energia ai trasporti internazionali, alle pressioni sui salari in Usa. tuttavia «le pressioni sui prezzi finali di beni e servizi sarebbero più prolungate di quanto inizialmente stimato, ma dovrebbero riassorbirsi nel 2023». Lo ripete nelle conclusioni: «Se non si innescheranno spirali tra prezzi e salari e se le aspettative resteranno saldamente ancorate all’obiettivo di inflazione della BCE, come sta al momento avvenendo, l’effetto dei rincari dell’energia verrà in larga parte riassorbito nel 2023».

Gli aumenti dei prezzi dell’energia

Ma non abbiamo raggiunto ancora il picco dei prezzi dell’energia. «Nonostante gli ulteriori interventi di sostegno decisi a dicembre, nel primo trimestre le tariffe dell’elettricità e del gas», ha detto Visco, «dovrebbero aumentare, rispettivamente, del 55 e del 42 per cento rispetto agli ultimi tre mesi del 2021. Come è noto, il Governo ha già adottato misure aggiuntive e sta valutando nuovi interventi». Gli effetti sono stati immediati sul potere d’acquisto, che si è ridotto dell’1% ed è arrivata «oltre il 2% nel quarto trimestre». In questo contesto, la politica monetaria ancora espansiva della Bce sta aiutando, sia pure con una riduzione graduale degli acquisti di titoli almeno fino al primo rialzo dei tassi. Visco a braccio cita la crisi petrolifera degli anni Settanta dopo la guerra dello Yom Kippur per spiegare che cosa è nei fatti l’inflazione: «Si tratta sostanzialmente di una tassa», che oggi comunque «probabilmente in buona parte destinata a rientrare, i cui effetti più distorsivi possono essere oggetto di compensazione, ove possibile, a carico dei bilanci pubblici. L’incremento dei costi non deve però trasformarsi in una prolungata spirale inflazionistica».

I sostegni alle imprese

I sostegni alle imprese hanno aiutato la ripresa. Ma ora è tempo di uscire anche da questa fase di emergenza. «Nell’attuale contesto di progressivo recupero, limitati interventi di natura emergenziale possono ancora trovare giustificazione, ad esempio per fronteggiare la crisi energetica o nei casi in cui i contagi continuino a ostacolare consumi e produzione, come nei servizi legati al turismo, alla ristorazione, al tempo libero. Interventi generalizzati di stimolo potrebbero invece determinare tensioni sui prezzi, oltre a rischi per l’equilibrio dei conti pubblici».

La formazione per il lavoro

La pressione deve essere soprattutto sulla creazione di lavoro. «L’Italia spende decisamente meno della Germania e della Francia per la formazione e il sostegno nella ricerca di un impiego, ma non si tratta semplicemente di accrescere le risorse: occorre razionalizzare l’insieme delle politiche e dei servizi per consentire lo sviluppo di un sistema di adeguata qualità sull’intero territorio nazionale», ha ammonito Visco.

Le banche italiane

«Il miglioramento del quadro congiunturale, unitamente alle misure di sostegno ancora attive, si è riflesso positivamente sulla condizione delle banche italiane. Alla fine dello scorso settembre la situazione patrimoniale degli intermediari rimaneva solida: il rapporto tra il capitale di migliore qualità e gli attivi ponderati per il rischio era pari al 15,2 per cento, 1,3 punti percentuali in più « rispetto al periodo pre-pandemia. Le banche migliorano nei risultati anche perché hanno sempre meno crediti deteriorati, ora pari all’1,9% a livello netto. Tutto questo anche grazie ai prestiti garantiti, pari a 150 miliardi a fine 2021, che hanno tassi di deterioramento di appena lo 0,5%. Le moratirue sono calate a 33 miliardi, un quarto rispetto ai livelli di marzo 2020. Insomma anche l’emergenza è finita sotto questo punto di vista: «A due anni dall’inizio della pandemia le banche possono valutare autonomamente l’opportunità di procedere alla ristrutturazione dei finanziamenti alle imprese in grado di superare difficoltà temporanee, analizzando le singole posizioni e assumendosene il relativo rischio».

I rischi per il sistema bancario

Il governatore evidenzia i nuovi rischi per il settore bancario, a cominciare da quelli informatici. « «Le banche italiane hanno segnalato 14 incidenti gravi nel 2021, erano stati 4 nel 2018». I presidi tecnologici hanno contenuto i danni ma bisogna fare di più e meglio, è il richiamo del governatore. Anche dipendere da grandi gruppi informatici per l’attività bancaria è un rischio: «L’esternalizzazione di servizi informatici presso un numero ristretto di operatori non soggetti a vigilanza aumenta il pericolo che la loro interruzione da parte di uno o più fornitori possa avere conseguenze sistemiche; ne discende la necessità di prevedere nuove forme di supervisione e intervento». Analogamente Visco richiama l’attenzione sui rischi delle criptovalute, su cui l’Europa sta definendo un regolamento per la loro disciplina, e su quelli dell’intelligenza artificiale, di cui va contrastata «la complessità e l’opacità degli algoritmi evitando che una loro meccanica adozione vada a discapito della interpretabilità dei risultati delle analisi e comporti utilizzi anche involontariamente scorretti».

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